martedì 9 agosto 2022

L’orante


A chi si sente ferito


Un’infanzia dolorosa, la sua. Povero ragazzo! Non sarà mai felice! Detto questo, si alzò, porse la mano, diede uno sguardo verso la sedia vuota, lì, accanto, e uscì. Fuori, il sole era assai luminoso, più del solito, alto sull’orizzonte, confuso dentro un celeste quasi bianco. Si sarebbe detto che per guardarlo, dritto negli occhi, sarebbe stato sufficiente mettere una mano davanti, ma, ovviamente, non era così, non poteva essere così. Quindi, attraversò la piccola piazza – un vero respiro per il palazzo di vecchi mattoni – e si diresse verso la chiesa che molto l’adornava con il suo volto decorato da marmi in fiore e da statue, immobili e ormai grigie. Entrò, immerse le dita nell’acquasantiera, dove un angelo sorrideva, e con passo cadenzato dal battere del bastone sul pavimento, giunse davanti all’altare dove santi e sante volavano e danzavano in cerchio e nel mezzo una Madonna incoronata e orante. Belle le mani sottili! Sedette, pesantemente, sul banco che cigolò come per lamentarsi. Avrebbe voluto inginocchiarsi, ma le gambe non risposero al suo lontano comando. Allora, piegò il petto e il capo sino a porre la fronte in preghiera. Il silenzio, attorno, era… profondissimo, e i pensieri che vennero, uno dietro l’altro, si accavallarono al trotto e al galoppo. Li lasciò correre. Poi, le mani tremanti ad accogliere la stanca fronte e le labbra vibranti nel sussurrare, preghiere, forse.


Quella postura divenne comoda, tanto che… ah, che ricordi, che sospiri, che turbamenti! Vennero immagini di luoghi e volti e voci confuse, non comprensibili, e vide chiaramente sottratti al passato remoto i colori pastello delle stanze dove, bambino, vagava, tra libri e quadri, spesso solo e muto. Vennero ricordi di parole rotte da un ceffone o da una porta sbattuta o da una porcellana infranta. E perciò, la preghiera, mormorata, divenne pianto e calde, salmastre, lacrime caddero sui piedi. Non riuscì a trattenerle, li lasciò sgorgare, e vide sé stesso, bambino, nel giardino della grande casa di campagna, nascosto dietro l’intreccio delle rose, singhiozzare e dire sottovoce parole o, forse, i versi dell’ultima poesia imparata a memoria o, nel nascondimento, scritta a lume di candela. Sentì, allora, il desiderio di alzare lo sguardo verso l’ultima Salute, ma gli occhi, grandi e arrossati, caddero dentro quelli, belli e gloriosi, della Donna in maestà. Non distolse lo sguardo da quella beatitudine e come quando, bambino, la mano nella calda mano della nonna, cantava: Ave Maria…, coì incominciò: Ave Maria… Vennero, improvvise, le ore dodici e le campane e tutta l’infanzia dolorosa di un povero ragazzo chiuso dentro un labirinto di mattoni e di libri. Non si alzò, ma restò seduto con la viva speranza di entrare presto nel cerchio del sole e della luna. 

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