lunedì 16 marzo 2020

La forma del Tempo

Sul romanzo di Subhaga Gaetano Failla
Il sogno di Opale (Ensemble 2020)

Recensione di Maria Antonietta Adamo e Enzo Pellegrino (autore di Come ombra d’amore La cadenza dell’inganno)






Opale è il dagherrotipo dell’esperienza narrata in questo libro dal medesimo titolo.
La pietra trasparente che contiene l’iridescenza dei colori: una esplosione di vulcano o anche un abisso di costellazioni. Comunque colori che la luce corteggia ma non riesce  ad imbrigliare.
Sono queste le infinite sfaccettature delle emozioni, descritte con un linguaggio musicale tra baluginii di paesaggi che accarezzano l’anima.
E opalescente è la figura di Gesualdo, il protagonista, che narra l’esperienza dei suoi vent’anni, contaminata nel decennio settantasettino, vissuta con fresca ingenuità e  stupore ma anche con il desiderio ed il coraggio di specchiarsi nel volto degli altri per ritrovarsi nella miriade di sfaccettature e ambiguità. 
È un racconto corale di una medesima solitudine che si esorcizza nell’urgenza di vivere esperienze di vita  inseguiti da un Tempo inesorabile, per cui si rende impellente consumare emozioni, sgretolare istituzioni ancestrali, sacrificare individualità in nome d’un sentire comune e, a volte, persino di un conforme anticonformismo, vanificare l’intimità della coppia in nome del sesso libero, insomma travalicare il limite ad ogni costo in nome della libertà.Riti al termine della notte ma senza un viaggio della coscienza in una promiscuità che allontani la paura di trovarsi faccia a faccia con sé stessi. E come dice il protagonista: “si brucia l’esperienza perché non si conosce ancora il segreto della brace e il suo tepore”.
Gesualdo appartiene a questa stagione e la vive in tutte le sue contraddizioni ma conserva la trasparenza dello stupore portandosi dietro il suo bagaglio di dubbi, incertezze ed illusioni.
Abbandona all’alba la dimora natale, furtivamente, dando la sensazione di volervi lasciare la sua ombra. Quella che va incontro alla prima luce del giorno è una figura evanescente, chiusa nella propria interiorità come una  creatura aerea di giacomettiana memoria, e le sue dita intrecciano nell’aria un filo di seta, invisibile collegamento al mondo che sta per  lasciare ma che non desidera recidere.
E mano a mano che la storia si dipana, poeticamente ed icasticamente torneranno incursioni frastagliate nella sua infanzia, ricordi come sassi in trasparenza lungo il trascorrere d’un fiume, frammenti della sua anima errabonda…  E, paradossalmente, in una delle pagine di più alta espressività poetica, si risolve nella tenerezza di un’immagine infantile la tragedia dell’eroina: una danza di fragili corpi smarriti che cercano gocce d’amore per placare l’arsura del sentimento.
Altrettanto fragili e smarrite sono le tante figure di ragazze, ognuna irrisolta nel suo affascinante turbamento.
Attraverso alcune di queste fanciulle Gesualdo ama l’amore, ma lascia che ogni storia si interrompa nel respiro del vento e le ragazze svaniscono come la donna misteriosa che scompare all’orizzonte nel rumore lieve della risacca.
È un rapsodo Gesualdo che ricuce tracce d’una ricerca sottotraccia, senza rimpianti ma con il desiderio di incontrare infiniti orizzonti.

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