martedì 18 luglio 2017

Franca a Marco: Con il titolo in coda

Dopo aver letto il suo libro Con il titolo in coda, Fara Editore

http://www.faraeditore.it/html/neumi/contitolocoda.html



in quei giorni di Fonte, tra tanti personaggi, più o meno conosciuti, all’inizio ti ho perso di vista, anche se spesso notavo le tue battute, il tuo intervenire a “mente calda” agli interventi degli altri; il bisogno di esternare la tua inquietudine, girandoti e muovendoti sulla sedia.
Subito ho pensato fosse una specie di disagio, la sofferenza di dover stare seduto a lungo, di dover concentrare l’attenzione sulle parole che venivano dette; poi ho capito che è il tuo modo di fare, di essere. Sei una persona che “vive”, non ti lasci vivere e hai bisogno di essere “presente” al momento, di viverlo appieno, partecipando con la mente e con il corpo.
Credo che i simili si attraggano e forse, più vecchia di te, pensavo che spesso anch’io ho avuto il bisogno di affermare la mia presenza, chiacchierando, interrompendo, commentando. Ora questo mi succede meno, forse l’età ci rende più parchi, anche di parole e di gesti.
Il sabato mattina, con l’idea di cambiare posizione per cercare di evitare un torcicollo, mi è capitato di sedermi dietro di te.
La mia concentrazione sugli interventi è andata a farsi benedire. La tua agitazione, il movimento continuo delle braccia, mi distraevano e spesso non vedevo nemmeno chi parlava.
Nella mattinata la mia irritazione è arrivata al punto di tentare un approccio e chiederti di “smetterla!”.
Ma ho imparato da tempo cos’è la pazienza e mi sono limitata ai giudizi tra me e me, rivelatisi poi tutti sbagliati.
Brutta bestia il giudizio, ancora non ho imparato, ma in quei tre giorni, sul tema del perdono, ho ridimensionato il mio caratteraccio e sto piano piano imparando.
Nel pomeriggio, invece di irritarmi e giudicare, ho cominciato ad osservare i movimenti delle tue braccia e ho capito che erano dovuti ad un disagio fisico, forse ad un malessere legato alla “cervicale”, una specie di malattia che va tanto di moda, ma che è la conseguenza di stili di vita e di tensioni che non sappiamo scaricare.
Tu, come medico, ero sicura che avevi già provato tutto. Voi medici siete bravi anche a fare di voi stessi delle cavie, perciò non pensavo che avessi bisogno di un medico o di un consiglio naturopatico.
Però sentivo il bisogno di mettere le mie mani sul tuo collo, avevo la certezza, dentro di me, che avrei potuto darti sollievo. Così azzardai un contatto.
Non so quanto tu sia stato sincero con me, ma l’aver contribuito ad un tuo piccolo benessere, è stato premiato con il tuo libro, e ti ringrazio molto, perché ho avuto una splendida sorpresa!
“Sei un ingenuo perché ti fidi ciecamente del primo pensiero che ti si crea nella mente, della prima immagine che ti viene suggerita, della rappresentazione immediata che ti fai del mondo” queste tue parole, dalla premessa del libro, mi hanno fatto pensare che il primo approccio con te sia stato proprio come tu l’hai descritto.
Però, nonostante sia davvero un’ingenua, mi lascio trasportare dall’intuito, spesso molto femminile, inoltre non temo di dover cambiare opinione, anzi, la cambio e chiedo anche scusa se ho pensato male.
Una frase successiva: “Sei un ingenuo perché non ti accorgi che, il più delle volte, guardi senza vedere e ascolti senza sentire” ribalta tutto il mio pensiero precedente.
In questo caso sono più orientata al sentire dello Spirito, dell’Angelo che suggerisce e spesso per “sentire” chiudo gli occhi; dunque non sono ingenua?
Che bello che ci siano tante diversità nelle creature terrene, nell’uomo e nella donna, come ci è stato suggerito giustamente di dire.
Mi rammarica il pensiero che ci siano ancora tante persone che vogliono unificare, standardizzare, irreggimentare tutti per detenere un potere temporale che avrà necessariamente una fine. Perché molti non hanno ancora capito che l’unica certezza che abbiamo nella vita è che dovremo morire.
Essere e non “avere”, credo che questo sia un po’ il tuo ritornello e in questo mi riconosco anch’io.
Che dire poi di tutte quelle scenette che leggevo e che immaginavo, salvo poi la tua “sentenza” finale, il punto di vista che lasciava una parentesi aperta.
Più procedevo nella lettura e più entravo nella tua ottica e ho gustato il tuo libro da cima a fondo, anche se talvolta avrei voluto chiederti qualche spiegazione.
Confido di incontrarti il prossimo anno a Fonte, a meno che tu non abbia occasione di venire dalle mie parti, nel qual caso ti prego vivamente di avvisarmi, ti vedrò molto volentieri!
Complimenti e buona vita!


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