mercoledì 9 novembre 2016

La mappa del tesoro di Franca

recensione di Vincenzo D'Alessio
Franca Oberti, Il tempo del castagno(Racconti nel vento)  FaraEditore 2016


http://www.faraeditore.it/html/narrabilando/tempocastagno.htmlLa mappa dei ricordi di Franca Oberti ci conduce ad un tesoro difficilmente raggiungibile poiché la caverna dove era nascosto è crollata, oggi, nel suo ingresso.
La ricchezza fa gola un po’ a tanti ma la saggezza per conservarla non sempre viene  seguita. In questo modo nei gruppi famigliari si generano le lotte per chi può accaparrarsi più beni materiali, mentre si rifiutano i consigli dei genitori e, qualche volta, quelli dei nonni.
Il tesoro raccolto dall’Autrice è frutto  di molteplici esistenze; di molti eventi; di diverse economie acquistate e infrante, sovente, dalla violenza della guerra. La furia degli uomini, in nome di un’oscura economia fatta di armi e di potere, ha seminato morte e distruzione dalla comparsa dell’uomo su questo azzurro pianeta.
I contenuti di questo insieme di episodi forma l’apologia della Civiltà Contadina; la sconfitta dei suoi valori fondanti; la falsità delle mete disseminate nel corso dei secoli dall’era dell’industria . Scrive la Oberti: “(…) A guardare bene sono sempre stati loro, i contadini, che ci hanno insegnato la sopravvivenza: insegnavano alle nuove generazioni come tramandare la vita, in ogni sua forma” (p. 12).
I protagonisti di questi racconti sono i nonni, i genitori, le donne portatrici della vita e dei cambiamenti; l’intensità dei sacrifici affrontati dall’infanzia alla vecchiaia; la continuità dei gesti semplici, infine la morale. Le leggende, le preghiere, le rinunce in nome della propria condizione economica, i piccoli successi, i figli emigrati in altre realtà per sopravvivere, i morti in guerra, sono nel contesto della Letteratura Italiana stilemi saldamente consolidati.
Il tesoro nascosto nel lavoro dei campi non era così facile da raggiungere. Significativo a tal proposito, specialmente nell’episodio contenuto nel libro della Nostra dal titolo “La polenta” (p. 27), può essere l’accostamento al libro del sacerdote e poeta Davide Maria TUROLDO Il mio vecchio Friuli, dal quale è tratto il film Gli ultimi.
Non aggiungo molto agli intensi contenuti di questo “romanzo autobiografico”, poiché le parole suonano superflue alle orecchie attuali, proprio come recitano i versi, riportati a p. 74, del Nobel Wislawa Szymborska: “Qualcuno talvolta / disseppellirà ancora da sotto la siepe /  argomenti rosi dalla ruggine /  e li trasporterà sul cumulo dei rifiuti”. Oppure come racconta il testo/poesia della canzone di Francesco GUCCINI: Il vecchio e il bambino.
Non serve addolorarsi per quanto abbiamo vissuto come “età felice” nelle piccole cose, nella condivisione della povertà diffusa.
Risulta vano ripetere agli altri, ai lettori, le passioni che hanno dato luogo alla Civiltà Contadina durata millenni e qui esaltata.
Vale  infine la delicata lettera scritta sottovoce a suo padre scomparso, e ai suoi avi, da Franca Oberti, per darci la gioia di leggere questo libro che somiglia moltissimo ai cerchi concentrici del ceppo del castagno, privato del suo fusto: “(…) Non è più quel tempo, papà. I ritmi sono cambiati , i soldi sono l’unico dio che tutti riconoscono e se non ne possiedi non sei nessuno, non importa cos’hai veramente, fosse anche un cuore grande e tanta gioia da regalare” (p. 73).

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