mercoledì 27 gennaio 2021

Il mistero di Monte Guastanella e la tomba del re Minosse

articolo pubblicato ne Le vie dei tesori

Nell’Agrigentino, tra Santa Elisabetta, Raffadali e Sant’Angelo Muxaro, c’è una montagna ricca di ambienti rupestri, che alcuni studi ritengono essere il luogo dove morì il sovrano cretese

di Beniamino Biondi

 

“Il Monte Guastanella è un enigma”. Sono parole granitiche e lapidarie – che quasi accertano la verità di una verità impossibile – di Paolo Orsi, l’eminente archeologo roveretano la cui “vita austera, d’una semplicità francescana, che rifuggiva dagli onori e da ogni teatrale popolarità, gli ha permesso di operare in silenzio in luoghi disagiati”. E così è stato, in effetti, al tempo in cui Orsi, pioniere nell’individuazione dei rapporti della Sikania con le civiltà egee, si recò nel territorio di Agrigento per alcune esplorazioni insieme al conte Umberto Zanotti Bianco e al principe Ruffo della Scaletta.

Già nel 1901 l’archeologo aveva rilevato, nella zona di Sant’Angelo Muxaro e delle campagne vicine, i primi indizi ed evidenze dei suoi studi. Intuizioni, verrebbe da dire, forme nobilissime di epifania dell’intelligenza, calate alle tracce materiali degli scavi. A rimanere enigmatico, però, secondo le parole del taccuino vergate il 28 maggio 1931, è il Monte Guastanella, in territorio di Sant’Elisabetta, vero genius loci di una più ampia zona che da Raffadali conduce a Sant’Angelo Muxaro.

Monte Guastanella visto da Raffadali

È quasi irriferibile, se non addirittura monca, la storia di queste zone se mai si dovesse prescindere dalla Guastanella; e del resto sarebbe impossibile, perché questa montagna, con la sua forma di cuspide magmatica, irregolare ma ferma, scenografia fatale di un intero paesaggio – che non è solo storico, ma di più culturale – su cui torreggia nobile e perentoria. In anni più recenti, la studiosa di archeologia Rosamaria Rita Lombardo riporta alla luce una ricca documentazione orsiana inedita, con il rinvenimento fortuito di alcune rare foto degli anni ’30 che ritraggono il sito di Monte Guastanella, a corredo di un articolo comparso sulla rivista “Le Vie d’Italia” nel 1932.

Panorama dal Monte Guastanella

L’estensore del pezzo, che lo firma con lo pseudonimo di “Viator”, è proprio Paolo Orsi, e così nella Lombardo si fa sempre più forte un’ipotesi archeologica di grande fascino, irrobustita dal ritrovamento accidentale di un materiale tanto prezioso per lo studio, nel solco delle intuizioni di Orsi sulla straordinaria ricchezza archeologica preistorica nascosta in questo territorio dominato dal Monte Guastanella. Rosamaria Rita Lombardo, insomma, secondo le sue ricerche, ritiene che la dedalica città di Camico, di cui narrano le fonti classiche, e la stessa tomba del re cretese Minosse, ucciso – secondo il racconto di Diodoro Siculo – in una vasca da bagno in Sicilia mentre era ospite nella rocca del re sicano Cocalo, siano entrambe identificabili con il suggestivo insediamento agrigentino del Monte Guastanella, sinora ritenuto di esclusiva matrice araba.

Santa Elisabetta

L’autrice fa diretto riferimento alle sue “consistenti e incessanti ricerche condotte al riguardo in questi ultimi anni su tale sito, un superbo santuario-sepolcro di vetta di verosimile matrice minoico-micenea, per molti anni negletto e quasi sconosciuto”, grazie alle quali si è giunti a un convegno per la candidatura Unesco del sito sul quale il compianto professore Sebastiano Tusa avrebbe voluto effettuare un sopralluogo per verificare la possibilità di un’azione di scavi. L’infelice saga di Minosse avrebbe forse potuto assumere un destino meno opaco; e però, proprio la mitologizzazione del re, divenuto giudice degli inferi, se da un lato rende incerta la verificazione storica, dall’altro la assume come affascinante e sostanziata non solo sulla funzione dell’intelligenza, ma sul principio – creativo, non già arbitrario – dell’intuizione, che secondo il filosofo Henri Bergson è “la simpatia per la quale ci trasportiamo all’interno di un oggetto”.

Monte Guastanella (foto Ignazio Catalano)

Rosamaria Rita Lombardo è partita dalle testimonianze di molti autori antichi – tra i quali Erodoto, Aristotele e Strabone – che riferiscono della morte violenta di Minosse in Sicilia, riconoscendo piena veridicità storica ai miti antichi e alla loro tradizione orale, segnalando a suo favore la memoria in dialetto siciliano che così recita: “Lu re Mini – Minosse è drivucato intra la muntagna di Guastanedda. È tuttu chinu d’oru e quannu lu scoprinu iddu addiventa un crastu d’oro e unu av’arriminari”. Ad avvalorare ancora di più la sua tesi, l’autrice ha consultato anche fonti antiche minori effettuando di seguito un’indagine topografica, toponomastica e idrografica sul territorio in questione, i cui risultati ha pubblicato nel volume “L’ultima dimora del re. Una millenaria narrazione siciliana ‘svela’ la tomba di Minosse”.

Quale che sia la verità, che pur sempre rimane un enigma, il monte Guastanella è lì che offre un paesaggio stupendo che volge dall’entroterra alla costa mediterranea, con i suoi 350 gradini che portano fino alla prima terrazza da dove – su uno stretto percorso sterrato – si arriva alla sommità, con gli ambienti rupestri della cima e il camerone del castello, usato dai musulmani come lungo di deportazione (vi fu imprigionato anche il vescovo di Agrigento Ursone), e soprattutto con la sua pietra bianca e vetrosa di gesso che riluce in un caleidoscopio di natura, fra suggestioni della storia e ritrovamento di sé.

(La prima foto grande in alto è di Ignazio Catalano)

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