martedì 13 maggio 2025

“La vicenda si svolge con la leggerezza della profondità”

Cristiana Veneri, Uomo di Mondo, Rimini, Fara 2025, pp. 64 € 12,00

recensione di Maria Lenti


Un romanzo. Un romanzo-apologo: breve, un personaggio e il suo contorno necessario, la vita che lo ferma, la sua vita ritrovata. Adamo e il mondo, un uomo di (e del) mondo, appunto.

E questo Un uomo di Mondo dell’esordiente Cristiana Veneri, finalista al premio Narrapoetando dell’editore Fara, costretto a fermarsi per un incidente imprevisto, sorprende subito per la corda tesa dalle parole e dal ritmo narrativo in cui Adamo ricomincia, immobilizzato, a vivere. Il che significa guardare l’intorno, accorgersi della natura, dei possibili disastri, degli scorni in cui il genere umano può precipitare per insipienza e superficialità, per esosità del vivere, per insufficienza del sentire creaturale e per insensibile suo agire i giorni.

La vicenda si svolge con la leggerezza della profondità, con il pensiero uscente dalle circostanze e situazioni vissute o aggirate, uscente dal consapevole e necessario strato e andamento linguistico.

Tanto più, allora, sia sostenuto questo primo libro dell’urbinate trentenne Cristiana Veneri nel panorama odierno della letteratura in prosa, nel quale si registrano non di rado romanzi tratti da cronache personali, rivissute ma senza una elaborazione culturale o storica, tanto che a chiusura del libro svaniscono anche le emozioni eventuali scaturite dal tessuto della narrazione. 

In Un uomo di mondo il protagonista – non a caso novello Adamo – è  portato, quasi condotto con mano, a rendersi conto del contesto in cui vive. Non è solo la vita (questa nostra entità concreta e astratta) a fermarlo per rimettersi dall’incidente (o dal sogno di un incidente?), ma è la vita concreta a condurlo a riflettere sul vivere degli uomini ormai quasi dimentichi della necessità di conservare nel migliore dei modi e quindi di non distruggere questo vivere e il suo contenitore (mondo, terra). Il quale ha in sé il passato il presente e il futuro dell’umanità e del suo tesoro, naturale e storico, individuale e collettivo. 

Una implicazione anche religiosa? Probabile. Io, lettrice peraltro divertita dalle peripezie di Adamo e dei suoi coprotagonisti, increduli o innocenti, coscienti o smemorati, mi sono incantata su un Adamo e compagni che scoprono la possibilità e il senso (interiore ed esteriore) fondati anche (e forse prima di ogni ragione) sull’etica di salvare questo mondo e tutti noi in esso.

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