Omelia del giorno 7 Febbraio 2010
V Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
Prendete il largo…
C'è una domanda che tante volte la gente rivolge ad un sacerdote o ai religiosi e religiose.
“Che cosa ci trovate di così attraente nell'abbracciare la vostra scelta di vita?”. Forse tanti rimangono stupiti dal 'nulla terrestre' che apparentemente si ha, seguendo Cristo che li ha scelti per Sé.
Non si può negare che la vita 'normale' abbia tanti aspetti significativi, dal potersi costruire una famiglia propria, avere una donna o un uomo da amare in modo unico e speciale, occasioni di affermazione e tante altre piccole o grandi gioie, che sono comunque sempre accompagnate dalla fatica e, a volte – o forse tante – da fallimenti in ogni campo che fanno soffrire.
Ma la risposta di chi è scelto da Dio per Sé nella vita sacerdotale o religiosa è una sola: “Chi mi attrae, non è il prestigio o il successo, non un amore umano, è Gesù, la Persona più desiderabile che si possa incontrare nella vita. Una Persona che offre semplicemente il Suo Amore, perché ne facciamo dono ai fratelli, come unico Bene. È un Bene tanto grande che, se accolto con tutta la generosità possibile, fa sparire tutti gli altri 'beni'.”
Difficile forse decifrare il cielo che passa negli occhi di chi Dio ha scelto e chiamato a seguirLo, a starGli vicino. Difficile spiegare ciò che si vive, quando ci si fa prendere totalmente da questo Amore. È come voler spiegare il Paradiso.
L'evangelista Luca oggi ci descrive minuziosamente la chiamata di Pietro: una chiamata fondamentale per la vita della Chiesa. Una chiamata che nel tempo mostrerà generosità, totalità nel darsi, ma anche fallimenti, e, dopo la Pentecoste, la capacità di divenire addirittura l'Apostolo che si prende carico di fondare e diffondere la Chiesa. Una generosità che arriva a noi oggi con la gioia, che dovrebbe essere la caratteristica che ci distingue come cristiani, anche se a volte anche noi conosciamo difficoltà e 'fallimenti', che sono la realtà di chi ama e vuole donarsi.
Racconta il Vangelo: In quel tempo, mentre Gesù, levato in piedi, stava presso il lago di Genezareth e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì su una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: 'Prendi il largo, e calate le reti per la pesca.'
Simone rispose: 'Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla, ma sulla tua parola getterò le reti. E avendolo fatto presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano.
Pietro aveva faticato inutilmente, per ore, sul lago di Tiberiade, che conosceva palmo a palmo, ma era tornato a mani vuote, il che significa anche... frustrazione per la propria incapacità!
Eppure di fronte al Maestro questo uomo così stanco e deluso... non fa obiezioni!
Riprende il largo e dà piena fiducia a Gesù, che lo invita a riprovare, come sfidandolo sul piano delle sue competenze professionali. Obbedisce con le disarmanti parole che rivelano il suo cuore semplice e la sua fiducia senza limiti: Sulla Tua parola getterò le reti!
Per me è stupendo questo atteggiamento di Pietro.
Aveva mille ed una ragione per essere furibondo con sé stesso, con il mare di Galilea, e quindi scettico verso qualsiasi speranza di soluzione, perché per lui, trovarsi a mani vuote dopo una notte di grande fatica, era come avere perso, non solo le forze fisiche, ma la fiducia in se stesso... è come sentirsi rotte le gambe.
Ma Pietro supera sé stesso e, con la docilità di un bambino, fidandosi della parola di Uno, che forse conosceva appena di vista o di fama, e con il quale, forse, non aveva ancora familiarità, torna in mare con i suoi, avventurandosi al largo, dove davvero si misurano capacità, fede e coraggio.
E presero una quantità enorme di pesci che le reti si spezzavano.
Un fatto che intacca la dura scorza del pescatore.
Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: 'Signore, allontanati da me che sono un peccatore'. Grande infatti era lo stupore che aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo, Giovanni, figli di Zebedeo che erano soci di Simone. Ma Gesù disse a Simone: 'Non temere, d'ora in poi sarai pescatore di uomini'. Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono. (Lc. 5, 1-11)
Quella di Pietro sul lago è la storia di tutti, a cominciare da quelli che Dio ha chiamato a diventare pescatori di uomini. È la storia di ogni battezzato, chiamato da Gesù, nel Battesimo e nella Cresima, a seguirlo e quindi invitato a 'gettare le reti al largo'.
Il risultato – e questa è la bellezza della nostra missione – non dipende dalle nostre capacità, ma dalla fede nella Sua Parola. A volte chiamati a stare vicini a Lui nella preghiera, sempre invitati a prendere il largo, con fiducia in Lui, conoscendo le nostre debolezze.
Siamo tentati a volte e come scoraggiati nel gettare le nostre reti in questo mondo, diventato un mare inquinato da mille veleni, dove sembra difficile sopravviva, almeno così ci pare, ogni forma di 'vita vera', di Presenza di Dio.
Eppure occorre la piena fiducia di Pietro e gettare le reti, come sanno fare tanti.
Pensiamo alla mamma di S. Agostino, che pregò una vita intera perché il figlio tornasse alla Chiesa di Cristo. E non solo ottenne quanto chiedeva, ma Dio le diede di più: un figlio Vescovo.
Quante volte mi si confida: 'Non so più che cosa fare per mio marito, per i miei figli, per riportarli a quella bontà e fede su cui da tempo era fondata la mia famiglia'; oppure 'Con tutti gli sforzi, avrei voluto dare alla mia vita un indirizzo che mi portasse alla serenità interiore. Ma mi sento come una persona fallita'.
Un poco come si sentiva Pietro al rientro da una notte di fatica... senza aver pescato nulla!
Ma seguendo senza dubbi la parola di Gesù, può rientrare con la barca che... rischia di affondare per la quantità di pesce pescato!
È in questo momento che si rivela tutta la grandezza di Pietro.
Va da Gesù e si confessa: 'io sono peccatore', ossia 'un buono a nulla, se da solo'. È lo stato d'animo che fa strada alla conversione piena.
È consolante scoprire come Gesù, non solo lo incoraggia, ma addirittura gli indica la sua nuova missione: 'Sarai pescatore di uomini'. E Pietro va oltre: lasciò tutto e seguì Gesù.
È vero che oggi viviamo un tempo difficile. Fatichiamo e ci sembra di tornare sempre 'a mani vuote'. E si è spesso presi dalla sfiducia.
Diceva Paolo VI: Potremmo chiamare la presente perturbazione una crisi di fiducia, se la si considera negli animi nei quali scaturisce. Una sfiducia che percorre l'anima di non pochi.
Sfiducia a volte nella dottrina e nella tradizione e diventa crisi di fede. Sfiducia nelle strutture e nei metodi e diventa critica corrosiva. Sfiducia negli uomini e diventa tensione e disobbedienza. Sfiducia nella Chiesa quale è e diventa crisi di carità e facile ricorso al profano.
Gesù oggi ci dice: 'Uomo di poca fede perché dubiti?' e ci rammenta fino a quale grado noi possiamo spingere la nostra fiducia. Ricordiamolo sempre: Cristo è la nostra speranza e la nostra forza.
Ce lo ricorda anche l'Apostolo Paolo, di cui tutti conosciamo la conversione e l'entusiasmo nell'annuncio del Vangelo a tutte le genti, nonostante le infinite difficoltà e sofferenze sopportate, che avrebbero forse scoraggiato tanti di noi:
Io sono l'infimo degli apostoli e non sono nemmeno degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Cristo.
Per grazia di Dio sono quello che sono e la Sua grazia in me non è stata vana: anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la Grazia di Dio che è con me. (Cor. 15, 1-11)
Tutti, senza eccezioni, conosciamo momenti difficili, che possiamo attraversare nella quotidianità della vita, nella famiglia, nella fedeltà del matrimonio, nell'educazione dei figli, sul lavoro, nella società in cui sembra che nulla funzioni, nella stessa Chiesa, dove a volte i pastori vedono le loro fatiche annullate, i loro piani pastorali subire fallimenti, causando quel terribile pericolo che è lo scoraggiamento, da considerare una grave tentazione per un uomo di fede 'chiamato e mandato'.
Quando Paolo VI mi pregò di accettare il mandato di vescovo, lo accettai per la grande fiducia che lui aveva in me. La Chiesa di Acerra, per non so quali motivi, era senza vescovo residenziale da ben 12 anni, affidata ad un Ausiliare della Diocesi di Napoli, che veniva quando poteva.
Davvero era un gregge senza pastore e, per di più, un territorio tremendamente tenuto sotto pressione dalla camorra. Fui accolto molto bene. Cercai di affrontare le difficoltà, di mettere insieme un popolo che era senza guida, spargendo a larghe mani la fiducia.
E divenne, in breve, ritrovando sacerdoti e fedeli la fiducia, davvero una bella diocesi, che alla fine del mio mandato donò alla Chiesa due Vescovi.
Direi davvero che la nostra fede o, se volete, il nostro coraggio nella prova, nel superare insieme i momenti difficili, che sono per tutti, sostenuti dalla Grazia di Dio, ha dato i suoi frutti.
La misura del coraggio non è nel considerare la vita una bella 'discesa', ma una 'ripida salita' che porta alla 'porta stretta', ma molto in alto!
È ciò che prego per tutti oggi: tempo di coraggio, sentendoci sempre come Pietro 'peccatori', gente che senza la Grazia davvero è incapace anche solo di camminare, ma con la fiducia in Dio sa prendere il largo e gettare le reti.
Preghiamo:
Dio, non solamente confido in Te, ma non ho fiducia che in Te.
Donami dunque lo Spirito di abbandono,
per accettare le cose che non posso cambiare.
Donami anche lo Spirito di forza,
per cambiare le cose che posso cambiare.
Donami infine lo Spirito di saggezza,
per discernere ciò che dipende effettivamente da me
e poi... che io faccia solo la Tua santa volontà.
Antonio Riboldi – Vescovo
Internet: http://www.vescovoriboldi.it/
email: riboldi@tin.it
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