Sul libro di Francesco Di Sibio
Recensione di Subhaga Gaetano Failla
I racconti di questa nuova opera di Francesco Di Sibio sono riuniti nella scansione ritmica di un titolo per ogni mese dell’anno. E la prima osservazione riguarda proprio il ritmo e l’attenzione che l’autore rivolge alla cadenza musicale di ciascuna storia e alle risonanze tra i vari testi. Gli incipit, lo sviluppo della trama, le diversioni, il ritorno all’elemento centrale, i finali calibrati frutto di un lievissimo scarto di senso, di un capovolgimento, d’un paradosso o di una sospensione, e l’equilibrio dell’intera struttura della raccolta lasciano nel lettore il gusto della compiutezza estetica.
Le dodici storie ruotano attorno a un fondamentale nucleo d’attrazione: il paese di Frigento, in provincia di Avellino, il quale diventa un microcosmo universalizzante, reale e al contempo, in quanto entità letteraria, immaginario. A lettura ultimata, verrebbe il desiderio di andare a Frigento, per visitare le strade, la piazza, le case e incontrare le persone che lì vivono o le tracce lasciate da una multiforme umanità: l’uomo che vuole diventare attore, il vecchio che celebra in ospedale il suo compleanno, il ricordo di un antico pittore, i giocatori di una memorabile partita di calcio, l’aspirante scrittore, ecc. Ma non potremmo mai arrivare nella Frigento di questi racconti, irraggiungibile come la linea dell’orizzonte, e in ciò sta l’ineffabile bellezza di tutti i luoghi letterari.
Le storie di Cosa vuoi che sia un anno hanno il fascino della originaria narrazione orale, del ricordo condiviso di fatti avvenuti nella comunità di appartenenza, divenendo in tal modo perdurante patrimonio collettivo. Francesco Di Sibio racconta vicende dove il confine tra ordinario e straordinario svanisce, come negli occhi di un bambino che guarda la luna, un fatto semplicissimo e comune, una magia. Nel racconto di settembre, intitolato Il concorso letterario, uno dei testi più delicati della raccolta, il protagonista afferma: “La quotidianità stupisce sempre, nessuno spenderebbe un euro per guadagnarsi la quotidianità.”
Lo sguardo dell’autore ha questa qualità, trovare nella semplicità l’essenza miracolosa, il sapore della tenerezza, senza mai forzare i toni della scrittura con l’enfasi o il sarcasmo, e rivelando con compassione la comicità e il nonsense dell’esistenza umana.
Tra le righe le evocazioni letterarie sono numerose, ben mimetizzate e assorbite armoniosamente dal testo. Le mie associazioni mentali mi portano a considerare questa pregevole opera di Francesco Di Sibio come un importante contributo al rinnovamento del solco tracciato, tra Novecento e nuovo secolo, da Soldati e Chiara, da Vitali e Francesco Piccolo. E in tale slancio l’Autore si avvia verso l’apertura di ulteriori itinerari artistici.
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