mercoledì 14 novembre 2018

Meditazione



di Gabriele Via
Certe mattine sembra il compleanno della gioia: allora ho in animo di mangiarmi tutto l’intero mondo, tanta è l’ebbrezza e la forza scatenata dal meraviglioso prodigio della lettura, nella brama di partecipare per empatia alla stupefacente avventura della ricerca di tutte le somiglianze possibili. Il mondo è nel libro. Il libro è nel mondo. Meraviglioso è l’itinerario di questa giostra di stupore. Delle volte la parola resta indietro, tanto è il daffare dell’anima nella carne della vita, e la vita pare invece procedere, da sola, quasi dimenticandosi di lei.
Fino al punto in cui l’equilibrio naturale di sguardo e respiro ti porta a meditare sul mistero della vita e della morte, come la foglia della ninfea che galleggia quieta sul pelo dell’acqua, nella luce.
Davanti alla morte ti interroghi. L’essere non è la località della vita, così di continuo minacciata dalle incertezze e dal mutare della forza degli elementi sempre in gioco nel tumulto dei mutamenti, di cui sei quotidiano testimone. Ma la familiarità festosa e un po’ azzardata con cui ti si rivela quella tenuta e quell’unità luminosa, capace di mobilitare in te ogni lume di cellula fino alla più elegante felicità linguistica, per cui alle labbra sorge il corpo stesso della parola dal più profondo sentimento di casa, un sentimento autentico, stranamente cosmico, eterno ed intimo insieme. Perché tu, ora, in questo stesso istante, sei felice, come ad una festa da fanciullo.
Ed è ora che questa condizione divenga un’esperienza della tua esistenza, cui fare immediato riferimento con la prontezza di una buona memoria a servizio del pensiero. E non resti invece l’esito incerto ed episodico di una mente prigioniera di paure e pregiudizi, balbuziente, insicura, che annaspa e cerca a tentoni di figurarsi disegni e visioni mai osate prima. Si deve trattare invece di un’esperienza e di una dignità che ci appartiene, integralmente. Perché noi siamo qui per questo. E se sei così pragmaticamente tiepido agli entusiasmi dello spirito, chiediti allora quanto altro dolore e quante sicure frustrazioni ti toccherà vivere per renderti conto delle prospettiva che ora ignori. Perché poche cose per me sono certe, in questa vita, come la nostra destinazione finale ad una autentica consapevolezza di gioia. Ma per giungervi occorre un bagno completo nella verità della storia umana. L’appuntamento è a questo incrocio. Non ci sono scappatoie. È la vita. Ed è qui che l’io è venuto a rifugiarsi con tutte le sue paure, nel suo stesso egoismo di resina indurita: un io che ormai si è trasformato nella paura stessa della vita. Tu scovalo, allora, caccialo fuori dalla sua tana di inferno e mettilo al centro, nudo, al sole, come è capitato all’ulivo, al salice e al pinastro, molte centinaia di milioni di anni fa; come un vero albero della vita, ambasciatore permanente al confine tra il cielo e la terra: la testa immersa nelle canzoni del vento, e il cuore che si rimette ancora in gioco per un amore di oceano che torna e si ritira e torna ancora, proprio come il mare. Così: come nulla fosse, sulla sponda semplice del mare.

14 novembre 2018

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