giovedì 9 luglio 2020

Incontri come lampi improvvisi

Sul romanzo di Subhaga Gaetano Failla
Il sogno di Opale (Ensemble 2020)


           

Recensione di Pietro Criaco

Gli zingari del vento attraversano le pianure e le città in autostop, a piedi, in treno, in autobus, con l’energia degli anni che imbrigliano i sogni in un eterno presente. Opale è il centro del mondo e lì si consumano le vite di giovani rivoluzionari che arrivano da ogni parte. Opale è il fiume e i compagni sono le correnti che cambiano percorso con movimenti improvvisi e improbabili ritorni. Opale, luogo della memoria, campo incolto dove il vento sferza le cime, dove i giovani sentono la responsabilità della missione da compiere, ansanti, come se fossero un corpo solo, sperimentano la sofferenza di vivere, l’annebbiamento dei sensi, lo stupore della sconfitta e infine, la missione inconclusa. La Rivoluzione aveva svoltato l’angolo all’improvviso e nell’allungare la mano, nel pugno rimaneva un alito leggero, come una calda pioggia d’estate. Il sogno di Opale è una meditazione su ciò che siamo, oggi come ieri, quando “il cibo sembrava una necessità del tutto secondaria, solo acqua e qualche mela”. Quello che colpisce è la precarietà dell’esistenza, gli incontri come lampi improvvisi, personaggi che vanno e vengono, che avanzano a piedi nudi, indifesi, idealisti, pieni di ansie e paure primordiali. A Opale, l’amore è sussurrato, rapito in mille voci, l’amore avventura che lascia l’odore sulla pelle, l’amore inneggiante a una rivoluzione che concede, per una volta, un viaggio di sola andata. Le ragazze animano questa storia con le loro traversie esistenziali fatte di sogni onirici, incontri casuali, viaggi senza una meta prefissata, “per contrastare una società senza vita, antierotica, che ci schiaccia e ci rinchiude in un carcere da noi stesso creato”. Opale è un comizio a più voci, con le bandiere che spuntano dai finestrini, la paura della libertà, dormire sotto le stelle, accorgersi che i sogni arrivavano in ritardo, fumare per attenuare l’ansia del presente, l’odore di sandalo che arrivava forte alle narici, la vertigine, la vita da conquistare metro dopo metro.
L’impianto narrativo di questo romanzo ha il merito indiscutibile di farci riflettere su quegli anni dinamici e veloci come ali di farfalle. Un libro che si legge a occhi chiusi, perché parla di amore e rivoluzione, di vita attaccata al finestrino che non va via neanche quando hai asciugato tutto il fiato. Un viaggio a ritroso alla ricerca dell’isola di Robinson, dove l’amore e il sangue si lavano al fiume dell’ideale. Gaetano Failla, magnificamente scrive: “l’estate di Opale fu piena di magie, e mille e mille esseri danzanti, volanti, striscianti, invisibili o visibili solo agli occhi dei bambini…”. Opale siamo noi.

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