recensione di Carla De Angelis
Circa un anno fa la lettura di Senza fiato raccolta antologica di poesie curata da Guido Passini mi lasciò un segno indelebile. Non conoscevo la malattia e una grande voglia di sfida e di irritazione mi prese contro la sorte che supera ogni immaginazione e sembra mettercela tutta per farci scontare l’essere nati, ma Guido Passini in quel suo libro e ancor di più in Io, lei e la Romagna ribaltata le parti. È lui che sfida la sorte e regala nuova vita a sé stesso e a chi ha la fortuna di leggerlo/conoscerlo: "Sono stanco di te./ Osservo ali d’argento”. Non si risparmia e condivide qualsiasi altra problematica. Chi incontra il suo sguardo non può non sorridere.
La sua condizione diventa una sorta di rivelazione. Le immagini che il poeta ci fa vedere con i suoi versi e la musica che ci fa sentire con i suoi sentimenti svelano aspetti presenti nella realtà, ma spesso ignorati o trascurati perché nascosti dalla superficialità cui ci obbliga il ritmo della vita quotidiana.
Interessante ed emotivamente perfetta la divisione nelle tre sezioni. Percorriamo a fianco del poeta il suo, il nostro viaggio. Il respiro si fa sempre più forte in sintonia con i battiti del cuore nel leggere: “Devo stringere i pugni/ e non permettere/ che l’anima si involi/ in un viaggio/ che sa di vuoto, di freddo”. L’amore per Cristina, la sua compagna, è il motore della sua vita: “sono un libro aperto (ai tuoi occhi)/ mi sfogli giorno dopo giorno/ e ancora non ti arrendi/ al mio frastuono.”
L’amore è la risposta al dolore.
Guido Passini non scrive poesie perché si trova nella condizione di malato di f.c., Guido scrive perché è nato poeta.
Roma 3 gennaio 2010
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