mercoledì 4 dicembre 2019

Un bagno di luce per attraversare il buio


Luigi Maria Epicoco, Qualcuno a cui guardare, Città Nuova, ottobre 2019

recensione di AR



Questo libro è un utilissimo ed empatico compagno di viaggio. Luigi Maria Epicoco si dimostra, nonostante la giovane età, un’autentica guida spirituale: si mette in gioco con semplicità dimostrando di avere una grande capacità di ascolto di sé stesso e di chi a lui si rivolge. I consigli che dà sanno di vissuto, sono concreti e mostrano una profonda e assimilata conoscenza delle Scritture. Il linguaggio è piacevole, coinvolgente, chiaro, scorrevole e sa arrivare al dunque. Dopo la breve Premessa e il Prologo (o del perché mutare prospettiva può cambiar tutta la storia), abbiamo 7 (il numero della completezza) capitoli che indicano un cammino che ci aiuta a fare della nostra debolezza la “materia” che può dare energia allo Spirito (se ci apriamo alla relazione con Lui perché: “Solo lo Spirito rendo possibile la vivibilità di qu ello che abbiamo incontrato, capito, sperimentato.”, p. 138): I. Debolezza (o del perché Dio forma testimoni a partire dal loro scarto e non dai loro talenti); II. Croce (o del perché il Signore ci salva attraverso la nostra debolezza); III. Verità (o del perché senza di essa l’Amore e la testimonianza non hanno spina dorsale); IV. Accompagnare (o del perché un cieco non può guidare un altro cieco); V. Relazioni (o del perché è difficile salvarci senza amici); VI. Ferialità (o del perché le cose normali sono le migliori per farsi santi); Lo Spirito (o del perché senza la Sua forza non possiamo andare lontano).
Le pagine di Qualcuno a cui guardare sono diffusamente costellate di preziose “dritte”; qui di seguito ne proponiamo pochissimi esempi: “Dovremmo cominciare a provare una grande compassione per quello che ci abita.” (p. 17); “Il Signore non se ne fa nulla dei nostri limiti, della nostra debolezza. Non li guarda giustificandoli, ma ci dice che lì c’è un’opportunità per noi. E che ciò che ci prepara davvero a fare quello a cui siamo chiamati, è nascosto nell’esperienza di quella debolezza e di quei limiti.” (p. 39); “Dobbiamo lottare fino allo stremo contro il peccato, ma quando non ci riusciamo, quando sbagliamo e cadiamo nel fallimento, non dobbiamo vergognarci di offrire anche quel fallimento, perché è un’umiliazione, è una conformazione alla Croce.” (p. 61); “Essere lontani da Dio non significa non aver fede, significa non aver cambiato il nostro modo di pensare.” (p. 73); “Quando una persona serba la Parola, senza che se ne accorga, essa comincia a fermentargli dentro, perché è una parola viva, umile, una parola che gradualmente ci cambia, cambia il nostro modo di pensare e di ragionare.” (p. 79); “Il Signore è imprevedibile. Solo il male è prevedibile, perché è ripetitivo, fa sempre le stesse cose.” (p. 92); “L’amicizia è un modo attraverso cui ci viene detto: «Tu devi rimanere te stesso, ma, allo stesso modo, devi diventare molto di più». Marta, alla fine della storia, è più Marta, e Maria è più Maria, e Lazzaro è più Lazzaro.” (p. 117, qui mi pare di sentire anche un’eco del magis ignaziano).

È un testo veramente prezioso per tutti coloro che desiderano essere cristiani più consapevoli e avere relazioni migliori con sé stessi e con gli altri, per chi aspira a una vita più autentica, più aperta al dialogo e all’incontro, più attenta al valore di ogni nostra scelta (anche piccola) e a quanto di prezioso e unico è possibile trovare in ogni accadimento (anche doloroso), in ogni relazione (anche complessa e difficile), in ogni situazione di vita. È soprattutto un grande inno alla misericordia del Padre: “La vita spirituale è una profonda riconciliazione con il realismo, con quello che siamo, con la nostra imperfezione, perché è la dichiarazione dell’amore di Dio che ama esattamente la nostra imperfezione, la nostra zona d’ombra, la nostra ruga, la nostra stortura. La sua dichiarazione d’amore. la sua misericordia è che Lui non ci dice semplicemente: «Io amo te», ma «Ti amo nella tua miseria» (p. 98).

Una misericordia storicamente incarnata/donata nel Figlio e sempre presente nel soffio incontenibile dello Spirito anche attraverso testimoni (spesso fondamentali per indicarci la nostra verità che da soli non possiamo “vedere” dato che è come tatuata sulla nostra nuca e ha bisogno di uno sguardo altro, cfr. p. 101), guide che ci possono aiutare a sentirlo vicino, anzi pulsante nel nostro nucleo più intimo e vero. E se ci apriamo a questa profondissima relazione, anche noi potremo diventare testimoni, ovvero servi inutili ma preziosi perché siamo chiamati alla santità del battesimo che ci trasfigura in umili pellegrini del Regno: “La testimonianza, infatti, è solo un battesimo che funziona. La teologia la chiama santità. (…) I testimoni sono la parola profetica che Dio continua a pronunciare nella notte del mondo. (…) Ed è proprio grazie a loro che riusciamo a non maledire la notte, ma ad attraversarla sapendo che non siamo in viaggio verso il nulla, ma verso un Padre.” (dal Breve epilogo, p. 150).

PS Il titolo di questa recensione è ispirato a quanto l’autore dice sulla Trasfigurazione a p. 110.

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