Caterina e lo specchio. Lo specchio è di carta. Trattiene il riflesso di sensi perduti, la finzione, il disagio. Nello specchio si intrecciano altri mondi, altre vite, altre storie che emanano l’odore della vita. Il gioco continua, oscilla tra le atmosfere di un’epoca nel tratto nero dell’inconscio, all’interno del quale, la letteratura vive le proprie coincidenze. Caterina, di fronte allo specchio non sa se sia un incubo o un sogno, eppure, racconta.
Fiocco rosa, Fernandel Edizioni 2009.
In queste testimonianze, raccolte perlustrando il campo della scrittura al femminine, il senso oscilla nel peso del vissuto tra realtà e fantasia e riappare nella magia del racconto che apre le porte ai labirinti interiori dei quali la letteratura si nutre. Con la penna racchiusa nel pugno Caterina Falconi si esplora, scompone frasi, ricordi, impressioni, ritorna come autrice di uno dei diciassette racconti scelti per affrontare un tema antico: la maternità. In questi racconti si sondano il tema e le autrici, che attraverso personaggi e situazioni sviluppano la loro storia non priva dell’elemento sorpresa. Un figlio puoi desiderarlo, rifiutarlo, oppure può arrivare per caso e senza ancora camminare, entrare all’interno di legami non consolidati. Nei racconti presenti in Fiocco rosa, la maternità voluta o negata viene descritta tra le difficoltà che tante donne possono incontrare e spesso corrisponde ad un maschile marginale, sbiadito, sfuggente. La narrativa illumina le protagoniste mentre cercano di coniugare sogni, desideri e inconciliabili realtà, nelle età che variano dai trenta ai quarant’anni; periodo in cui si è maggiormente fertili e la maternità può generare alcuni conflitti. Il primo ostacolo sembra essere il lavoro, il secondo, un legame sentimentale non sempre stabile, altre, un legame vissuto all’ombra di un uomo che non pensa minimamente e riprodursi. E se, le peculiarità della donna del novecento ancora riflettono il pudore, l’insicurezza e la sottomissione, la nuova donna, indipendente e volitiva, oltre a riscattare professione e istruzione, invade altri contesti come ad esempio la letteratura. Nelle singole storie racchiuse nell’Antologia Fiocco rosa le donne del nostro tempo si raccontano, rincorrono il dettaglio nei minuti del tempo che si muove nel ricordo, mentre “il regionale appare in fondo al binario e si rivedono alcune figure” del passato. Nel suo racconto dal titolo Aspettando che muoia Caterina Falconi narra di una protagonista, Silvana, madre per caso, al limite tra normalità e disagio psichico, la cui storia drammatica si specchia nella storia di un’altra donna, Cecilia, che custodisce il suo desiderio di maternità non realizzato.
“Quando Cecilia l’aveva riconosciuta tra le ospiti dell’istituto di riabilitazione per insufficienti mentali, le era sembrato un cattivo presagio. Quasi il segno che il destino fa degli strani giri e torna e spingerci contro le stesse persone.”
Con un linguaggio deciso Caterina Falconi introduce il lettore nel suo racconto, in cui le due donne si incontrano per la seconda volta:
"Quarant’anni, insufficiente mentale con tratti psicotici, carcinoma del fegato: Silvana scendeva al capolinea nel momento in cui Cecilia saliva sul predellino di una vita complicata. C’era poco tempo per guardarsi in faccia. Troppo poco per la compassione. Si erano conosciute otto anni prima. All’epoca Cecilia frequentava l’ultimo anno di liceo classico, e Silvana era internata in un a casa famiglia aperta da poco. Il padre di Cecilia era lo psicologo coordinatore del personale, e Cecilia lo andava a trovare ogni tanto in casa famiglia, perché da quando i suoi si erano separati riusciva a beccarlo solo al lavoro. Silvana spiccava tra le ricoverate per una mansuetudine strana. Fisicamente era un misto tra una mucca un’asina. Aveva un volto equino imbruttito da un naso lungo che sembrava un osso di pollo, e due occhi ravvicinati e piccoli che brillavano di un accondiscendenza lasciva. Lenta. Pesante. Con un culo immenso e spalle strette. Si trascinava per le stanze della casa famiglia, sotto un casco di boccoli fitti, le braccia penzoloni, e le mani lerce contro i fianchi”
Difficile definire con un termine approssimativo lo stile di Caterina Falconi che non ha relegato la scrittura al mero esercizio intellettuale, ma ha svecchiato componimenti caratterizzati “dal detto e non detto”, trasferendo la materia nell’ inchiostro con una traccia soggettiva inconfondibile. La spinta creativa la coinvolge dalla pelle al sangue che scorre all’interno dei suoi mutamenti tra le scelte e le sfide. I suoi brevi racconti la scuotono, la ammaliano, la guariscono. L’autrice travalica la propria realtà affidandosi ad una comunicazione immediata, la celebra nella sua scrittura che nasce nel momento in cui entra nel suo personale territorio e non sa dove la porterà. Scarica nei suoi scritti il bilancio della propria esistenza. Scioglie le catene delle sue prigioni cercando conforto nel tratto nero che la avvolge con disimpegno. Ferma pezzi di vita sui fogli e ne amplifica il senso. Il racconto, per Caterina, diventa il mezzo per intergire con il mondo. Nel frattempo, non modifica la realtà ma la fa coincidere nelle bozze delle sue trame, avvicinandosi a quel gioco che tanto la seduce e la tormenta con tutta la sua essenza di donna che ha maturato fino in fondo il suo essere donna. Poi, attraverso il pensiero, trasforma in parole le visioni del presente in cui immagini rimandano ad altre immagini, prima che l’eco esca da un senso. Senza influenze pregiudizievoli di stili tradizionali scontati Caterina Falconi afferra la sua stessa essenza. Non si traveste. Non finge. Insegue e cattura frammenti frantumati nella sua anima, per rinascere ancora senza negare parti di sé, illuminando le sue oscurità che nascondono energie e speranze, anche quando l’abisso interiore si fa più profondo.
Si comincia a scrivere e si va verso un percorso, poi, strada facendo si muta itinerario. Quali sono state le tue trasformazioni?
Il dolore mi ha lavorata. Ho sfasciato e ricostruito la mia vita tre volte. La scrittura si è modellata sulle mie metamorfosi, per raccontarle, ricucire gli strappi, creare un mondo esclusivo da abitare con chi amo. Per sedurre, abbellire, consolare.
Caterina Falconi è nata ad Atri (Teramo) nel 1963. Ha pubblicato le raccolte racconti Sete buia (2002) e I colori accesi del desiderio (2004), Edizioni Clandestine. Un suo romanzo sarà pubblicato dalla casa editrice Fernandel di Giorgio Pozzi.
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