giovedì 12 marzo 2020

I prosatori vincenti del Narrapoetando 2020

giurati (che ringraziamo sentitamente per la passione e la competenza) della sezione Narrativa/saggio (v. anche i risultati della sezione Poesia) del concorso Narrapoetando 2020 hanno proclamato vincitori

1° class.

La señora Laura e altri racconti di Laura Primon (Marostica, VI)


Laura Primon ha scritto molto per bambini e ragazzi in prosa, poesia e teatro.Il premio più caro il “Città di Marostica” dedicato alla letteratura per l’infanzia. Nel 2010 ha pubblicato il libro di racconti Mi concede questo ballo? Quindici ritratti di donne ballerine della vita. Nel 2014 un libro di filastrocche Il diritto di essere bambini per i 25 anni della Carta dei diritti dei bambini. Nel 2018 il libro epistolare Di lassù ti scrivo storia del Tenente osservatore Alberto Pascal. Ha collaborato con molti artisti pubblicando delle interpretazioni poetiche nei loro cataloghi. La poesia e la narrativa sono lo specchio attraverso il quale ama guardare il riflesso del reale.

“Tanti auguri a te, tanti auguri a te… felicidades, felicidades…”. Scivolo dall’italiano allo spagnolo come una pattinatrice sul ghiaccio. Sono due lingue musicali e ritmiche. Lo spagnolo mi accelera i battiti del cuore, m’è entrato nel sangue.” Tanti auguri , felicidades…” Abbiamo acceso le  candele, anche se sono solo le tre del pomeriggio, per creare atmosfera. Qualcuno ha proposto di chiudere le imposte per l’effetto notte. La giornata fuori è grigia e pesante, ma dentro l’aria frizza d’allegria. Carlos così minuto e agile non sa tenere i piedi fermi, sembra sempre sul punto d’iniziare un ballo. Si muove con eleganza per la stanza, dà gli ultimi tocchi ai vestiti delle bambine  rigorosamente rossi, blu e gialli, tutti svolazzi e arricciature. Nancy controlla la tavola sulla quale sono disposti in bell’ordine arroz y pollo, queso, galletas saladas, vegetales, postre, fruta… Il profumo di caffè satura l’aria. Lo respiro a pieni polmoni, mi va direttamente al cervello. Clara, la mia incredibile , amatissima amica Clara, ha indossato i suoi jeans migliori e una camicetta bianca. Le braccia brune e sode fanno un piacevole contrasto con il nitore della camicetta che le sta tesa sul seno. Porta ai piedi sandali bassi di corda e corre su e giù dalla cucina alla sala di ritrovo con le altre donne per portare in tavola gli ultimi piatti di dolci. Tutte le donne del Nido del gufo hanno partecipato alla preparazione della cena. Beh, non so se definirla cena o pranzo, dato che l’ora è un po’ insolita per entrambe. (…)



«La fluidità del materiale narrato, scava un solco di attesa verso il finale, che sorprende in tutti i racconti. Ci si sente come fatalmente attratti verso e contro quella tappa come in una discesa ripida che si scontra con la fine del tutto e invoglia a tornare indietro per assaporare tutti i centimetri di quella corsa. La scrittura, costruita con sapienza, è anche il tema di fondo di ciascun racconto, rappresentata dal "libro" (o dai libri), quasi sempre protagonista. Sono descritti bene il disincanto rispetto alle speranze, le difficoltà a perseguire inclinazioni e sogni delle età acerbe o dell'ottimismo, l'amarezza della conclusione comunque mai troppo disperata.» (Lucia Papaleo)

«Uno stile semplice essenziale profondo e intimo, ironico e malinconico al contempo.» (David Aguzzi)

«Quella di questi racconti è una penna molto sciolta, dotata di una grande capacità di movimento e di metamorfosi, pronta a coevolvere assieme ai sentimenti dei quali scrive e che genera nel cuore dei suoi personaggi. Personaggi che ci pare di vedere davanti a noi nel momento in cui leggiamo dei loro dialoghi, delle loro relazioni profonde, ma anche dei loro più intimi pensieri. Certo, la protagonista di Señora Laura, complice la significativa energia narrativa di questo primo racconto, tende un po’ a rubare la scena e rimane particolarmente impressa nella memoria del lettore con le sue considerazioni su innamoramenti e gelosie come su vicinanze e distanze, ma è pur vero che il livello di scrittura si mantiene di ottimo livello anche nelle pagine a seguire. Assistiamo così a un ben congegnato incontro epistolare che sullo sfondo ha le “ziette Rosa e Clara”; all’incontro di due figure femminili, forzato dal fatto che l’ascensore si è bloccato; a due gustose telefonate con finale a sorpresa (Ikea e V-Fone) e così via, sempre grazie a una buona dose di intelligente e fine ironia.» (Giuseppe Moscati)

«Ben equilibrato il rapporto tra racconto di dialoghi e racconto da narrazione in prima persona. Di un certo interesse la narrazione introspettiva che ricorda certi autori che scrivono come fiumi in piena, quasi che la punteggiatura sia a volte superflua perché d'inciampo. Ne viene fuori un quadro di persona appassionata, analitica, osservatrice, che tutto le interessa e tutto registra. Occorre limare sul ritmo e sulla tensione che tenga attaccato il lettore ad una sua esigenza incalzante e senza requie.» (Angelo Leva)


2° class. ex aequo

Cerette di Massimo Parolini (Trento)


Massimo Parolini è nato a Castelfranco Veneto (Tv) il 7aprile 1967. Si è laureato in Filosofia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia Dal 1995 vive a Trento. Dal 1997 è insegnante di italiano e storia presso le scuole superiori del Trentino. Ha pubblicato: Non più martire in assenza d’ali (raccolta di poesie sulla guerra nella ex-Jugoslavia) (Editori Universitaria, Venezia, 1994), la raccolta La via cava (Lieto Colle, 2015), #(non)piove, poemetto dedicato ad una giornata di rinascita di D’Annunzio e della Duse ai giorni nostri (Lieto Colle, 2018).

IL VERBALISTA

Ogni volta che in un consiglio di classe qualche collega esordiva con frasi del tipo “C’è qualche buon elemento…” o “i soliti elementi che disturbano la maggioranza della classe” oppure “ci sono alcuni elementi che si impegnano, mentre altri non sono motivati”, lui, il professor Fiscaletti non perdeva l’occasione per rimarcare, da buon insegnante di lettere qual era, che il termine elemento-elementi si addiceva al campo della chimica o della matematica, non certo a indicare uno studente, dotato di anima “senziente ed intellettuale”. “Ci sono molti sinonimi” ribadiva “spendibili dai colleghi qualora non si voglia utilizzare il sostantivo studente, al fine di evitare facili ripetizioni: ragazzo, persona, interlocutore, discente e via dicendo”. “Posso tollerare l’uso improprio da parte dei colleghi delle materie tecniche o scientifiche” continuava “ma non dai colleghi docenti delle materie umanistiche”! “Dai nomi che l’uomo usa per qualificare il reale e il mondo dei suoi simili” procedeva “nasce una specifica visione della creazione e dell’altro inteso come altro da sé: nel caso in cui io indichi uno studente col sostantivo ‘elemento’, significa che lo considero solo come parte di un insieme, non come persona unica e irripetibile, modello non duplicabile di esistenza. Spesso, poi, molti colleghi danno una accezione nettamente negativa al termine ‘elemento’, la qual cosa è ancor più deprecabile”! (…)

«
Rappresenta la metafisica delle piccole cose, tenute insieme dalle palle pelose, che sono anche metafora dello smaltimento del superfluo o dell’esagerato. E sono anche la salvezza dei piccoli gesti eroici e delle innocue idiosincrasie, dei non sense delle storie più incredibili. Vedo quindi in questi racconti una metafora del lavoro di scrittore, che consiste nel tagliare le escrescenze, anche con violenza (come violento è lo strappo dei peli), affinché l’essenziale che rimane sia leggero mentre scivola sulle acque.» (Lucia Papaleo)

«L’autore ironico e persuasivo con ritmo serrato ci fa subito entrare in un mondo tragicomico e surreale da cui non si esce... se non a bordo di un “Cenotafio”! Tuttavia non possiamo fare a meno di notare (forse proprio messa in luce dal contesto grottesco) una componente profondamente umana e vera, presente in ogni buffo personaggio. Ed è proprio questa componente che ci provoca e ci fa affezionare alla sua vicenda come fosse nostra. Una alchimia che ho apprezzato.» (Astrid Lucchesi)

«Un dialogo nella realtà, leggero, delicato che ti lascia in sospensione pur facendoti cogliere sfumature di vissuto.» (David Aguzzi)

«Buon mix di argomenti, la sequenza dei racconti va letta tutta in un fiato perché solo così viene passato un messaggio di equilibrio tra i generi e di significato tra i messaggi ricorrenti, ripetuti, insistenti.» (Angelo Leva)


2- Cosa vuoi che sia un anno di Francesco Di Sibio (Frigento, AV)


Francesco Di Sibio, irpino, nato a Pontedera (Pi), vive a Frigento (Av). Il suo primo romanzo, Qualcosa si è rotto, è un e-book (Passerino Editore, Gaeta – 2015). Ha pubblicato Punto e virgola (Fara Editore, Rimini – 2016) una raccolta di racconti, prima classificata al concorso letterario Faraexcelsior 2016. Nel dicembre 2019 ha messo in scena come autore e regista un suo monologo Spirito e sapienza. Il canonico Marciano De Leo. Suoi testi poetici sono stati pubblicati in diverse antologie.

I riflettori inattesi

Sarebbe stato più facile vincere qualche premio considerevole alla lotteria o grattando uno dei tanti biglietti che si comprano nei bar e nelle tabaccherie. Sarebbe stato meno eclatante, però, perché avrebbe coinvolto un numero minore di persone, una o una famiglia, e un intero paese a sparlarne per qualche giorno. Invece, quello che accadde fu di una portata colossale per un piccolo paese.
Ancora non se ne conosce il motivo, rimane avvolto nella leggenda, ma un giorno di gennaio comparvero delle locandine: invitavano determinate categorie di persone, molto generiche, (in effetti si sarebbero potuti proporre tutti i quasi quattromila abitanti) a presentarsi nella data stabilita presso palazzo De Leo. La finalità era netta e sconcertante: provini per partecipare a imprecisate riprese cinematografiche. 
E quel giorno via Roma era una fiumana di gente pronta a mettere in mostra i propri talenti. Erano giunti anche dai paesi limitrofi, qualcuno addirittura da altre regioni, ma furono subito dissuasi dai responsabili del casting, i quali specificarono ulteriormente, se le locandine affisse non fossero state adeguatamente esaustive in merito, la caratteristica principale richiesta, ovvero parlare in modo fluente il dialetto del posto.
I giorni adoperati furono ben cinque. Il primo fu impegnato a stilare l’elenco di chi si era proposto, con la categoria corrispondente. (…)

«La raccolta di racconti ha almeno tre pregi che meritano di essere messi in evidenza. Innanzitutto ha un suo equilibrio, una sorta di coerenza interna che è al contempo narrativa e stilistica. Poi, entrando più nello specifico dell’andamento narrativo, non si può non apprezzare la disinvoltura con la quale l’autore si muove tra differenti registri, riuscendo a sorprendere, a far pensare, a far sorridere. La scrittura, inoltre, è fluida e a tratti avvolgente, innescando una dinamica più o meno consapevole di complicità con il lettore. Non mancano momenti lirici ed evocativi, come per esempio quello di Le conchiglie a volte ingannano, dove di legge di una bassa marea che mette in luce «porzioni di sabbia da tempo nascoste. Alcune pietre, costrette a soggiornare al di sotto della linea di galleggiamento, svettavano ben visibili ai bagnanti intenti a evitarle, pur essendo levigate, ma infide in quanto scivolose per le alghe che vi avevano trovato riparo». La sabbia insomma tende a nascondersi, le pietre soggiornano e quello che cercano le alghe è un riparo… Ma come non sottolineare anche lo spirito arguto che anima L’uomo del vento, racconto brillante e lieve?» (Giuseppe Moscati)

«Per la semplicità non artificiosa della pennellatura racconto dopo racconto di un piccolo paese, Frigento, di cui si vedono gli scorci interni che ci sono e che non ci sono più per il terremoto con gli occhi di chi ci abita nel racconto ma anche con quelli di chi scrive con amore per una terra tanto sofferta. Personaggi stratificati e naif che riflettono un mondo che non c'è e che non c'è più ma che restano più reali della realtà per la loro originalità e la ricerca di radici da fermare e fissare nero su bianco.» (Stefania Zanetti)

«Ognuno di questi racconti ha il pregio di saper creare un'attesa interessante e di tenerla costante per tutto il tempo del racconto. C’è una cadenza del racconto che potrebbe essere ripetuta all'infinito senza bisogno di concludere, anzi ogni racconto potrebbe essere concluso in maniera diversa. Infine quello che succede nel racconto è subito credibile in quanto riconoscibile come esperienza di ognuno. Quasi un’eco proustiana de La strada di Swann ("Per molto tempo, mi sono coricato presto la sera. A volte...")» (Angelo Leva)

«La delicatezza dell'omaggio al paese del ritorno e del ricordo, che non ha bisogno di un finale ad effetto ma conserva comunque una sua bellezza nello sfumare della descrizione.» (Lucia Papaleo)



3° class.

4- Corpo a corpo di Francesco Filia (Napoli)


Francesco Filia vive a Napoli, dov’è nato nel 1973. Insegna filosofia e storia in un liceo cittadino. Si interessa prevalentemente di filosofia, poesia e critica letteraria. Sue poesie e note critiche sono presenti in numerose riviste e antologie. Ha pubblicato i poemi Il margine di una città (Il Laboratorio 2008); La neve (Fara 2012, vincitore e finalista di diversi premi nazionali); La zona rossa (Il Laboratorio 2015, con prefazione di Aldo Masullo); la plaquette L’inizio rimasto (Il laboratorio 2017), le raccolte Parole per la resa (CartaCanta 2017) e L’ora stabilita (Fara 1019, prima class. al Faraexcelsior). È redattore del LITblog Poetarumsilva.

Il corpo a corpo con i versi cerca di cingere d’assedio il nucleo centrale dei testi, l’idea centrale che li incardina e pervade e da cui si irraggia la vita stessa dell’opera, della singola poesia di volta in volta presa in esame. Il corpo a corpo si concentra volutamente su un’unica poesia e, al di fuori di qualsiasi ottica decostruzionista o strutturalista, si pone in maniera appassionata e riverente, cercando di mostrarne l’insita luce e bellezza e di conseguenza la sua cifra veritativa. L’unico criterio di scelta dei testi e degli autori è stato un criterio latamente edonistico, testi che in un modo o nell’altro mi hanno causato piacere, mi hanno dato da pensare, mi hanno procurato un’emozione - amore, gioia, disperazione - nell’atto di leggerli. Niente di più e niente di meno.  Se un’idea c’è che tiene insieme il libro è quella del ritorno al testo, al di là di correnti, inquadramenti formali e ideologici, al di là di scuole artistiche, tanto più se autoproclamate, questo a maggior ragione quando ho preso in esame autori cronologicamente più vicini ai nostri giorni. (…)

«Per aver vinto la battaglia con la mia reticenza a non leggere subito nel momento i suoi testi, allarmata dalla ridondanza di spiegazioni sul suo intento così faticosamente argomentate da risultare impenetrabili ma poi mano a mano talmente ricche di significati vitali che si inanellano in spirali di risposte alle domande intime dell'essere umano e poeta. La poesia è questo sforzo di dire ogni cosa e arrivare al limite di ciò che si sottrae alla parola. La bellezza è quindi la sospensione, l’epochè, dell’ordine storico del mondo. Attraverso la bellezza la natura richiama a sé lo sguardo dell’uomo, lo richiama al suo ordine nascosto.
Perché quello che gli altri non potranno mai capire è che per ogni parola, per ogni verso, per ogni poesia che si scrive c’è un alto prezzo da pagare, l’aderire, costi quel che costi, a ciò per cui ognuno è stato chiamato. Il vuoto è la condizione di ogni cosa che l’io lirico riflette come in uno specchio. Il naufragio nel vuoto, quindi, è l’unica possibile forma di beatitudine concessa ed è questa consapevolezza che, al tempo stesso, ci desta e ci scuote nella nostra essenza, ci allarma e ci rende non pacificati se non in un leopardiano naufragio finale. Perché se la poesia è vera poesia, cioè destino dei mortali, di quegli essenti che sanno della loro fine, non può saltare fuori dalla propria ombra, non può percorrere quel millimetro che la separa dalla cosa ultima. La morte ha la parola definitiva e quella parola non potrà mai essere nostra. Infatti la vita è solo vita, che cerca di bastare a se stessa in una monolitica tautologia e, al tempo stesso, non è solo vita in quanto rimanda sempre ad altro, si sporge sempre in un oltre enigmatico e irraggiungibile. Sempre sotto la spada del giudizio, la vita dell’uomo è un radicale esser chiamato in causa. Una spada a doppio filo, uno del giudizio, l’altro della remissione, del perdono, è questa doppia terribile possibilità, del discendere o del salire a sbalzi verso il suo principio, del perdersi e del rinascere, che rende la vita quel che è, sé stessa, fedele a sé stessa. La narrativa è allegoricamente originale e carismatica.» (Stefania Zanetti)

«Di questo saggio ho apprezzato la soggettività e la libertà nel proporre testi non necessariamente legati tra loro bensì legate all’autore stesso del saggio. Infatti egli ci propone poesie che lo hanno colpito con l’intento (a parer mio riuscito) di analizzarle in maniera diretta. Saltando come ci spiega: “qualsiasi mediazione di natura ideologica, storico critica”. I brani prima analizzati strutturalmente in maniera chiara e precisa, vengono successivamente spiegati con semplicità ed anche un certo trasporto che mi ha coinvolto. L’autore mostra tutto il mondo racchiuso nel testo senza dover aggiungere nozioni superflue ma dando l’idea che gli strumenti per comprenderla fossero tutti già lì a portata.» (Astrid Lucchesi)

«Pregevole e apprezzabile scelta di poesie, l'analisi che viene offerta spacca il capello in quattro sull'umanità dell'autore e sulla metrica. Pregevole è questa tensione alla ricerca dell’autore particolare, come Cavallo da Stampa Alternativa, e subito il volo su autori straconosciuti, come Pavese e Raboni, per cui viene offerta anche l'analisi della metrica. Nel complesso è una guida istruttiva nel mondo della poesia col vezzo ricorrente di insistere sull'oblio di ogni tipo.» (Angelo Leva)

«Si tratta di una raccolta di saggi che meritano una certa considerazione, da una parte perché offrono uno spaccato della poetica italiana novecentesca di tutto rispetto e peraltro poco frequentata dalla critica ufficiale, dall’altra in quanto si presentano essi stessi come agili, gradevoli prove letterarie. Originale e vivace, tale raccolta è strutturata per far emergere temi e toni, piste di ricerca e connessioni possibili, visioni e ossessioni, senza trascurare elementi a volte sottovalutati o comunque poco riconosciuti dagli autori che hanno dato loro voce come, per esempio, quel “nucleo narcisistico e vittimistico” attraverso il quale i poeti si relazionano alla propria opera e alla percezione che di essa ne hanno i lettori.» (Giuseppe Moscati)

Altra opera votata

Attraversando terre e cieli: saggi, recensioni, ritratti di Elena Buia Rutt (Assisi, PG)



Elena Buia Rutt, classe 1971, romana, vive ad Asisi, ha scritto libri su Pier Vittorio Tondelli e Flannery O’Connor e con il marito Andrew Rutt ha tradotto lettere e saggi inediti di Flannery O’Connor, oltre a poesie scelte di Mary Oliver e Rowan Williams (ex Arcivescovo di Canterbury). Collabora alle pagine culturali di diversi quotidiani e riviste nazionali. È sposata e ha quattro figli, Miriam, Thomas, Angelica ed Emily. La sua prima raccolta di versi Ti stringo la mano mentre dormi (fuorilinea, 2012) è entrata nella terzina dei finalisti del Premio Fogazzaro, mentre la seconda Il mio cuore è un asino (2015), ha ricevuto la Menzione d’onore al Premio don Luigi Di Liegro. Fresca di stampa con Nino Aragno la raccolta La sete (2019).

Come un fiume come un sogno
pubblicato il 22 Aprile 2006 su www.bombacarta.com

Strana storia, quella di Elena Bono, scrittrice di punta, insieme a Pasolini, della scuderia Garzanti negli anni Cinquanta e Sessanta, tradotta in diversi paesi stranieri, ma pressoché sconosciuta al pubblico nostrano. Giovanni Casoli, nella sua antologia del Novecento, nel 2002 la definiva «la più grande scrittrice vivente». Ligure d’adozione, ma nata nel 1921 nel Lazio, Elena Bono ha esordito da Garzanti, come poetessa nel 1952, con I galli notturni e quattro anni dopo come narratrice con Morte di Adamo, raccolta di racconti notata da Emilio Cecchi per una violenza espressiva, attraverso cui lo scandalo del male, la via stretta della responsabilità, il salto al buio della salvezza prendevano forma sulla pagina. Temi forse giudicati all’epoca non di grande interesse e attualità dall’editore Garzanti, che restituiva a Elena Bono il manoscritto successivo, quello del romanzo Come un fiume come un sogno, pubblicato, come tutta l’opera a seguire della scrittrice, da «Le Mani», una piccola e coraggiosa casa editrice di Recco, vicino Chiavari.

«Una critica didattica ed educante che offre letture a volte diverse da quelle ufficiali scoprendo un mondo inaspettato e dando cosÏ valore inconsueto al vissuto e all'esperienza che prende così nuovo significato. I riferimenti, vari e di ampio vocabolario, sembrano legati da un unico filo conduttore della ricerca leale e senza pregiudizio. I risultati sono sorprendenti quando lontani dalla versione ufficiale. Un grande equilibrio è costituito dal genere di volta in volta trattato.» (Angelo Leva)

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