venerdì 25 luglio 2025

News da Adele Desideri estate 2025

 

Gentili lettori, segnalo quanto segue:

*I video podcast, nei quali diffondo la mia poesia, nonché talora quella di altri autori contemporanei.
Canale You tube Adele Desideri

*L’interessante, necessario volume Aldo Bonomi, Albino Gusmeroli, I turismi visti dall’ultimo miglio. Le piattaforme del turismo tra prossimità locale e simultaneità globale, DeriveApprodi 2024.

Sono presenti, nel libro, anche i seguenti interventi:
Simone Bertolino, Milano e il Como lake district
Simone Bertolino, Alessandro Porta, La piattaforma del piacere
Carla Sannicola, La piattaforma del mezzogiorno continentale

“Quello alpino rappresenta forse il primo laboratorio territoriale di incubazione dell’industria turistica, che ha attraversato le diverse stagioni del turismo borghese post Grand Tour, passando per la breve, ma molto intensa, stagione del turismo di massa del secondo dopoguerra, per approdare a una nuova fase di trasformazione imperniata sulla diversificazione dell’offerta imposta dall’apertura dei mercati turistici” (Albino Gusmeroli, pag. 38).
“Le Alpi sono chiamate a costruire nuove relazioni, (...) facendosi«Metromontagne» per la circolazione-distribuzione-connessione di saperi e conoscenze legate alla conversione ecologica, alla gestione delle risorse naturali, ai modelli di fruizione turistica e di ripopolamento delle terre alte, capaci di andare oltre la dicotomia centro/periferia e avendo la consapevolezza che è ai margini che si determina il destino del centro” (Albino Gusmeroli, pag. 51-52).
“Milano da tutto l’ultimo quindicennio appare sempre più orientata a dare importanza alle connessioni verticali di economie urbane relativamente autonome (il nuovo immobiliare per popolazioni urbane nomadi come visitatori, studenti, professionals globali, i poli scientifici di nuova generazione, i nodi di servizi più connessi con il mondo che al territorio) svolgendo il ruolo di gateway di connessione tra megalopoli e dimensione internazionale” (Simone Bertolino, pag. 53).
“l’erosione delle capacità di spesa che attanaglia la classe media italiana ha portato a un approccio al fuori casa generalmente orientato da budget ridotti e scelte più mirate: si spende meno e in maniera più oculata, cala il numero delle uscite, ma nelle stesse si cerca qualcosa di distintivo e con un buon rapporto qualità/prezzo” (Simone Bertolino, Alessandro Porta, pag. 73).
“La Puglia (...) ha messo a valore la sua autenticità e le sue numerose diversità territoriali in quanto territorio vasto e vario, non a caso in passato il suo nome veniva utilizzato anche al plurale: le Puglie. L’offerta nel contempo cresciuta soprattutto grazie alle giovani generazioni e alle donne ha valorizzato così il suo lifestyle, spingendo il turista a non percepirsi più come massa ma come persona che può riumanizzare i suoi desideri e le sue aspettative scoprendo che proprio quei limiti che nel quotidiano possono apparire arcaici in un soggiorno possono trasformarsi in vantaggi per ritrovare il giusto equilibrio uomo-natura-tecnologia” (Carla Sannicola, pag. 122).
“proprio nel periodo critico della pandemia, è emerso con forza il valore collettivo riconosciuto al mondo dei pubblici esercizi in quanto spazi centrali di promozione della socialità, della coesione sociale, del presidio urbano di prossimità, dunque parte dell’infrastruttura della vita quotidiana legata a temi fondamentali come il cibo, la socialità e la salute. I pubblici esercizi oggi si collocano a cavalo tra mutamenti della composizione sociale e le trasformazioni economiche che stanno ristrutturando le economie e i territori (...), come strumento di rigenerazione urbana e territoriale, di gestione razionale delle risorse, come fattore che definisce l’identità e l’attrattività dei luoghi e come attività capaci di rispondere a molteplici esigenze di carattere economico, sociale e culturale” (Aldo Bonomi, pag. 163-164).

*La raccolta di poesie di Francesco Capaldo, Sulle foglie, Giuliano Ladolfi Editore, prefazione di Gabrio Vitali,2021, seconda edizione 2024,

“Il poeta affida alla sensibilità e alla fantasia del lettore, alla sua adesione al testo, il piacere dell’armonia e della pienezza che la poesia trova nella realtà più comune e condivisa e, insieme, la ricerca di un significato possibile alle cose della vita e l’assunzione di una postura morale e sentimentale accogliente verso la loro bellezza e verso se stessi” (dalla Prefazione di Gabrio Vitali).

“Alla tua casa vengo,/ di remoti pensieri scrigno,/ in mezzo alla campagna/ di radi fuochi solitaria. S’alza/ la fumea fra gli ulivi/ nel mezzogiorno di pace./ Tempo è di raccolta, ottobre dolce/ di vendemmia, autunno di foglie/ morte, di arsi roghi, di rami al sole.//” (pag. 17).

“Bellezza antica/ e sempre nuova,/ primavera che ancora non è,/ indicibile essenza/ di grazia che voce non ha,/ forma/ che nel tuo viso/ di umana dea scolpita/ si compone.//” (pag. 30).

“(...)// Lasci la casa degli spiriti./ Prendi una via, a te ignota./ Quella bagnata dalla prima pioggia/ che al silenzio porta./ Quella che non ricordi.// (pag. 66).

*Maria Vittoria Capitanucci, Il professionismo colto del dopoguerra, Itinerari di Architettura milanese. L’architettura moderna come descrizione della città, a cura di Alessandro Sartori e Stefano Suriano, Abitare/RCS Mediagroup Spa e Fondazione dell’Ordine degli Architetti P.P.C., 2012.

“Gli anni del dopoguerra sono stati cruciali per la costruzione della città di Milano: una generazione di professionisti, erede del rinnovamento architettonico operato dal Movimento Moderno e al tempo stesso incline ad una certa libertà espressiva, ricostruiva la città bombardata dando vita alle sue visioni urbane, terreni fertili per scambi interdisciplinari e sperimentazioni. L’aspetto culturale era alla base della formazione di questi architetti, in bilico tra interessi per le nuove concezioni strutturali e le suggestioni provenienti dall’ambiente artistico internazionale. Nomi illustri e figure rimaste - talvolta inspiegabilmente - più in ombra furono protagonisti di articoli apparsi sulle più insigni riviste italiane ed internazionali, nonché di importanti pubblicazioni. Quasi tutti raggruppati attorno all’associazione MSA (Movimento Studi per l’Architettura), frequentando la Triennale, le medesime gallerie d’arte e riunendosi negli stessi studi di architettura, personaggi già affermati come Albini, i BBPR, Gardella, Figini e Pollini intrecciavano i propri progetti con Asnago e Vender, i Latis, Gho’, i GPA Monti, Malchiodi, Mangiarotti e Morassutti, ridisegnando il futuro di Milano” (dalla quarta di copertina).

*Sabrina Bellini, Cappuccetto rosso (storia del Lupo, di Cappuccetto e di come vissero), Giuliano Ladolfi Editore 2018.

“Ognuno di noi può rileggersi attraverso il dono di quest’Opera perché significa ripercorrere le nostre esperienze e osservarle da diversi punti di vista. Siamo stati fermi dentro il nostro villaggio o siamo usciti con il fucile per uccidere? È necessario dominare per sopravvivere? Possiamo scambiarci, uomini e donne, le nostre diversità attraverso un patto nuovo in cui le stesse ci rendono liberi?
Il percorso tracciato in questa Opera è pieno di paura ma anche di coraggio; ci dà l’opportunità di esplorare la nostra propria vita, attraverso un Cappuccetto Rosso finalmente reale” (dall’introduzione di Luigi Guerisoli- pPsichiatra, Psicoterapeuta, pag. 13).
«Fuori dall’albero/ era molto grande/ zampe forti,/ bocca enorme.// La coda, allineata al copro,/ non poteva che spaventare./ Ma si compresero/ ormai sapevano.// Unico possessore/ della chiave/ per insegnarle/ i segreti del bosco.// Le disse/ a distanza di morso:/ “Giudica tu/ se io sono l’inganno”.//» (pag. 43).

*Comunicato della casa editrice Moretti&Vitali, 23 luglio 2025

In memoria di Augusto Romano (1934-2025) 

Ci ha lasciato ieri notte il caro Augusto Romano. È stata una delle figure più significative del mondo junghiano. Psicoanalista di origini baresi, ma naturalizzato torinese, ci ha guidato nei sottili percorsi della Psicologia analitica onorandoci della sua amicizia e pubblicando con la nostra casa editrice alcuni libri: Il flâneur all’inferno, Madre di Morte. Ha curato libri collettanei quali Jung e la clinica, Jung e l'Oriente e scritto la prefazione di libri da noi pubblicati, quali: Navigare nell’inconscio di Marco del Ry da pochi giorni in libreria. Con Fulvio Salza e Ferruccio Vigna ha ridato vita alla rivista l’Ombra. In occasione del suo ottantesimo compleanno, su iniziativa di Ferruccio Vigna, è stato pubblicato L’Ombra del flâneur un libro di saggi in suo onore, dedicatogli da un gruppo di colleghi a lui vicini. La sua scomparsa lascia un profondo vuoto in tutti noi.
 
“È inverosimile (...) che otto miliardi di persone, 193 stati sovrani – nove dei quali dotati di armamenti nucleari –, un capitalismo sovrastatale e predatorio, e un sistema industriale ecologicamente insostenibile, possano sopravvivere a lungo senza andare incontro a guerre distruttive, alla devastazione della natura, al proseguimento della crescita delle disuguaglianze e della povertà, e a terrorismi, fanatismi, fondamentalismi, razzismi e criminalità transnazionale” 

(Luigi Ferrajoli, filosofo del Diritto, allievo di Norberto Bobbio, al link https://www.officinadeisaperi.it/materiali/una-casa-comune-dellumanita-da-riflessioni/)


martedì 22 luglio 2025

Ecco i vincitori e i votati della sezione Narrativa/saggio del Faraexcelsior 2025

Un grande grazie alla giuria – composta da Alberto Fraccacreta, Andrea Raschi, Angela Colapinto, Angelo Leva, Barbara Rosenberg, Claudio Fraticelli, Daniele Gigli e Giorgio Massi – che ha così deliberato e complimenti ai vincitori (per la sezione Poesia v. qui):


Faraexcelsior 2025 Narrativa/saggio

I class.

Le strade sbagliate dei savi 
di Gualtiero Lelli (Roma)


Gualtiero Lelli (Roma, 1971) ha pubblicato: La morte è un tonfo secco dall’altra stanza e il rumore di una teiera che si infrange sul pavimento (Montag 2020; Non ricordo nemmeno più che voce abbia (Fara 2020); Dio è un ragazzino che si diverte a giocare con le bolle di sapone (AbelPaper 2021); Storia di una regressione infinita (Fara 2022); La somiglianza delle parti (Fara 2023); La Città di Dio. Prolegomeni alla nuova dottrina (Montag 2022); Morì ’n ze morgarà, ma le tribbole (Controluna 2023); Viaggio nella città maledetta (Genesi Editrice 2025).

“Ho commesso il maggiore dei peccati che un uomo possa commettere. Non sono stato felice.” Questa citazione iniziale da J.J. Borges accompagna con ignara consapevolezza il lettore dentro le vite di Giordano e Vincenzo, dentro le loro perdite e i loro desideri soffocati da sensi di colpa, dentro le loro ombre che non sono altro che quelle di ognuno di noi, alla ricerca di un dott. Semprini di turno che possa legittimarci a ricominciare, laddove ci sembra sbagliato farlo. Fino all'amara consapevolezza che si incontra nell'ultimo personaggio, in cerca di una fugacità che possa portarlo per un attimo lontano dalla routine, quando afferma che “nessuno è in grado di gettarsi nella mischia, senza prima aver indossato la propria bella armatura di ipocrite stronzate”. Alter ego - forse - dello scrittore stesso, definito come uno dei poveri visionari, che davanti a chi gli presenta il conto scopre che in tasca non ha che pochi spiccioli, “troppo pochi per pagarsi la vita che avremmo desiderato vivere”. L'intreccio narrativo e i dialoghi incalzanti rendono la lettura scorrevole, seppur tutt'altro che leggera. (
Angela Colapinto)

Un ritratto narrativo semplice e scorrevole che, nella sua interezza, produce qualche curiosità o dubbio di sintesi. Lo stile è modulato, così come l'obiettivo dell'autore che si diverte nello spaziare tra cose pregne di ritmo e parentesi del quotidiano. (
Giorgio Massi)

Intensi e surreali, di un’umanità tragicomica, questi racconti ti appassionano come episodi di una serie. Una raccolta, omogenea e ben strutturata che, passando da una storia ad un’altra, ti fa ridere e commuovere, ti fa arrabbiare ed immedesimare, ti provoca e ti confonde. Anche i personaggi, soprattutto quelli secondari, ti restano in mente come in una serie da cui non vuoi staccarti e, come le comparse, sono interpretati dagli attori più bravi: la passante sul tram, la segretaria del dottore, lo psicologo…
Unico filo conduttore, quello dell’illusione o della sua perdita: l’illusione dell’amore, che il protagonista conserva ostinatamente in tutte le situazioni. L’illusione di vivere ancora insieme a una donna che si è amata e perduta, l’illusione di un legame perfetto, intuito al primo incontro con una ragazza e mai più ritrovato, l’illusione di una fusione totale ed erotica con una donna intravista da lontano.
Solo lo scrittore è in grado di conservare quell’illusione e, suo malgrado, di darle un tributo, mettendo a tacere il “monito dei savi” o i consigli dello psicologo. E noi gli siamo grati per questa sua resistenza. (
Barbara Rosenberg)

La potenza dell’eros, la gabbia dell’ordinarietà, la potenza della mente. E noi, chi siamo? Chi o che cosa volevamo essere?
Un lungo racconto di racconti – circolare, a zig-zag – in cui la felicità della scrittura lascia emergere di riga in riga, in una contemporaneità ovattata che ricorda a tratti il realismo magico – il monito perturbante di ogni saggezza: state attenti a ciò che desiderate, perché potreste essere esauditi. (
Daniele Gigli)

Quando nella psiche dell’uomo il femminile torna ad essere mistero. (
Claudio Fraticelli)

Schietto, fresco e sincero. Un flusso di coscienza e di parole, sembra di essere all'interno della storia per la ricchezza di dettagli e la caratterizzazione dei personaggi e degli ambienti, e le situazioni stranianti. (
Andrea Raschi)

Il cambio di stile racconto-dialogo-monologo, le frasi brevi, i cambi di contesto rendono piacevole il proseguire con la lettura.
Le riflessioni lunghe sono funzionali alla costruzione della psicologia dei personaggi e della relazione. (
Angelo Leva)


II class.

Continuità e discontinuità nello spazio poetico 
di Giuseppe Armani (Fiorenzuola d’Arda, PC)


Giuseppe Armani ha 69 anni. Laureato in Scienze della formazione e dell’educazione e in Filosofia, dal 2024 sono stato nominato Cultore della Materia in Pedagogia Generale, in Teoria delle Relazioni di aiuto (Prof.ssa Marisa Musaio) e in Filosofia teoretica (Prof. Marco Dario Sacchi) presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Maestro Internazionale Senior di scacchi (ICCF). In pensione dall’aprile 2023, si è occupato professionalmente di pianificazione strategica, formazione e orientamento nell’ambito della Pubblica Amministrazione pubblicando numerosi contributi e studi in riviste di settore. Studioso di filosofia, pedagogia, linguistica e letterature straniere, da oltre quarant’anni ha posto al centro della sua ricerca l’epistemologia dello spazio e la relazione tra spazio e linguaggio. Autore di alcuni romanzi, racconti, saggi e studi tuttora inediti (su Rainer Maria Rilke, Georg Trakl, Ossip Mandel’štam, André Du Bouchet, Pierre Reverdy, Roberto Juarroz, Pierre Albert Jourdan, Tomas Tranströmer), vincitore di numerosi premi letterari, alcune mie poesie e racconti sono stati pubblicati in antologie. Ha pubblicato cinque raccolte di poesie: Thlenai, 2011; Flatus vocis, 2012; Ordine revocato, 2013; Locus, Loqui (2024, Leonida Edizioni); Ἀναγνώρισις Riconoscimento (2024, Kanaga Edizioni) e il saggio Dall’Inter-vallo. Intorni della parola poetica (2011, Leonida Edizioni). Ha in uscita i saggi L’Albero nella poesia dal XIX al XXI secolo (Kanaga Edizioni, Milano) e La distanza nella relazione umana. Prospettive filosofiche e pedagogiche (CSA Edizioni, Bari)

Testo impegnato e impegnativo. Si tratta di un contributo dall'elevato spessore filologico e dall'alta qualità finale (stile/tecnica) che rende merito all'estensione cultuale di un progetto argomentativo straordinario. (
Giorgio Massi)

Che esperienza è l’esperienza di una poesia? Quale il suo rapporto con il segno che le dà forma, con la pagina bianca che la ospita, con il tempo e il suo scorrere? Che cos’è mai – se davvero è questo che facciamo quando ce la troviamo davanti – leggere una poesia?
Un saggio informatissimo, leggero come una piuma e solido come marmo, che in un alternarsi di analisi articolate e definizioni aforistiche attraversa quella singolare esperienza estetica che è la poesia. Con passione e rigore, con una lingua innamorata e precisa che ci mostra come in fondo la poesia sia «dura da toccare», di come non sia «questione di lettura ma piuttosto del “ci ritornerò”». (
Daniele Gigl)

Il parlare di poesia non è così diffuso e cattura l’attenzione di chi ha una sensibilità sia per la poesia che per la parola, il termine, l’assonanza, l’evocazione cioè il rapporto tra la parola e il vissuto individuale. (
Angelo Leva)

Appunti che raggiungono la solidità di studi, stimolanti e acuti per penetrare nell’arcano mondo della poesia chiamato ad attraversare le strettoie della significazione linguistica. (
Claudio Fraticelli)


Opere votate

Effetto-nome, Come il nome ci cambia la vita 
di Paola Urbani (Roma)


Paola Urbani, malgrado l’età (è nata l’11/11/1946) non ha perso la voglia di studiare e sperimentare nuove conoscenze. Nella vita ha fatto la bibliotecaria ma più che catalogare i libri le interessava leggerli! Ne ha scritti anche alcuni sia di grafologia (con Franco Angeli, Newton Compton e Dedalo) che di fantascienza (ha vinto i premi Alien e Rill).

Tema originale, un saggio molto bello su tema inusuale. Chi ama la parola e la Parola, cioè lo psicanalista e l’esegeta biblico, per tacer del poeta, sa bene che tutte queste considerazioni sono vere, profonde e importanti nella relazione e nella costruzione della identità. (Angelo Leva)

In letteratura, il nome ha sempre avuto un’importanza vitale. Chi non ricorda la preghiera accorata di Giulietta che chiede all’amato di cambiare il suo nome, perché portatore di discordia e separazione e chi può dimenticare ne Il nome della rosa i colti riferimenti di Umberto Eco a Bernardo di Cluny sull’essenza del nome rispetto all’oggetto che lo detiene?
Questo saggio, dedicato all’“effetto nome”, è appassionante come un romanzo e riflette sul potere del nome nell’ambito delle scelte umane e dei comportamenti quotidiani. Il testo si sofferma sugli esperimenti del prof Nuttin, uno psicologo belga, che alla fine degli anni ‘70 cercò di dimostrare come l’NLE, ovvero il Name Letter Effect, portasse le persone a preferire e scegliere soggetti o luoghi o addirittura oggetti, in base alle lettere contenute nel loro nome; ipotizzando che ognuno di noi è portato a valorizzare le lettere contenute nel proprio nome, al punto da scegliere altri soggetti o luoghi che condividano le stesse lettere nel proprio, quasi per confermarsi, per stimolare l’autostima. Tuttavia, il saggio va oltre la tesi di Nuttin e indaga sulla potenza del nome anche dal punto di vista sociologico e relazionale: dimenticare i nomi o ricordarli alla perfezione può fare la differenza tra un insegnante amato dagli studenti o mal considerato. Spiega ancora il saggio come il nome abbia una valenza magica e come presso antiche società nomi diversi venissero attribuiti ai componenti del gruppo per indicare ruoli sociali, età e capacità differenti. (Barbara Rosenberg)

Dare un nome per la Bibbia è un atto di conoscenza e di dominio, ma il nostro personale mondo comincia dal nostro nome. Quanto stupore può esserci dietro i nomi Un gustoso ed istruttivo saggio. (Claudio Fraticelli)

Bestie d’ombra
di Sergio GIovannetti (Vinci, FI)


Sergio Giovannetti, toscano, pensionato, poeta, appassionato di cultura popolare e spiritualità religiosa. Ha pubblicato La via santa, un poema in rima sulla via Francigena nel Medioevo; E san Rocco… fece un fiocco, libriccino di rime popolari; L’altra faccia della luna, una raccolta di poesie. Ho pubblicato anche libri e albi illustrati in rima per l’infanzia rivisitando antiche favole. Nel 2025 ho pubblicato un saggio sul Giubileo e i pellegrinaggi dal titolo Ultreya e Suseya! Il Giubileo e i pellegrini, ieri e oggi. Libri, tranne l’ultimo, tutti in selfpublishing.

Scritto denso di riferimenti storico-filosofici spesso immerso in un contesto onirico e fiabesco che porta riflettere, in un'atmosfera talvolta di ironica incredulità, su temi profondi. Difficile, mentre si affronta la lettura, decidere se si stiano attraversando le pagine di un saggio o la spensieratezza riflessiva di racconti in qualche modo legati tra loro e capaci di condurci, attraverso l'uso di figure animali, dentro ai molteplici e terrificanti aspetti che caratterizzano l'essere umano e il suo stare in società. Ogni espressione e termine sono utilizzati con grande proprietà e maestria, nessun tassello risulta infine fuori posto in questo “mondo calcinato da luci abbacinanti da cui non c'è possibilità di riparo” (azzarderei, per nessuno). (Angela Colapinto)

Metaforizzare, simbolizzare, animare personaggi inusitati ma sempre per capire il senso dell’esistenza. Tante occasioni per guardare il mondo in modo diverso e stimolante riprendendo l’antico gusto del narrare. (Claudio Fraticelli)

Geniale nella costruzione ma faticoso da seguire. (Angelo Leva)


La forma è il fine 
di Simone Mazza (Parma)


Simone Mazza vive e lavora a Parma. Insegnante e formatore, coltiva variegate passioni, tra cui scrivere. Ha redatto numerosi articoli per riviste di tecnologia didattica e diversi manuali, fra i quali: The digital storytelling (2018). In ambito narrativo, dopo due raccolte di racconti, ha pubblicato in varie antologie molti testi premiati in concorsi letterari (es. “Il passaggio a livello” in Creare Mondi, Fara 2011) e due romanzi: Memorie di fango (Prospero 2017) e Ci vediamo dopo (Calibano 2021). Con Fara pubblica Storie con un’altra morale (2020) Se in cielo non ci sono stelle (2023). Con il saggio La scuola possibile ha vinto il Narrapoetando 2025.

I racconti di viaggi avventurosi catturano sempre. Il racconto è ricercato e ricco di nomi e di rimandi. Dopo un iniziale affresco parte col diario e riesce ad evocare l'attesa di qualcosa che non si conosce ancora. (Angelo Leva)

La natura inquieta e interroga la vita degli uomini da sempre perché mette in azione le capacità raziocinanti dell’uomo ma apre sempre nuovi scenari di misteri quando assume una forma. La biografia di un botanico del ‘700 da la cifra di questa lotta per la conoscenza. (Claudio Fraticelli)


THE LITTLE FREE LIBRARY. La casetta dei libri liberi
di Sabrina Zanoni (Brescia)


Sono nata nel 1970 in provincia di Mantova ma vivo da sempre a Brescia, terra di insospettate bellezze artistiche e naturali. Sposata, due figli, ho una laurea in lingue e insegno tedesco in una scuola secondaria di primo grado. Leggo appena posso e scrivo quando riesco. Nel 2015 mi sono classificata III ex aequo a un concorso indetto da Fara Editore con il racconto “Una carezza in un pugno” inserito nell’antologia Rapida.mente – racconti e poesie vincenti. Nel 2024 è uscito il mio primo libro, I GiraSoli, opera votata al concorso Faraexcelsior.

Semplice e diretto. Un modo di vedere le cose genuino, come non si usa più fare. Uno spaccato di vite quotidiane senza pretese, dal punto di vista di un osservatore silenzioso che registra e medita spontaneamente. (Andrea Raschi)

Tra tante storie che si intrecciano e si perdono vi sono quelle che solo i libri vedono. Solo una cassetta di libero scambio può narrare le storie dei lettori. (Claudio Fraticelli)

Angeli a Novilara di Pesaro 23 agosto 2025 ore 18:00

Grazie all’appassionata energia organizzativa di Giorgio Iacomucci

sabato 23 agosto 2025 ore 18:00

al piccolo anfiteatro di Novilara di Pesaro 

testimonianze, musica, danza ed emozioni 

come da programma qui sotto 





domenica 20 luglio 2025

Ecco i vincitori del Premio Fede a strisce 2025

Con i più vivi complimenti da parte della famiglia Ramberti in ricordo di Roberto e Armanda. 

Premio Fede a strisce 2025 

Vincitore assoluto: premio di € 300,00



Marie & Olivier MalcuratMarco Greselin

Pier Giorgio Frassati. Verso l’alto

Effatà 2025 


Motivazione della giuria


“Il fumetto segue passo passo l’avventura di Pier Giorgio Frassati, gioioso, sportivo, trascinante, immerso nella realtà e nella politica del suo tempo attingendo a una fede profonda si prodigava per il prossimo. patrono degli sportivi e delle Giornate mondiali della gioventù. Un fumetto delicato, storicamente fondato e ben realizzato senza inutili didascalismi.” 


Rimini, 19 luglio 2025





Premio Fede a strisce 2025 

Menzione speciale: premio di € 200,00



Luca Salvagno, Fra' Mignolo. Andiamo! Una favola extraurbana

Messaggero dei Ragazzi, giugno 2025 


Motivazione della giuria


“Il fantasioso ed eclettico Salvagno nel corso del 2025 ha ripreso la pubblicazione del simpatico fra Mignolo, un frate birbante apparso sulle pagine del mensile dal 1995, un bambino vestito da frate che rallegra i lettori con le sue marachelle.”


Rimini, 19 luglio 2025 



Fara Editore

L’universo sotto le parole 

faraeditore.it




Post del presidente di giuria Stefano Gorla

Articolo su Avvenire del 24 luglio 2025

Articolo pubblicato sul Il Ponte del 27 luglio 2025:






venerdì 11 luglio 2025

“Nonna, chi siamo io e te?”

 

Doris Bellomusto, Passo a due, Tralerighe libri 2025


recensione di AR

Un libro a cavallo fra narrazione e canto. Doris si sdoppia, dialogando con sua nonna. Ricordando, rivivendo, immedesimandosi nei gesti della sua amatissima antenata che in lei travalica il confine della morte: “Io esorcizzo la tua assenza così, scrivendo di te, di me, dell’amore ricevuto in dono, mai ricambiato a sufficienza.” (p. 42). 

Il testo è in tondo sulle pagine pari, in corsivo sulle dispari: “Nonna, chi siamo io e te? (…) Si annida o si annoda l’amore?” (p. 40); “Alla mia età è facile subire metamorfosi, la pelle può diventare pergamena, le ossa tramutarsi in serpi secchi, gli occhi pietre dure, la bocca un fiore appassito.” (p. 41); “Vivo di sottrazioni.” (p. 39); “La tristezza insegna la misura, dà valore al silenzio, crea spazio…” (p. 30); “Ho paura di dimenticare i miei morti e trattare i vivi come fantasmi.” (p. 29); “Da sempre mi piace fotografare, scrivere con la luce, rinunciando alle parole.” (p. 26); “Lui vendeva carboni, io gli scaldavo il cuore, il ventre, la casa e crescevo quattro figli…” (p. 23); “… i miracoli richiedono fede e sacrificio, ad ogni più piccolo miracolo corrisponde sempre un brivido di sublime terrore per il cambiamento che si accende e brucia.” (p. 21); “Ho preparato la cena col vivo desiderio di cucinare alla maniera antica, con le mani di mia nonna strappate alla memoria.” (p. 18); “… custodire la testarda volontà di ritrovarsi sempre, sapere che sempre è uguale a mai, eppure mai voler rinunciare al bacio.” (p. 17).

Nella introduzione intitolata Dalle viscere del tempo, Doris confessa (p.12): “… vorrei saper pensare pensieri forti e utili, concreti, misurabili.”

Nella premessa intitolata “Il vizio di scrivere”, afferma (p. 7): “Scrivo perché non so restare ancorata alla realtà, ho bisogno di sconfinare.”

Infatti, questo Passo a due è una voce che cuce, un andare avanti e indietro nel tempo, un raccontare che si specchia e odora di pelle e si concede con trasparente umiltà.


martedì 8 luglio 2025

Una notte ubriaca di primavera (Yu Dafu)

versione di Natascia Ancarani

Questo racconto notturno di Yu Dafu 春风沉醉的夜晚, viene di solito tradotto con La febbre delle notti di primavera o Brezza di una sera primaverile. Entrambe le traduzioni del titolo trattengono e perdono qualcosa dell’originale. È stato scritto negli anni Venti, sullo sfondo di una Shanghai che si stava industrializzando. Racconta il fragile incontro tra due solitudini: una giovane operaia, stremata da giornate di lavoro in una fabbrica di sigarette, e un intellettuale o studente che vive una povertà simile a quella degli operai, ai margini della città e del proprio tempo, tentando qualche traduzione dalle lingue straniere che possa interessare un editore. 

Ho amato profondamente questo racconto, tanto da volerne seguire ogni parola e ogni sfumatura, ma questa traduzione si basa purtroppo sulla versione inglese del racconto. 

Grazie all’aiuto dell’intelligenza artificiale, che a volte mostra anche un lato benigno, ho potuto confrontare alcuni passaggi con loriginale cinese, per restituire con maggiore fedeltà certe immagini straordinariamente poetiche, ad esempio ho potuto verificare la duplicità del titolo o la conclusione straordinaria del racconto: non c’era neppure l’ombra di una persona, o luci elettriche di un rosso pallido, sono un paio di espressioni che mi sarebbero sfuggite, senza un confronto con l’originale cinese, ammesso che la traduzione letterale sia corretta. 

Ma richiamo all’ordine quelli che invece conoscono la lingua e possono accedere all’originale, perché ne propongano una più puntuale traduzione. È davvero un racconto splendido. A quanto ho visto esiste una sola traduzione in italiano di questo racconto e mi sembra pessima. I diritti dell’originale sono ormai pubblici e il testo cinese si trova in Archive.org.  


UNA NOTTE UBRIACA DI PRIMAVERA

YU DAFU

Dall’inglese di Aris Teon


I


Vivevo a Shanghai da circa sei mesi quando all'improvviso persi il lavoro. Poiché non avevo denaro, fui costretto a cambiare casa tre volte. All'inizio abitavo in un appartamento nella parte sud di Bubbling Well Road. Era un piccolo posto che assomigliava alla gabbia di un uccello o alla cella di una prigione, dove non splendeva mai il sole. A parte alcuni sarti, che nell'aspetto assomigliavano a feroci banditi, gli unici affittuari erano studenti, talmente indigenti da suscitare pietà. Chiamavo quella strada "strada dei vermi gialli". Dopo un mese l'affitto aumentò improvvisamente e non ebbi altra scelta che raccogliere i miei pochi beni, che consistevano in pochi libri consunti, e andarmene. Poco tempo dopo trovai un posto nella pensione di un conoscente vicino al Shanghai Race Club Building, ma presto incappai in un guaio e fui costretto a spostarmi ancora una volta. Il domicilio successivo fu una stanza minuscola in Dengtuo Road, sulla riva nord di Garden Bridge, davanti ai bassifondi Rixin. La maggior parte delle case nel vicinato misurava soltanto tre metri d'altezza dal pavimento al soffitto. La mia stanza, che si trovava al secondo piano di un edificio residenziale in rovina, era così piccola che mi bastava alzare il braccio, per toccare il soffitto con il palmo della mano.

Per accedere alla mia stanza, dovevo camminare dalla strada principale fino al cancello del proprietario. In mezzo a pile di stracci, pentole di stagno, bottiglie di vetro e altri pezzi misti di ferro, c'era una scala mezza rotta appoggiata contro il muro che portava di sopra, fino a un buco scuro non più largo di 45 centimetri. Era la porta improvvisata del mio appartamento. Anche se il secondo piano aveva appena posto per una persona, il proprietario l'aveva suddiviso in due minuscole stanze. Io vivevo in quella con il buco nero nella parete, mentre l'altra era stata affittata da una ragazza che lavorava in una fabbrica di sigarette. Visto che doveva attraversare la mia stanza  per entrare e uscire, io pagavo meno di lei. Il proprietario era un uomo gobbo di cinquant'anni. Aveva una faccia giallastra e untuosa, con un occhio distintamente più largo dell'altro. La sua fronte e le sue guance erano solcate da rughe profonde, piene di una fuliggine così spessa che sembrava impossibile da rimuovere, anche se si fosse lavato mille volte. Ogni mattina si svegliava verso le otto o le nove  e tossiva per un po’, si gettava un cesto di vimini sulle spalle e usciva. Ritornava verso le tre o quattro del pomeriggio, portando nel suo cesto attrezzi di ferro, bottiglie di vetro, pentole di latta. Spendeva poi la serata sedendo sul bordo del letto e bevendo alcool. Di tanto in tanto posava il suo bicchiere e iniziava a borbottare tra sé parole incomprensibili e imprecazioni. Incontrai la mia vicina di stanza proprio il giorno in cui mi trasferii. 

Erano le cinque del pomeriggio. Quanto fuori si fece buio, accesi una candela per illuminare la stanza. Ero occupato a sistemare i libri logori che avevo portato dal precedente alloggio. Prima li impilai in modo da formare due file, una più alta dell’altra. Poi appoggiai un cavalletto da disegno sulla fila più alta. Dato che avevo venduto tutti i miei mobili, usavo questo mucchio di libri e il cavalletto come una scrivania di giorno e come un letto di notte. Per scrivere, posizionavo la tavola posteriore del cavalletto sopra la pila di libri più alta, trasformandola in un piano dappoggio, e mi sedevo sulla pila più bassa, che usavo come sedia. 

Mi accesi una sigaretta, dando le spalle al buco nella parete. Mentre stavo fumando e fissando la fiamma della candela, udii un rumore provenire dalla strada: 

“Mr. Li. Qualcuno sta salendo!” gridò improvvisamente il vecchio. Pochi secondi dopo apparve un viso rotondo e pallido che emerse dall’oscurità. Era una ragazza giovane e di costituzione delicata. Supposi che fosse la mia coinquilina. Il proprietario mi aveva già detto qualcosa su di lei. Dato che non volevo avere bambini intorno, il fatto che lei vivesse da sola fu una delle ragioni - insieme all’affitto basso - per cui avevo scelto quell’appartamento.

Appena arrivò in vetta alla scala, mi alzai e la salutai con un cenno del capo. 

“Ciao. Mi sono trasferito oggi,” le dissi. 

Lei mi gettò un’occhiata e andò spedita nella sua stanza, senza dire una parola. Dall’aspetto sembrava una persona che aveva avuto una vita difficile. L’aria altezzosa e spenta del suo viso rotondo, il corpo esile e piccolo, tutto confermava quest’impressione. Comunque, dato che anch’io stavo combattendo per sopravvivere, non avevo né il tempo, né l’energia per averne pietà. Mi sedetti nuovamente e continuai a fissare la candela. Ben presto le sue abitudini di vita mi divennero familiari. Si svegliava alle sei di mattina, andava al lavoro e tornava verso le sei di sera. 

Ogni sera mi vedeva seduto alla mia scrivania improvvisata, mentre fissavo la fiamma della candela. Probabilmente il mio folle comportamento aveva provocato la sua curiosità. Una sera, mentre tornava dal lavoro, mi alzai per lasciarla passare, come avevo sempre fatto fin dal primo giorno, ma questa volta si fermò improvvisamente, mi guardò e chiese con un tono esitante: 

“Che tipo di libri stai leggendo?” 

(Parlava con l’accento melodioso di Suzhou, che non potrei rendere nella scrittura). Non appena udii la sua domanda, mi sentii arrossire. Anche se sedevo sempre alla mia scrivania, con una pila di libri posati davanti a me, in realtà perdevo soltanto il mio tempo, scarabocchiando figure strane negli spazi bianchi fra le righe o sognando a occhi aperti mentre guardavo le illustrazioni. Mi vergognavo della mia esistenza miserabile. Non avendo soldi, non potevo mangiare abbastanza e non potevo comprare vestiti nuovi. La sola giacca imbottita di cotone che avevo era così vecchia e logora che non osavo metterla per uscire. Dal momento che la mia stanza era troppo buia, non vedevo mai la luce del giorno. Di conseguenza la mia salute era peggiorata. Mi sentivo come se il mio intero corpo si fosse atrofizzato. Ma come avrei potuto spiegarle tutto questo? 

“Non sembra una buona cosa stare seduti e fissare il vuoto,” risposi. “Così ho messo qualche libro sul banco. Ma non li sto leggendo.”

Lei mi lanciò uno sguardo perplesso e si ritirò nella sua stanza.  

Anche se era vero che oziavo per la maggior parte del tempo, non sarebbe corretto dire che non facevo nulla. A volte, quando la mia mente si rischiarava, riuscivo a tradurre alcune poesie inglesi e francesi o qualche racconto dal tedesco. Una notte, dando per scontato che non avrei incrociato nessuno a quell’ora, uscii senza esitazione per spedire uno dei miei manoscritti a un editore. Dopo che tutte le speranze di carriera si erano dissolte, quello era rimasto l’unico modo per guadagnare qualcosa. Se all’editore fosse piaciuta una delle mie traduzioni e l’avesse pubblicata, avrei potuto ricavarne qualcosa. 


II


Nel frenetico mondo dell'International Settlement di Shangai è difficile avvertire il passaggio dei giorni e delle stagioni. Poco dopo il mio trasferimento a Dengtuo Road incominciai a sentire caldo nella mia casacca imbottita. "La primavera sta per finire,” dissi a me stesso. Poiché non avevo soldi per comprare nuovi vestiti e mi vergognavo di uscire durante il giorno, non avevo altra scelta che stare seduto nella mia stanza buia, la cui unica fonte di luce era la tenue fiamma di una candela. Un pomeriggio la mia vicina tornò a casa tenendo in mano due sacchetti di carta. Quando mi alzai per farla passare, si fermò davanti al mio tavolo e ci posò sopra uno dei sacchetti. "Questo è per te," lei disse "è pane con l'uvetta. Puoi mangiarlo domani. Ho comprato anche delle banane. Vieni nella mia stanza, così le possiamo dividere." 

Il sospetto nel suo sguardo era completamente scomparso. Sembrava che, dopo avermi osservato per diversi giorni, avesse iniziato a fidarsi di me. La sua stanza era illuminata dalla luce del sole che splendeva attraverso la finestra. I mobili erano pochi, un semplice letto ricavato da due assi di legno, coperto con lenzuola pulite e bianche, ma non protetto da una rete contro le zanzare, un tavolino nero, un baule e uno sgabello rotondo.

Sulla tavola c'era una piccola scatola di ferro che sembrava contenere il suo pettine. La sua superficie di metallo era coperta di grasso e cosparsa di macchie sporche. Dopo aver tolto da una sedia una vecchia giacca di cotone imbottita, un paio di pantaloni cuciti a mano e altri vestiti, mi fece cenno di sedermi. La sua premura mi imbarazzava. 

"Dividiamo lo stesso appartamento," dissi, "non importa che tu sia così cortese con me." 

"Non sono cortese," rispose.

"Ogni giorno, quando torno dal lavoro, ti alzi in piedi per permettermi di passare. Mi dispiace per il disturbo che ti procuro." Mentre parlava aprì il sacchetto e tirò fuori due banane, una per me e una per lei. Era seduta sul bordo del letto, proprio di fronte a me. Parlava e mangiava con naturalezza. "Come fai a restare in casa tutto il giorno, senza mai uscire? Non stai cercando un lavoro?" chiese.

“L’ho cercato continuamente, ma non l’ho ancora trovato.”

“Hai degli amici?”

“Li ho. Però, dopo aver perso il mio lavoro, hanno smesso di cercarmi.” 

“Stai studiando?”

“Ho frequentato per qualche anno una scuola straniera.”

“Da dove vieni? Perché non torni nella tua città natale?”

All’improvviso, tutte quelle domande mi costrinsero a riflettere sulla mia miseria. 

Era da un anno che vivevo in uno stato di depressione costante. Stavo così male che, a dispetto del mio istinto di sopravvivenza, avevo imparato a non pensare a quello che stavo facendo e alla condizione disperata in cui mi trovavo. Vivevo alla giornata, eliminando ogni pensiero sul futuro. Le sue parole mi avevano risvegliato dal mio stato di apatia mentale e tutte le circostanze delle mie difficoltà mi tornarono alla mente. La guardai, incapace di dire una parola. 

Vedendo la mia espressione, dovette pensare che non ero altro che un vagabondo, senza una casa a cui tornare. 

“Oh allora sei come me?” esclamò, con gli occhi pieni di solitudine. Dopo un leggero sospiro tacque. Notando che era sul punto di scoppiare in lacrime, cambiai argomento. 

“Che lavoro fai?” le chiesi. 

“Lavoro in una fabbrica di sigarette.”

“Quante ore lavori al giorno?”

“Ho un turno di dieci ore. Dalle sette di mattina alle sei di sera. Con una pausa per il pranzo di un’ora a mezzogiorno. Se chiedo del tempo libero me lo tolgono dallo stipendio.”

“Quanto guadagni?”

“Trenta centesimi all’ora, cioè nove dollari al mese.”

“E quanto spendi per il cibo?”

“Quattro dollari al mese.”

“Quindi se lavori ogni giorno puoi guadagnare cinque dollari al mese. È abbastanza per pagare l’affitto e i vestiti?”

“Naturalmente no. Odio quella fabbrica. La paga è bassa e il caporeparto è una persona orribile. Fumi?”

“Sì, fumo.”

“Credo dovresti smettere, è una pessima abitudine. Ma se proprio tu volessi continuare, per favore non comprare le sigarette che produce la mia fabbrica. La odio.”

Notando un lampo di rabbia sul suo viso, non dissi nulla. Mangiai in silenzio la mia banana e mi guardai in giro. Dopo pochi minuti mi alzai, la ringraziai e tornai nella mia stanza. Il suo lavoro era così massacrante che, tornando a casa, andava direttamente a dormire. Quella sera, però, non spense la luce fino a mezzanotte. Il giorno dopo riprese i suoi modi riservati e non mi parlò. Durante la nostra conversazione mi aveva raccontato molte cose di sé. Il suo nome era Chen Ermei.  Veniva dalla parte est di Suzhou, ma era cresciuta nella periferia rurale di Shangai. Suo padre, che lavorava con lei nella stessa fabbrica di sigarette, era morto nel precedente autunno. Ora era sola e affittava la camera per conto proprio. Per più di un mese, dopo la morte del padre, piangeva ogni giorno, sia andando che tornando dalla fabbrica. Aveva diciassette anni e non aveva né fratelli, né parenti stretti. Del funerale si era occupato il padrone di casa, a cui il padre aveva lasciato quindici dollari proprio per quello, quando era ancora vivo. 

“Il vecchio che vive al piano di sotto è un buon uomo, è sempre stato gentile con me, non come il capoturno che, appena ha saputo che mio padre era morto, ha iniziato a tormentarmi.”

Sapevo quasi ogni cosa di suo padre, ma non aveva mai parlato di sua madre, non sapevo dove fosse o cosa le fosse accaduto. 


III


Iniziai a sentire l’arrivo della nuova stagione. L’aria, nella mia scura e piccola stanza tagliata fuori dal resto del mondo, stava diventando soffocante e insopportabilmente calda: era come vivere in un cesto per la cottura a vapore. Ogni anno, nel passaggio di stagione dalla primavera all’estate, i miei nervi diventavano più fragili e il cambio di temperatura sembrava portarmi alla follia. Cercando di alleviare il mio malessere, iniziai a uscire tardi di notte, quando non c’era quasi nessuno per le strade. Mentre percorrevo la città senza meta, scrutando il cielo di un blu profondo trapuntato di stelle, lasciavo che i miei pensieri vagassero liberamente. Assaporando la brezza serale della primavera, che dava forza e sollievo al mio corpo stremato, camminavo per ore, finché non si apriva la luce di un nuovo giorno.

Quando tornavo a casa ero così sfinito che mi addormentavo di colpo. A volte dormivo fino al tardo pomeriggio, quando mi svegliava il rumore dei passi di Ermei sulla scala. Grazie all’attività fisica e al sonno prolungato, la mia salute migliorò rapidamente. Mi ritornò anche l’appetito, come effetto delle lunghe passeggiate. Quando passavo le giornate seduto nella mia stanza, il mio stomaco riusciva a digerire solo un pezzo di pane. Ora, però, quella stessa porzione, non bastava più a saziarmi. Dovevo comprarne di più. Benché questo pesasse ulteriormente sulle mie finanze già precarie, un’alimentazione più sostanziosa ebbe il positivo effetto di calmare i miei nervi. 

Grazie al mio stile di vita più salutare, trovai la forza di tradurre alcuni racconti di Edgar Allan Poe, prima di andare a dormire. Dopo averli rivisti e limati finché non mi sentii perfettamente soddisfatto del risultato, li mandai a un editore, sperando di ricevere una risposta. Trascorsi alcuni giorni senza una risposta, poi me ne dimenticai del tutto. Non avevo quasi più contatti con Ermei. Quando lei andava al lavoro, al mattino, io stavo ancora dormendo. Se accadeva che ci incrociassimo per caso, non ci parlavamo. Notai, anzi, che i suoi occhi si riempivano di disprezzo e di diffidenza. Ogni traccia di familiarità o fiducia sembrava svanita. Non sapevo perché fosse cambiata in modo tanto improvviso. 

Un pomeriggio, circa venti giorni dopo, se ricordo bene, essermi trasferito a Dengtuo Road, avevo appena acceso una candela e stavo leggendo un racconto quando Ermei rientrò di corsa: 

“Un postino ti sta cercando con una lettera.” disse con un tono freddo e arrogante che mi infastidì. 

“Di cosa stai parlando?” risposi seccamente, “non può essere per me!”

Quando sentì la mia risposta sgarbata, mi guardò con un sorriso amaro e un’espressione trionfante comparve sul suo viso. 

“Vai a vedere tu stesso!” disse, “È affar tuo, tu sei l’unico che ne sa qualcosa.”

All’improvviso udii una voce proveniente dall’esterno: “Una raccomandata!”

Aveva ragione, dopo tutto. 

Quando scesi in strada e aprii la busta, non potevo credere ai miei occhi: c’era un assegno di cinque dollari e una nota che mi informava che una delle mie traduzioni era stata pubblicata in una rivista. Ero fuori di me dalla gioia. Non solo non dovevo più preoccuparmi di pagare l’affitto alla fine del mese, ma potevo comprare del cibo per diversi giorni. Quei cinque dollari erano davvero una benedizione per me. 

Il giorno dopo, andai all’ufficio postale con l’assegno per ritirare i soldi. Mentre camminavo lungo la strada inondata dalla luce brillante del sole, improvvisamente mi resi conto che il mio corpo era bagnato di sudore. Quando gettavo un’occhiata ai passanti ben vestiti, istintivamente abbassavo la testa per la vergogna. 

La nuca e la fronte erano completamente bagnate. Gocce di sudore cadevano una dopo l’altra sul lastricato, come pioggia. 

Poiché di solito uscivo di notte, quando l’aria era fredda e difficilmente incontravo qualcuno, non mi ero accorto di quanto la mia giacca logora, di cotone imbottito, fosse inadatta per quella stagione. 

Ora, essendo circondato da una immensa folla sotto il caldo bruciante del sole mattutino, mi sentivo così a disagio da desiderare di diventare invisibile. In un attimo dimenticai tutto sull’affitto e sul cibo. Come se una forza esterna mi guidasse, mi diressi a un negozio di abiti di seconda mano in Zha Road. I pedoni innumerevoli, le auto e i risciò, i bei corpi di uomini e donne, i negozi di seta e di gioielli, la merce sontuosa, il suono assordante di passi e voci, come in un alveare gigante, i campanelli delle biciclette, tutto quel trambusto incessante ebbe su di me, che da tempo non vedevo la città alla luce del giorno, un effetto tanto potente che mi parve di ascendere in estasi al trentaseiesimo cielo del Daoismo. 

Il mio io si fuse con la felicità dei miei connazionali e spontaneamente mi misi a cantare una canzone nel dialetto di Pechino. Mentre stavo per attraversare la strada e svoltare in Zha Road, allimprovviso fui strappato al mio nirvana dal suono stridulo di un campanello. Alzai lo sguardo e vidi un tram che mi sorpassò con un fragore metallico. Il conducente si sporse dal finestrino e iniziò a insultarmi: Tu, testa di maiale! Cosa c’è di sbagliato nei tuoi occhi? Se ti investono e cadi, spero che arrivino dei cani rabbiosi a mangiarti!”

Rimasi lì, confuso e incapace di muovere le gambe, guardando il tram mentre si allontanava, sferragliando in una nuvola di polvere. All’improvviso scoppiai in una risata. Quando notai che la gente mi stava fissando, arrossii, abbassai lo sguardo in silenzio e procedetti verso Zha Road. 

Visitai diversi negozi di seconda mano, cercando una camicia leggera, in stile cinese. Ma quando dicevo ai negozianti quanto potevo spendere, mi prendevano in giro.

“Ma guarda che bel tipo!” dicevano. “Se non te lo puoi permettere, non andare e non chiedere.”

Alla fine mi resi conto che dovevo rinunciare, così comprai una camicia economica, in filato di bambù. La indossai immediatamente. 

“Non importa,” dissi a me stesso. “Poiché l’ho comprata, me la posso mettere come e quando voglio.”

Dopo aver fatto una doccia in un bagno pubblico e aver comprato qualche dolce, tornai a Dengtuo Road. Il sole stava tramontando e dall’interno dei negozi filtrava la luce delle lampadine elettriche. In strada c’era sempre meno gente. La brezza fresca della sera soffiava dal fiume Huangpu, facendomi rabbrividire. Quando arrivai a casa, accesi la candela e feci luce verso la camera di Ermei. Sembrava che non fosse ancora rientrata. Benché fossi affamato, non toccai i dolci, perché volevo dividerli con Ermei. Iniziai a leggere un libro mentre l’aspettavo. Mi veniva l’acquolina in bocca e lo stomaco brontolava. Dopo qualche tempo, vinto dalla fatica e dalla stanchezza, caddi in un sonno profondo. 


IV


Quando Ermei ritornò a casa mi svegliai di soprassalto. A quell’ora la piccola candela si era ormai consumata fino in fondo. 

“Che ore sono?” chiesi. 

“Dovrebbero essere le dieci passate.”

“Come mai sei tornata così tardi questa sera?”

“Avevamo un ordine straordinario di vendita, e abbiamo dovuto fare degli straordinari. Ho guadagnato qualcosa in più, ma ora sono completamente esausta.”

“Potevi dire di no.”

“Non c’erano abbastanza operai disponibili. Non avevo scelta.”

All’improvviso gli occhi le si riempirono di lacrime che le scesero sulle guance. Pensai che la stanchezza l’avesse resa emotiva. Provai pietà di lei, ma, allo stesso tempo, la sua ingenuità infantile suscitò in me un sentimento confuso di felicità. Aprii il piccolo sacchetto di dolci e le offrii un pezzo di cioccolata. 

“Il tuo corpo non è abituato a lavorare fino a quest’ora,” dissi, “ma non preoccuparti. Riposati bene e ti sentirai meglio.”

Senza dire una parola, si sedette sulla pila più alta dei libri. Mentre mangiava mi guardava come se stesse per dire qualcosa. 

“A cosa stai pensando?” le chiesi. 

Dopo un momento di silenzio, disse con tono esitante. 

“Io… io avrei voluto chiederti…Ultimamente, sei uscito ogni sera. Stai…stai facendo qualcosa di male?”

Rimasi spiazzato. Sembrava credere che fossi diventato un criminale. Vedendo che reagivo in modo confuso e non replicavo, doveva aver pensato di aver ragione. 

“Come fai a mangiare questi dolci deliziosi e a indossare dei bei vestiti?” mormorò. “Sai bene che non può continuare per sempre. Se qualcuno ti scoprisse, pensi davvero che riusciresti a guardarti allo specchio senza vergognarti? Quello che hai fatto non si può cambiare, ma per favore, non farlo più…”

Rimasi a fissarla con gli occhi spalancati, troppo sbalordito per poter parlare. 

Dopo una breve pausa lei riprese: 

“È la stessa cosa per il fumo. Se smettessi, potresti risparmiare un po’ di soldi ogni giorno. Ti ho già consigliato di non comprarle, specialmente quelle che produciamo nella mia fabbrica, ma tu non mi hai ascoltato.”

Quando finì di parlare, scoppiò di nuovo a piangere. Sapevo che piangeva perché odiava la sua fabbrica, ma, nonostante cercassi di allontanare simili pensieri, sperai, nel profondo, che stesse piangendo per il mio bene. 

Le lasciai qualche momento per calmarsi, poi le spiegai che la raccomandata, ricevuta due giorni prima, era il pagamento per una traduzione che avevo fatto. Ne avevo usato una parte per comprarmi una nuova camicia e del cibo. Per quanto riguardava invece la mia abitudine di uscire di notte, semplicemente mi piaceva camminare, per esercitare il corpo e calmarmi. E le assicurai di non aver mai fatto nulla di malvagio. 

Dopo avermi ascoltato iniziò a fidarsi nuovamente di me. Arrossì all’improvviso e abbassò lo sguardo con imbarazzo. 

“Oh, mi dispiace. Sono stata ingiusta nei tuoi confronti…” disse. 

“Non era mia intenzione, trattarti in quel modo. È solo che il tuo comportamento era strano e ho pensato che tu avessi fatto qualcosa di male. Sono contenta che tu abbia lavorato tanto duramente. Quella cosa di cui parlavi, com’era che la chiamavi? Beh, è una gran cosa. Se tu potessi farne una ogni giorno, non sarebbe meraviglioso?” 

Che ragazza innocente! Una strana emozione nacque nel mio cuore e per un attimo desiderai abbracciarla. Ma la voce della ragione mi trattenne, dicendo: “Non rovinare tutto! Viste le presenti circostanze, perché dovresti ferire questa ragazza sincera. In questo momento, non sei nella posizione di poter amare qualcuno.”

Mentre queste emozioni inondarono la mia anima, chiusi gli occhi per un istante, cercando la forza per liberarmi da quell’impulso. Quando la mente si fu rasserenata, le sorrisi e le dissi: 

“È molto tardi. Devi andare a dormire. Domani devi lavorare. Farò come dici e ti prometto che da domani non fumerò più.”

Si alzò, mi augurò la buona notte e si ritirò nella sua camera. Il suo viso era illuminato da un sorriso di gioia. Quando se ne fu andata, accesi una candela, la posai nel candeliere e mi sedetti. 

“Ho già speso più di tre dollari, dei cinque guadagnati con il mio duro lavoro,” riflettevo. “Dopo aver pagato l’affitto, mi resteranno solo due o tre quarti di dollaro. Potrei tentare di vendere la mia giacca imbottita di cotone, ma temo che nessuno comprerebbe quella vecchia roba. Quella ragazza ha avuto una vita dura, ma in questo momento la mia lo è ancora di più. A lei non piace il suo lavoro. Io non ho neppure un lavoro da odiare. Potrei fare un lavoro manuale. Ma il mio corpo è troppo debole. Riuscirei a spingere un risciò per tutto il giorno?

Dovrei suicidarmi? Se avessi avuto il coraggio, l’avrei già fatto da tanto tempo. Il fatto che ancora pensi al suicidio, significa che la mia ambizione non è interamente scomparsa. Quel conducente oggi… Cosa aveva detto? Qualcosa sui cani che mi avrebbero sbranato…”

Per quanto mi sforzassi di pensare, non mi veniva in mente nessuna soluzione per salvare me stesso dal mio stato di miseria. 

Una sirena a vapore fischiò da una fabbrica lontana, annunciando la fine del turno di lavoro. Doveva essere quella delle dieci di sera. Mi alzai e indossai la mia vecchia giacca imbottita, spensi la candela e uscii per una passeggiata. 

Sulle strade del quartiere povero non c’era nemmeno l’ombra di una persona. Vicino a Dengtuo Road, di fronte a Rixinli, c’era una fila di costruzioni in stile occidentale,  dalle cui finestre tremolavano luci elettriche di un rosso pallido. Un suono di balalaiche, proveniente dalle case, si ripeteva come un’eco nell’aria limpida della notte. Ragazze russe, che vagavano da un lavoro all’altro racimolando a fatica di che vivere a Shanghai, cantavano malinconiche canzoni della loro patria. Il cielo nero, vasto e malinconico, era coperto da uno strato sottile di nuvole grigie, dietro le quali pulsava lo splendore offuscato delle stelle lontane.


15.07.1923