lunedì 27 maggio 2019

Il Club di Aurora - "Oblivion": tra sopra e sotto, tra dentro e fuori

Nuovo mese, nuovo romanzo... Stesse pessime condizioni atmosferiche, ma questo è un altro discorso!

Ridendo e scherzando siamo arrivati alla quinta tappa del nostro Club di Aurora, che tra l'altro è anche la penultima; a fine giugno concluderemo questa bellissima esperienza con un libro a sorpresa della nostra Aurora Stella, perciò preparatevi a qualcosa di speciale.
Oggi però ci dedichiamo a Oblivion, un'opera di pura fantascienza che, per dirla in modo molto spiccio, mi ha fatto venire tre centimetri di pelle d'oca per la drammaticità di alcune scene e di alcuni concetti. Ma prima, come sempre, un piccolo recap delle "scorse puntate": potrete trovare le recensioni di aprile su Paper Purrr, Les Fleurs Du Mal, Vivere Tra Le Righe e ovviamente qui su Narrabilando.
E adesso siamo pronti a partire all'esplorazione di questo nuovo romanzo. Se ne avete il coraggio.








La prima parola d'oro di Oblivion è sacrificio: questo termine deriva dal sostantivo latino sacrum e dal verbo facio, quindi il significato letterale è "compiere un'azione sacra"; già da questo capiamo che il senso originale del nome è diverso da quello che intendiamo di solito, perché quando si parla di sacrifici siamo abituati a pensare a scelte più o meno volontarie che comportano una rinuncia da parte di chi le compie e che sono indirizzate verso uno scopo preciso.
Ma si tratta di un accostamento metaforico, perché di base il sacrificio è un atto dovuto (a una divinità, per esempio), non causato da un bisogno specifico ma programmato per scongiurare eventuali punizioni oppure per placare l'ira di qualche forza superiore. Allo stesso modo un vero sacrificio solo in alcuni casi è volontario, mentre la maggior parte delle volte la vittima sacrificale viene designata come tale da altri. Quanto allo scopo dipende, alcuni sacrifici possono avere solo la funzione di glorificare una divinità e alcuni possono essere persino rituali, cioè si ripetono con cadenza periodica senza una precisa necessità.
Il significato che diamo solitamente alla parola è da intendere in senso lato, dal momento che rinunciare a qualcosa di importante in nome di una motivazione più alta si può considerare un'azione sacra.
Bene, vi sto dicendo tutto questo perché il nostro romanzo si apre proprio con una scena di sacrificio intesa nel senso originario del termine: anche nel mondo distopico e futuristico in cui Oblivion è ambientato permane l'idea che esistano vite più grandi e preziose (come quella del Demone che sceglie le vittime del sacrificio) e molte vite umili, trascurabili (quelle delle persone "comuni"); interessante notare anche la motivazione addotta alla necessità di operare un sacrificio: si dice infatti che esso serve a garantire il bene di tutti, tralasciando il fatto che invece è il Demone a pretenderlo. Quindi le persone comuni non solo sono potenziali vittime, ma sembrano essere le cause stesse della loro condanna. Gli uomini si devono immolare per evitare che il Demone faccia del male, ma nessuno fa presente che il Demone non dovrebbe nuocere a prescindere.
Questo particolare, che può sembrare normale in una storia di creature sovrannaturali, è invece interessante perché ci fa capire che ancora una volta Aurora Stella ci presenta una società apparentemente diversa dalla nostra ma a sua volta gravata da superstizioni e violenza gratuita. Una realtà in cui i famosi sacrifici non sono volontari e giustificati da necessità irrinunciabili può essere solo retrogada, non importa in quale anno o in quale dimensione sia collocata. La società di Oblivion non è poi così diversa da quella di Furens Lupus Sum e di Tiger Indomabilis, no?

Comunque, in questo quadretto allegro facciamo la conoscenza del nostro protagonista, il giovane Eridan: un personaggio poetico che mi ha conquistata fin dalle prime righe, un personaggio che vorrei sentire parlare in eterno per la saggezza e la forza che le sue parole infondono, anche nei momenti di maggiore sconforto. Una creatura simile non pare appartenere a un mondo come quello appena descritto, vero? E infatti in parte è vero, perché la dimensione dei Demoni non è l'unica in questo romanzo: abbiamo infatti un Aldisotto, un Aldisopra e un Aldifuori. Come si può immaginare la terra dei Demoni è l'Aldisotto, ma Eridan è originario dell'Aldisopra, una realtà profondamente legata alla natura e alla Madre Terra. Ed Eridan è proprio così: quando penso a lui mi vengono in mente orecchie in grado di ascoltare i suoni sussurrati di una foresta, mani sapienti e delicate in grado di far crescere le cose, e due polmoni desiderosi di vita. Eridan può comunicare con gli elementi naturali per ottenere il sostentamento necessario e tutto ciò che gli serve, ed ecco allora una differenza cruciale tra Aldisopra e Aldisotto: da una parte abbiamo il contatto, dall'altra il divario tra le creature e la freddezza di una tecnologia usata in modo improprio; da una parte c'è la richiesta, la preghiera, e dall'altra ci sono la pretesa e la prevaricazione. Ne consegue che da una parte ci saranno i frutti e dall'altra... Niente di buono, probabilmente.
Tuttavia mi chiedo se i due mondi siano poi così diversi: già, perché Aurora ci spiega che il luminoso Eridan è stato destinato al sacrificio e che le altre creature luminose della sua terra lo consegnano senza troppo chiasso a questa infausta sorte. Per timore del Demone? Certo, può essere. O forse perché anche nell'Aldisopra in fin dei conti vigono regole ingiuste e superstizioni? E perché i compagni di Eridan, pur essendo quasi un tutt'uno con la natura, conservano comunque un po' dell'ipocrisia e dell'indifferenza tipica di tutti i popoli?
Eridan viene abbandonato dalla sua gente perché ha osato alzare la testa e protestare contro un sistema che ritiene ingiusto, perché ha osato contraddire l'incarnazione del potere (che si può vedere in qualsiasi autorità, sia la Stregona del suo Clan o il Demone stesso). Tuttavia la pratica del sacrificio è tollerata anche nei confronti di coloro che sono ritenuti innocenti, il che forse è ancora più terribile.
Ma parliamo per un attimo del cosiddetto atto di ribellione che ha condotto Eridan alla punizione più dura: se ve lo svelassi vi rovinerei una cosa molto bella da leggere, così mi limito solo a dirvi che la reazione dell'autorità al suo affronto lascia intendere che la società del romanzo ha finito con il mettere le consuetudini al di sopra dell'istinto di sopravvivenza.
Si potrebbe mai condannare qualcuno per aver cercato di salvare se stesso o per aver protetto un altro essere umano? No, perché l'istinto di sopravvivenza è il più radicato e potente nella nostra natura. Per questo la legittima difesa è appunto legittima nei casi più disperati, e per lo stesso motivo secondo me non bisognerebbe mai criticare qualcuno che "non ha fatto l'eroe" e ha preferito salvare se stesso in una situazione di pericolo. Potremmo dire che quando le condizioni non lasciano possibilità di scelta salvaguardare la propria vita o quella di una persona amata non è un crimine, sebbene la favola dell'eroe coraggioso che ha sprezzo del pericolo sia più invitante.
Una società in cui il rispetto delle consuetudini o di qualsivoglia divinità è considerato più importante dell'istinto di sopravvivenza è in ultima analisi una società deviata e presto o tardi destinata a estinguersi. Come un animale che perde l'istinto e non è più in grado di sopravvivere da solo.
Al di là delle motivazioni morali di Eridan, peraltro assolutamente condivisibili, c'è il fatto che Eridan fa semplicemente ciò che qualsiasi individuo normale avrebbe fatto nella sua situazione. E sono gli altri, quelli che invece avrebbero accettato tutto in modo remissivo, ad avere qualcosa che non va.

Abbiamo parlato dell'Aldisopra e dell'Aldisotto, ma cosa dire dell'Aldifuori? Niente, perché negli altri due mondi non si sa nulla di questo misterioso altrove. A questo punto però la faccenda si complica ulteriormente, perché oltre ai concetti di sopra e sotto Aurora sembra introdurre anche quello di esterno e interno, ma interno a cosa? Qual è la differenza tra i mondi considerati "interni" e quello che sta al di fuori?

... E se ci fosse una terza variabile in gioco? Come la differenza tra mondi veri e mondi falsi?

Accompagnato dall'amica Nara, incontrata nell'Aldisotto (e dotata di una famiglia... Bizzarra, oserei dire) e a sua volta curiosa di scoprire la verità, il giovane Eridan si troverà sull'orlo di una verità molto più grande di quanto avesse immaginato. Ancora una volta mi tocca citare Matrix quando dico: "Resti nel paese delle Meraviglie, e vedrai quant'è profonda la tana del Bianconiglio".






Elisa Costa

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