sabato 24 novembre 2007

Su Il palazzo vuoto di Alberto Rossini


recensione di Vincenzo D'Alessio G.C.F. Guarini
v. anche la recensione pubblicata su Il Ponte del 4-5-08

Il lavoro pubblicato da Alberto Rossini, Il palazzo vuoto, presso FaraEditore, reca come sottotitolo: La politica nell'epoca della fine dello Stato Nazione. In sintesi compare come una ricerca fondata su dati filosofici, storici, economici, sociali e religiosi per dare voce ad una espressione linguistica che viene definita oggi “politica”. Noi, personalmente, avvertiamo questa parola come un peso ossessivo e grave per l'economia di ogni singolo cittadino di qualsiasi nazione del globo. Non crediamo che felicità, onestà, saggezza, morale, possano coincidere con l'espressione politica. Il politico nel Sud è una minaccia costante e continua alla libertà individuale del cittadino, alle scelte serene, alla socialità vissuta come diritto all'istruzione, all'uso dei buoni ospedali, ai servizi più elementari che le realtà umane di ogni parte del mondo non riescono ad ottenere. Pur accettando di buon grado la ricerca svolta da Rossini, attraverso i pensatori e i ricercatori nei loro ruoli, vorrei ricordare che i più esposti di fronte alla frode morale della politica sono quelle persone a noi tanto care come l'ndimenticabile Guido Dorso di cui quest'anno abbiamo ricordato il sessantesimo della scomparsa. Egli scriveva nel suo libro La rivoluzione meridionale (Torino 1945): «Occorre un'élite anche poco numerosa ma che abbia idee chiare e sia spietata nella sua funzione critica. È' finito il tempo dell'apostolato individuale, e i Fortunato, i Salvemini, i De Marco possono tenersi paghi del lavoro di aratura, compiuto tra la indifferenza universale, in epoche così tristi che il cuore si riempie di sgomento.»
Noi consideriamo che lo sforzo più alto per una società politicamente civile sia quello di vedere “gli ultimi” i meno abbienti realizzarsi al meglio utilizzando le strutture dello Stato: dagli ospedali, ai cimiteri. La politica ha fallito questo scopo da troppi secoli. Non esistono certezze, né scene di istruzione civile o religiosa. C'è solo la consapevolezza che «la turba dei
pezzenti», che Rocco Scotellaro aiutava negli anni Quaranta a raggiungere un risultato, è stata sospinta sull'argine dei burroni che i politici di ogni “olore” e di ogni tempo preparano partendo dal castello di kafkiana memoria, a vantaggio personale e dei topi nascosti nei meandri segreti della struttura.

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