by Barbara Magalotti
Carissimi, eccomi qua! Finalmente mi prendo un po’ di tempo per scrivervi delle mie sensazioni/emozioni di questa mia quarta volta in Bolivia. E per farlo, son dovuta scappare da La Paz e venire un paio di giorni sul Lago Titikaka, a Copacabana.
Parto subito con l’ultima notizia, perché a dire il vero, ancora mi sento una deficiente per non aver accettato un invito… Sì RAGAZZI! Finalmente qualcuno si era (notare che il tempo è già al passato, COGLIONA CHE SONO!) accorto di me! Scena: Sto mangiando (come sempre!) a quattro ganasce ad un tavolino di un comedor sulle rive del lago, un bel piatto misto carne / verdura / patate fritte / riso, quando si materializza davanti a me l’uomo più bello e solare che i miei occhi avessero mai avuto il piacere di incontrare (moro, atletico, sorridente, simpatico…) per l’esattezza, è lui che mi saluta, perché io ero completamente assorbita dalla qualità delle patate fritte e dal gusto divino della carne che stavo divorando... insomma, mi chiede se voglio dividere con lui la bottiglia della bibita che ha comprato perché per lui è troppa. Come ti chiami, cosa fai, cosa ci fai qui tutta sola: si siede a tavola con me e cominciamo a chiacchierare fitto fitto, e da bravo spagnolo, mi fa un bel po’ di apprezzamenti sulla mia simpatia, sul mio carattere, sull’impegno sociale, ecc. ecc. Un sorriso, da far svenire anche la signorina Rottermeier! Ah! Che bello!! Forse un po’ troppo giovane (credo sia sulla trentina), ma CHISSENEFREGA!!! Mi invita ad andare con lui all’Isola del Sole, ma io CRETINA gli dico di no, perché domani devo tornare a La Paz, per un paio di impegni già presi… lui insiste non poco, e anzi, fa tutte le ipotesi del caso: “dai rimani stanotte all’Isola del Sole, se parti domattina presto ce la fai a essere a La Paz per il primo pomeriggio. Magari riprendo la barca insieme a te” o qualcosa del genere… Gli ormoni mi tiravano da una parte, ma la zitellaggine, purtroppo, mi ha lasciata sulla riva a salutarlo… MA PERCHÉ??? Va beh, pace.
Juan Pablo è scomparso così come è apparso. Però mi ha lasciato un bel ricordo, tipo che mi avrà salutata con baci e abbracci non so quante volte, e continuava a dire che era felice di avermi consciuta, che “me caes muy bien”, “incantado de verdad” “que pena que no vengas conmigo”, che ero stupida a non andare con lui, che ci saremmo divertiti… è dura la zitellaggine e la paura che porta con sé!
Chiudiamo la parentesi ormonale…
Beh, ragazzi, è la prima volta che mi trovo in Bolivia in missione per una ONG, e devo dire che la responsabilita’ che ha comportato è stata stimolante, ma chiaramente dovendo portare dei risultati (in così poco tempo) ho dovuto veramente fare un tour de force di appuntamenti e incontri istituzionali abbastanza faticosi. Ho proposto l’idea di progetto alle istituzioni locali (Régimen Penitenciario, Ministero de Justicia, Istituto Penal de San Pedro, Alcaldía de La Paz) e anche alle organizzazioni che in qualche modo si occupano dei diritti umani dei detenuti e dei bambini (in particolare Defensa Niños y Niñas Internacional, Pastoral Penitenciaria Católica de Bolivia). Devo dire che ho ricevuto risposte molto positive e sembra che stiano tutti aspettando che il progetto prenda piede e possiamo collaborare! Questa è stata la piu’ grande soddisfazione! Sarebbe proprio il mio sogno che si realizza… Ojalá che sia così!
La Paz è sempre La Paz, e sento di amarla sempre di più, con sempre più consapevolezza dei limiti, delle problematiche che presenta e delle energie mie personali che devo mettere in gioco.
Ci sono state un paio di emergenze in carcere per le quali le educatrici del centro educativo mi hanno chiamata allarmate. La più pesante è stata che un detenuto ha rivolto attenzioni un po’ troppo intime a una ragazzina che vive in carcere. Sono volata al San Pedro e ho subito cercato Alejandro. Povero diavolo… in realtà lui non l’ha toccata con un dito, ma sembra che tra i due si sia instaurata una affettuosa amicizia. Lei 15 anni e lui 35! Abbiamo parlato per ore, e sicuramente, il nodo della questione è che lui ha una vorágine affettiva che ha le sue origini fin dall’infanzia (e di questo già ne ero a conoscenza). Abbandonato dai genitori, sballottato da un parente all’altro, trattato come un animale, picchiato a sangue per motivi futili, fino all’età di 17 anni, quando se ne è andato in cerca della sua vita, ma con scarsi risultati: cattive compagnie, fallimenti lavorativi, microcriminalità, piccoli furti, fino alla sua attuale detenzione (è dentro da piu’ di 5 anni) che non si sa quanto durerà, visto che non ha nessun familiare che si occupa dei contatti con il suo avvocato difensore. Le uniche persone che ha conosciuto in vita sua che si sono preoccupate di lui siamo Padre Filippo ed io… Insomma, ci siamo trovati a piangere tutti e due. L’affetto che cerca in questa ragazzina deriva chiaramente dal bisogno, il desiderio di essere amato e di amare qualcuno, e una ragazzina forse non ha ancora pregiudizi… che tristezza! Ho cercato di far capire a Alejandro che il suo bisogno di affetto è prima di tutto un bisogno di aiuto, di sostengo, e che non si deve vergognare a chiederlo: allo psicologo, a Padre Filippo, a me quando ci sono, ai volontari della Pastoral Penitenciaria che vanno quotidianmente in carcere. Ci siamo abbracciati a lungo con le lacrime agli occhi.
Una sera José è venuto a cena da me, e anche in quell’occasione sono spuntati particolari della sua infanzia che mi hanno scossa e commossa profondamente. Anche lui. orfano di madre a 4 anni, è stato sballottato da un parente all’altro fino ai suoi 16 anni, diviso dai suoi fratelli, anche loro ospiti in famiglie diverse. Quando ha rivisto suo padre, a 17 anni, lui si era rifatto una famiglia, José non gli si è rivoltato contro, è riuscito solo a chiedergli di volergli bene… Abbiamo pianto molto. E ancora una volta non posso che ringraziare per aver avuto una famiglia, per aver vissuto insieme ai miei fratelli e aver potuto crescere vicino ai miei genitori.
Sabato 8 maggio sono stata invitata presso una scuola superiore per parlare delle problemátiche delle carceri in Bolivia. Ero molto emozionata, perché era la prima volta che parlavo davanti a degli studenti (e in spagnolo poi!)! I ragazzi erano tutti lì con il quaderno e le penne, nella classica disposizione scolastica (studenti in file di banchi e io in cáttedra davanti a loro)! Ho subito chiesto di metterci in cerchio. L’incontro è andato molto bene e i ragazzi erano assolutamente increduli quando gli raccontavo della vita in carcere e mi hanno riempito di domande, curiosi di capire la realtà dei detenuti e dei bambini. Ho chiesto un feed-back, con le loro idee e proposte per la risoluzione della problemática infantile in carcere. E sono venute fuori idee molto interessanti, come quella di creare dei centri educativi per questi bambini, presso i quali lavorino proprio le mamme, mogli dei detenuti. La vostra Fantozzina non poteva finire che in bellezza quest’incontro. Verso la conclusione, volevo appuntare alcune cose sulla lavagna. Prima stavo per scrivere col pennarello indelebile sul telo bianco che serve per le proiezioni e i ragazzi hanno gridato “NOOOOOOO!” “NON E’ QUELLA LA LAVAGNA” (risate generali), poi mentre finalmente scrivevo sulla lavagna giusta, questa cade rovinosamente per terra. Al che mi sono unita la coro di risate a squarciagola che ormai avevano invaso l’aula! Sono sempre la solita!
Che dire della salute? Di nuovo problemi con la pelle! Prurito, pizzichi, bugni strani emergono dalle gambe e dalle braccia. Probabilmente pulci. Padre Filippo mi ha soprannominata “Pulcinella”! Sono andata a sentire da due dermatologi, ma siccome nessuno dei due mi ha convinta, non ho fatto nulla di quello che mi hanno detto: soprattutto non mangiare quasi niente per una settimana, per disintossicarmi. Insomma, se erano pulci, perché mai non avrei dovuto mangiare e bere??? Ho continuato la mia dieta ipercalorica e alcolica, come se niente fosse. Comunque adesso il problema è rientrato per fortuna! Padre Filippo sostiene che la medicina per tutto è il vino…
Sono andata a Santa Cruz qualche giorno, per andare a visitare il cercere di Palmasola, sezione maschile e femminile e vedere la possibilità di allargare il progetto anche qui. Presso questo carcere vivono circa 850 bambini! La prima impressione è che questo carcere è molto più vivibile del San Pedro: casine basse, vie molto più larghe, costruzioni nuove e ben tenute, pulite. La sezione maschile ospita circa 2200 detenuti, mentre in quella femminile ci sono più di 300 detenute. Ma la prima impressione viene subito rimpiazzata dalla seconda: una corruzione incredibile alla luce del sole. Per entrare a visitare i detenuti, i parenti pagano 5 pesos ai poliziotti. Terribile, inaudito. Parlo con le volontarie della Pastoral Penitenciaria del Palmasola, e mi dicono che addirittura succede che i poliziotti entrano nella sezione femminile di notte e… lascio alla vostra fervida immaginazione. VOMITEVOLE, DISGUSTOSO. Nel padiglione maschile faccio la conoscenza di un italiano (l’unico in Palmasola) che è dentro per narcotráffico (e per cosa sennò??), che mi fa da scorta per il giro di visita della sezione. Il carcere è inmenso, sembra veramente un paese. C’è anche una campo da calcio, locali con musica, karaoke! Il tipo è veramente una sagoma: un romano trapiantato in Bolivia, con l’aria del “capo” (“Ahooo! Qua comanno io!”), caminata alla “Al Capone”, stivaletti di pelle intarsiati, jeans e camicia aperta fino all’ombelico con l’immancabile catena d’oro al collo, e braccialetto della Roma al polso!!! Che soggetto!!! Se potevo portare la machina fotografica dentro, avrei voluto fargli una foto per farvelo vedere!! Altro che l’esotismo dei campesinos dell’Altipiano delle Ande!!!
Brutta aria dalle parti di Santa Cruz: un razzismo da Apartheid nei confronti degli abitanti dell’Altipiano, di La Paz (l’appellativo per i paceños è “Collas de mierda”, tanto per darvi un’idea). Il dipartimento ha appena votato al refendum per l’autonomia e insieme all’autonomia si va verso la costituzione di uno statuto separato dalla costituzione boliviana. Spero veramente che le cose si rimettano a posto, ma la vedo dura! A me, che guardo le cose da “fuori”, rimane una gran tristezza, un senso di impotenza e una ferita al mio senso di “cittadina del mondo” che crede nella mediazione, nel dialogo tra “le differenze”.
E adesso sono qui a Copacabana, a respirare l’aria del Lago Sagrado, a fare passeggiate e camminate rigeneranti. Ero veramente stanca e avevo bisogno di “riprendermi” un po’. Sono arrivata di nuovo in cima al Monte Calvario con la lingua ai piedi! Volevo scattare belle foto da in cima al monte, aspettare la luce del tramonto, per catturare l’essenza di grandiosità di questo posto… ma dopo qualche foto, la batteria della mia macchina fotografica è morta!!! L’ennesima fantozzianata della vostra Barbaridad! Ho messo sotto carica la batteria nell’hostal.
Mi accontenterò di vedere il tramonto dalle rive, magari dal tavolino del comedor, dove stamattina ho avuto la dolce visione di Juan Pablo… e magari, davanti a una bella “trucha rosada con papas fritas”, fantasticherò di come sarebbe stata la Isla del Sol in buona compagnia… MALEDETTA ZITELLAGINE!!!
Vi abbraccio forte forte con tutto il bene che posso, con l’augurio di pace e serenità.
A presto!
Barbaridad
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