venerdì 13 giugno 2025

Turritopsis nutricula

di Subhaga Gaetano Failla


E so’ turnato e mo, comm’a  ’na vota, 

cantammo ’nzieme lu mutivo antico


Salvatore Di Giacomo, Era de maggio





Un azzurroverde vibra ovunque. Vibro con l’aria sottile e densa del tramonto. Cerco un varco tra le case del lungomare, la spiaggia e il mare sono a due passi. Bambini ridono in un cortile, fanno le smorfie verso di me, un bambino corre nel corridoio del cortile aperto alla brezza salmastra, il suo viso ovale spunta incollato in un’apertura del recinto. Fa una smorfia a occhi spalancati e bocca storta al mio passaggio. Lo sorprendo, facendo anch’io d’improvviso una faccia buffa. Lui ride, io rido. 

“Signore, dove vai?” dice alle mie spalle, mentre mi allontano sulla spiaggia.

“A passeggiare. Ciao.”

Ah, che giornata. Si cammina bene, più leggeri, in un lunghissimo sabato di maggio, nella sera interminabile. Sei ragazze, non belle non brutte, qualcuna con qualche chilo in più, tutte aeree come l’aria del tramonto, tutte profumate di alghe e di sale, parlano forte, ondeggiano come le onde lievi della battigia, Louis Armstrong canta con voce di pane Moon River facendo fremere le consonanti, mentre l’aria della sera vicina palpita ovunque, e la tromba di Armstrong ci porta chissà dove.

“Una foto, per favore?” mi chiede una di loro. Ha una camicetta chiara svolazzante e pantaloni neri. 

“Sì”, rispondo anche con la testa e un sorriso. 

Come sospinte da una folata di vento che solleva d’un tratto un piccolo mulinello di sabbia, oscillano, si sperdono, e poi si ricompongono in un unico corpo, tutte e sei, in posa per la foto. Ma nessuna di loro mi ha dato un telefonino. E allora mimo con le mani una macchina fotografica. Chiudo l’occhio destro per l’inquadratura e con l’indice faccio click su un inesistente pulsante. Le ragazze ridono, volteggiando, rido anch’io. Infine ricevo un telefonino per le foto.

“Grazie!”

“Sono venute bene?”

“Sì sì! Grazie!”

“Prego.”

Le sei ragazze hanno vent’anni o poco più. Si sperdono, saltellano sulla spiaggia, sono leggerissime e fanno lo stesso percorso nella mia direzione, davanti a me. Camminano con la mia cadenza, mi precedono di qualche metro.  Le loro ombre si intrecciano lunghe il doppio della loro altezza, sono lunghissimi fusi grigi di telai.   

L’impiastro del sole rosso si sfalda in strisce di pozze d’acquerello sull’orizzonte marino,  albe vischiose di Turner si mischiano col tramonto di questo maggio nel Tirreno toscano. 

Le ragazze camminano davanti a me, le ombre si allungano sempre di più, l’indaco comincia ad apparire insieme all’ardesia, forse qualche violino e una tromba suonano tra le dune sabbiose e sui fiori carnosi germogliati al limite della spiaggia, verso le piastrelle del lungomare. 

Le ragazze hanno ora trent’anni, oppure no, hanno già quaranta o cinquant’anni, il balzo felino è adesso di leonesse caute, torpide, attente. Un altro fuoco le guida, una brace nascosta. Poi sono grandi lumache di cent’anni che contemplano l’orizzonte che si sfalda nel chiarore del firmamento boreale. Infine osservo le meduse immortali, Turritopsis nutricula, disfarsi sulla sabbia buia della  battigia.

Più in là, quasi sull’onda di risacca, sorge una luce e una musica, e un odore di cibo. Un gruppo di vecchi rockettari suona su un piccolo palco di uno stabilimento balneare. Ai tavolini sparsi intorno cenano persone di una certa età che parlano a bassa voce. Alcune indossano vecchi giubbotti da motociclista. È una iniziativa di qualche associazione di auto e moto d’epoca che ha organizzato una serata speciale. Musica anni Sessanta e Settanta e le coppie ballano pezzi lenti che fanno sorridere. Applaudo ogni tanto unendomi ai pochi languidi applausi del pubblico.

Torno verso casa. Nel buio della spiaggia distinguo appena sei bambine. Avranno forse tre o quattro anni. Saltellano a piedi nudi sulla sabbia e nell’acqua della riva. 


   

    

domenica 25 maggio 2025

Sorella d’inchiostro a Rimini 28 maggio 2025

 



Sorella d’inchiostro

23 racconti per Kaha Mohamed Aden

a cura di Gabriella Ghermandi, Kossi Komla-Ebri, Itala Vivan

(Aiep Editore, 2025)

Presentazione del libro

Museo della Città di Rimini, Sala degli Arazzi, via Luigi Tonini, 1

Mercoledì 28 maggio, ore 17:30

Ingresso libero fino a esaurimento posti

Saranno presenti:

Itala Vivan, curatrice del libro

Kossi Komla-Ebri, curatore del libro 

martedì 13 maggio 2025

“La vicenda si svolge con la leggerezza della profondità”

Cristiana Veneri, Uomo di Mondo, Rimini, Fara 2025, pp. 64 € 12,00

recensione di Maria Lenti


Un romanzo. Un romanzo-apologo: breve, un personaggio e il suo contorno necessario, la vita che lo ferma, la sua vita ritrovata. Adamo e il mondo, un uomo di (e del) mondo, appunto.

E questo Un uomo di Mondo dell’esordiente Cristiana Veneri, finalista al premio Narrapoetando dell’editore Fara, costretto a fermarsi per un incidente imprevisto, sorprende subito per la corda tesa dalle parole e dal ritmo narrativo in cui Adamo ricomincia, immobilizzato, a vivere. Il che significa guardare l’intorno, accorgersi della natura, dei possibili disastri, degli scorni in cui il genere umano può precipitare per insipienza e superficialità, per esosità del vivere, per insufficienza del sentire creaturale e per insensibile suo agire i giorni.

La vicenda si svolge con la leggerezza della profondità, con il pensiero uscente dalle circostanze e situazioni vissute o aggirate, uscente dal consapevole e necessario strato e andamento linguistico.

Tanto più, allora, sia sostenuto questo primo libro dell’urbinate trentenne Cristiana Veneri nel panorama odierno della letteratura in prosa, nel quale si registrano non di rado romanzi tratti da cronache personali, rivissute ma senza una elaborazione culturale o storica, tanto che a chiusura del libro svaniscono anche le emozioni eventuali scaturite dal tessuto della narrazione. 

In Un uomo di mondo il protagonista – non a caso novello Adamo – è  portato, quasi condotto con mano, a rendersi conto del contesto in cui vive. Non è solo la vita (questa nostra entità concreta e astratta) a fermarlo per rimettersi dall’incidente (o dal sogno di un incidente?), ma è la vita concreta a condurlo a riflettere sul vivere degli uomini ormai quasi dimentichi della necessità di conservare nel migliore dei modi e quindi di non distruggere questo vivere e il suo contenitore (mondo, terra). Il quale ha in sé il passato il presente e il futuro dell’umanità e del suo tesoro, naturale e storico, individuale e collettivo. 

Una implicazione anche religiosa? Probabile. Io, lettrice peraltro divertita dalle peripezie di Adamo e dei suoi coprotagonisti, increduli o innocenti, coscienti o smemorati, mi sono incantata su un Adamo e compagni che scoprono la possibilità e il senso (interiore ed esteriore) fondati anche (e forse prima di ogni ragione) sull’etica di salvare questo mondo e tutti noi in esso.

giovedì 8 maggio 2025

Un percorso letterario “che si apre su paesaggi inaspettati”

recensione di Natascia Ancarani


Ho appena terminato la lettura della raccolta di saggi letterari Le stanze della quiete di Valerio Ragazzini, pubblicata da Editrice Clinamen (2025). Già il titolo ci trasporta in una dimensione fuori luogo, lontano dal movimento incessante tipico del nostro tempo, sospinti da uno scopo all'altro, proprio come accade nelle scuole, dove la campanella scandisce il tempo e impone un passaggio veloce da un argomento all’altro. 

In un mondo simile, dove trovare il tempo per una lettura profonda e silenziosa? Quelle letture indimenticabili che da giovani studenti consumavamo nella calura estiva, quando tutto si abbandonava al sonno e noi, invece, vegliavamo, presi dal desiderio di conoscere, perdendoci nei quattro volumi di Guerra e pace? Ed è proprio questo silenzio, questa distanza dal mondo, che il libro di Ragazzini evoca, restituendo alla letteratura la sua dimensione più autentica.

Ma c’è molto di più in questo libro. Il cammino, attraverso gli autori citati, italiani e stranieri, assomiglia a un sentiero di montagna, tortuoso e poco segnato, che si apre su paesaggi inaspettati. La scelta degli scrittori non sembra casuale. L’autore sceglie figure libere e devianti, in un un mondo sempre più uniforme e pronto a cancellarne l’esempio.

Il momento che stiamo attraversando è fra i più difficili, e nel libro non mancano parole di allarme sui pericoli che incombono.

«Non è un mistero che il nostro tempo sia un tempo di decadenza; elencare le nefandezze a cui siamo abituati, declamare lo squallore in cui siamo scesi, non servirebbe a nulla. (…) Di schiavitù è meglio tacere, vista la piega che ha preso la nostra vita, assoggettata al lavoro e ai ritmi del consumismo.»

Il nostro tempo è lo stesso di Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, dove la scomparsa della letteratura non è avvenuta, in un primo momento, per decreto o legge, ma per abbandono graduale, mentre le persone si lasciavano assorbire dalla tecnologia - televisiva e non -  e “dall’unico motivo che ormai ossessiona l'uomo moderno: la ricerca ossessiva della felicità.”

Sono “tempi da catacombe, dove la letteratura se ne sta ben nascosta fra le spoglie dei propri cari estinti” eppure, ricorda Ragazzini, proprio “nelle catacombe si preparava un futuro.”

Dagli autori citati, spesso poco frequentati e lontani dalle luci del successo, ci giungono parole di illuminazione, forse proprio perché sono cari estinti e  il tempo che ci separa da loro ci aiuta a riflettere.

Il loro esempio ci indica una via da percorrere e ci prepara a un esodo che sembra necessario per salvare noi stessi e la letteratura. Questi autori sanno sempre individuare esperienze capaci di aprire crepe e far emergere differenze irriducibili, anche nelle più costrittive e uniformanti condizioni.

Ecco allora Andrej Platonov, uno dei tanti “ingegneri di anime” spediti da Stalin, “a visitare le grandi opere d’ingegneria al fine di cantarne la magnificenza”. Il protagonista parte con l’idea di portare la felicità socialista in mezzo ai popoli del Turkmenistan, ma descrive poi, nel racconto Džan, un popolo che, sottraendosi alla felicità imposta dal comunismo sovietico “si trascina nel deserto in cerca dell’oblio” e sceglie “un destino che mal si sposa con la determinazione del Potere, abituato a scavare canali per deviare il corso dei fiumi.”

Ecco allora Solženicyn, che, accolto nel cuore dell’Occidente, ne denunci la crisi profonda: la perdita della vita interiore nella corsa per la costruzione di un paradiso materiale: “No, non potrei raccomandare la vostra società come ideale per la trasformazione della nostra (…) il sistema occidentale, nel suo attuale stato di esaurimento spirituale, non presenta per noi alcuna attrattiva.”

Ecco Tonino Guerra “uno scrittore  sopraffatto dalla sua stessa fantasia.”

Ecco Milan Nápravník che vuole allontanarsi dai “luoghi che hanno perso la capacità di accogliere miracoli” per “dirigersi verso luoghi desolati e sconosciuti, dove, in nessuna circostanza, è possibile costruire vasti, resistenti e praticabili percorsi di monotona avidità.”

Ecco l’esodo disperato di Tommaso Landolfi, che nel racconto Cancroregina abbandona un mondo deprimente su una navicella impazzita, che dovrebbe raggiungere la luna, ma si perde, in modo pessimistico, “in un eterno vagabondare nello spazio profondo.”

Solo per citare alcune delle straordinarie suggestioni di lettura che il libro offre, in un linguaggio sobrio, ma sempre preciso e profondo, talvolta poetico, come deve essere un esempio di buona letteratura.

Significativa infine l’attenzione riservata alla letteratura russa, un interesse tanto più encomiabile di fronte agli episodi di russofobia irragionevole, come quello che ha colpito l’insegnamento di Dostojevskij all’Università Bicocca. Si dimentica, infatti, che proprio fra i letterati russi troviamo esempi luminosi di resistenza al potere ufficiale, come Bulgakov e Pasternak, solo per citare i più famosi.  Autori che hanno coltivato nel silenzio delle proprie stanze, con devozione, costanza e coraggio, la propria scrittura.

Di Valerio Ragazzini ricordo in particolare:

Quella linea lunga e blu – Gli scrittori romagnoli e il mare (White Line, 2018)

L’uomo era una bella idea (Fara, 2019)

La veglia dei corpi (Tracce e Ombre, 2023)

Per ulteriori informazioni: valerioragazzini.com

















martedì 6 maggio 2025

Ah, il tempo

di Subhaga Gaetano Failla


                                                         E fu ad un passo

da te la confidenza col silenzio.

Non l’udisti il tempo ladro entrare


Battista Trapuzzano, Giorni d’indizi

                                                                    


   Eravamo nati nello stesso anno, Mimmo aveva soltanto qualche mese in più di me. Lui è morto in un non remoto luglio. All’alba di quell’estate mediterranea Mimmo aveva visto sorgere il sole dal mare, in una spiaggia solitaria dello Ionio. Il mio amico Mimmo. Negli anni, e ne sono trascorsi tanti da un primo incontro tra i banchi di scuola, siamo sempre rimasti in contatto. Distanze di luoghi e di scelte non ci hanno mai separato.

   Adesso che per lui il tempo si è fermato, chissà se siamo ancora coetanei. È un pensiero inutile  che mi è venuto in mente in questa primavera. Una bizzarria. Al computer dove scrivo, ascolto Louis Armstrong.

   Ah, il tempo. Settembre del 1971. Il nostro primo viaggio per conto nostro, io e Mimmo. Non avevo ancora 16 anni. Dalla Calabria raggiungemmo in treno Roma dove mia sorella frequentava l’università. Una improvvisa libertà ci travolse. Niente genitori, niente ore precisamente previste per il rientro a casa, i pasti, il sonno, lo studio. Spalancavamo gli occhi davanti alle ragazze che indossavano striminziti pantaloncini di moda, era l’esordio scandaloso degli hot pants nelle grandi città. Talvolta Mimmo veniva scambiato per un turista straniero. Si rivolgevano a lui in inglese e noi due non capivamo granché, col nostro povero inglese mai parlato al di fuori di un’aula scolastica. Ci addormentavamo sul bus che di notte ci portava in periferia, su un colle, dopo una intera giornata trascorsa in giro per Roma. E rischiavamo di perdere la fermata per Monte Antenne, nel luogo del nostro campeggio. 

   Già allora, nei miei spostamenti, mi faceva compagnia un libro. Nel viaggio a Roma avevo nello zaino Le due facce del tempo di Robert Silverberg. Un romanzo di fantascienza che parlava di viaggi nello spazio percorsi a una velocità prossima a quella della luce. Nell’avventura narrata da Silverberg scoprii il cosiddetto “paradosso dei gemelli”. Se un gemello rimane sulla Terra e l’altro viaggia su una astronave alla velocità prossima a quella della luce, al ritorno sulla Terra l’astronauta troverà suo fratello più vecchio di lui. 

   Già, il tempo. Da quel settembre trascorse meno di un anno. Il tempo tornò a Roma nel 1972. La statua della Pietà sparì momentaneamente e riapparve nel marzo del 1973, rinata ma imprigionata nel tempo. “Non fatta di marmo da mano mortale ma discesa divinamente dal Paradiso” scrisse il letterato Benedetto Varchi in occasione dell’orazione funebre in onore di Michelangelo.

   

   Vidi la Pietà a San Pietro nel 1970, quando giunsi per la prima volta a Roma, accompagnato da mio padre in una sorta di rito di iniziazione. La seconda volta fu con Mimmo, varcata ormai la “linea d’ombra” che mi divideva dall’infanzia. 

   Fino al 1971 si poteva contemplare la Pietà da pochi metri, senza alcuna reale separazione fisica o ostacolo alla visione. C’era soltanto una piccola balaustra che indicava gentilmente il confine tra il profano e il sacro. Nelle due visite, rimasi a contemplare la Pietà dissolto nello spazio indicibile non corrotto dal tempo. Di recente mi sono reso conto di una specie di ulteriore “paradosso dei gemelli” rappresentato da quella statua sublime. La Madonna ha l’età di una ragazzina, forse non supera i 15 anni, mentre il figlio morto, il Cristo deposto tra le sue braccia, ne ha 33.  

   In un giorno di primavera del 1972, un  giovane uomo scavalcò facilmente la balaustra e colpì per 15 volte, con un martello da geologo, la statua della Madonna. Le frantumò il naso, le spezzò l’avambraccio sinistro, danneggiò un occhio e parte della guancia. Dopo l’arduo restauro, nella primavera del 1973 la Pietà fu di nuovo visibile, posta nello stesso spazio di San Pietro. Venne però rinchiusa nella gabbia di un vetro antiproiettile. Era giunto il verme del tempo. 

   Negli anni, sono tornato centinaia di volte a Roma. Oltrepassare l’ingresso della chiesa di San Pietro e giungere nello spazio riservato alla Pietà sembra adesso una impresa da percorso bellico, talmente tanti sono i controlli a cui vengono sottoposti i visitatori. Ricordo quando con Mimmo entravamo in chiesa dalla porta centrale, senza controlli e file estenuanti. L’unica attenzione era rivolta agli abiti indossati dai visitatori, che dovevano essere consoni al luogo sacro. Potevamo contemplare l’opera di Michelangelo senza il filtro di una lastra di vetro.

   Forse l’aggressione alla Pietà ha sancito simbolicamente la fine del periodo di pace a Roma, che perdurava dalla conclusione dei massacri della Seconda Guerra Mondiale. Da allora sono progressivamente aumentati la vigilanza poliziesca e militare e i relativi divieti, ovunque, in ogni zona della città e della vita pubblica. E il mondo sembra adesso in soporosa attesa di una catastrofe bellica globale. La caduta nell’abisso del tempo. 

   Nel 2025, all’inizio di aprile, l’esercito tedesco, per la prima volta dopo il 1945, ha schierato le proprie truppe armate al di fuori dei limiti nazionali, vicino al confine della Bielorussia, preparandosi a un potenziale conflitto nei prossimi anni.

   Mi incammino ogni giorno su un sentiero tortuoso tra oscurità e luce. E ritrovo ancora la Pietà, nell’ineffabile spaziotempo che non ha né inizio né fine.

venerdì 2 maggio 2025

Complimenti a Lidiia Astapenko per il Premio Lingua Ospitale!

From: Lingua Ospitale Premio (video) <premiolinguaospitale@gmail.com>
Sent: Tuesday, June 3, 2025 6:56 PM
To: Lidiia Astapenko
Subject: Re: Partecipazione alla premiazione del 7 giugno
 
Inviamo i link Facebook e Instagram dell’evento, con la descrizione dettagliata, da condividere e divulgare:






Per la sua traduzione de Il boia di Brescia,  Lidiia Astapenko ha vinto il Premio Speciale della Giuria per la traduzione letteraria dalle lingue dell’Unione Europea. Complimenti vivissimi!

mercoledì 30 aprile 2025

Vita con Ofelia a Medicina 30 maggio 2025

Giovanna Passigato presenta, dialogando con Caterina Cavina, Vita con Ofelia, micro-racconti “filosofici”  di grande ed esilarante armonia con il mondo dei gatti.

Venerdì 30 maggio 2025, ore 21:00

Biblioteca Comunale di Medicina



sabato 19 aprile 2025

SPAZIARTI ALLA GROTTA ROSSA – 8 GIUGNO 2025 dalle ore 17:00






































Spaziarti alla Grotta Rossa un momento in cui artisti (professionisti e non) potranno condividere la propria arte, dialogando liberamente con altri partecipanti in un contesto festoso e informale. 

La partecipazione è aperta anche al pubblico, che potrà incontrare gli artisti e conoscere le loro opere. 

Se vuoi partecipare come artista a questo evento, ecco qualche informazione in più: 

L’evento avrà luogo domenica 8 giugno 2025 presso lo spazio d’incontro “Cose belle”, dietro la chiesa della Resurrezione, in via della Gazzella 60 a Rimini; 

La partecipazione è totalmente gratuita e su base volontaria (non sarà richiesto un contributo di iscrizione e non sarà corrisposto un rimborso spese o altro indennizzo); 

Per le esibizioni performative (es. musica, teatro, poesia, danza etc.) saranno disponibili microfoni e illuminazione in punti di esibizione esterni; 

● Altre attrezzatura (es. strumenti musicali, scenografie etc.) dovranno essere portati direttamente dagli artisti; 

Sono disponibili anche spazi interni in cui poter esporre opere visive (es. quadri, sculture, fotografie etc.). 


Ogni artista avrà circa 8 minuti per esibirsi o presentare la sua opera. Nel dopocena potrebbe esserci la possibilità di una seconda esibizione, in base alle tempistiche. Maggiori indicazioni verranno fornite in seguito. Ti aspettiamo!


Per questioni organizzative, ti chiediamo di inviare la tua candidatura entro il 31 maggio 2025 all’indirizzo email spinanelfianco.rimini@gmail.com allegando il modulo qui sotto compilato e firmato:




Nome e cognome …………………………………………… 

Nome d’arte (se presente) …………………………………………… 

Data di nascita …………………………………………… 

Email …………………………………………… 

Numero di cellulare/whatsapp …………………………………………… 

Eventuale profilo artistico (sito o canali social) …………………………………………… 

Devi esporre opere all’interno? Sì No  

Per conoscerti meglio, ti chiediamo di inserire di seguito qualche riga sul tuo percorso artistico focalizzato sulle tappe che ritieni più rilevanti: 

Indica brevemente che tipo di esibizione o esposizione vuoi proporre, eventualmente allegando un foto di una tua opera d’arte, se figurativa. 

Compilando questo modulo accetti le modalità qui presentate e dichiari che non utilizzerai opere terze, di essere l’unico autore dell’opera o performance che metterai in scena e conferisci agli organizzatori il consenso al trattamento dei tuoi dati personali ai fini dell’organizzazione dell’evento ai sensi del GDPR – Regolamento UE n. 679/2016 e della legge 108/18, con l’ausilio di strumenti sia cartacei che informatici. 

Se sei interessato anche all’apericena ti chiediamo di prenotarti inviando un messaggio Whatsapp ad Anita 328 093 8389.

 

Data e luogo 


Firma