sabato 26 marzo 2016

30 anni a Berlino: una “Doppia esposizione”

Doppia esposizione. Berlin 1985-2015 di Natascia Ancarani

recensione di Subhaga Gaetano Failla


http://www.paginatre.it/online/doppia-esposizione-berlin-1985-2015/


    Il libro di recente pubblicazione Doppia esposizione. Berlin 1985-2015 di Natascia Ancarani (Edizioni del Foglio Clandestino, 2015), con note di Franco Romanò e Sergio Lagrotteria, 134 fotografie di diversi fotografi e un’appendice che raccoglie poesie di vari autori, ci accompagna in un viaggio emozionante e appassionato, dove il passato e il presente berlinese si sovrappongono in un’unica visione. Il limite della nostalgia è delicatamente sfiorato in bagliori lirici intensi e al contempo misurati.
   “Come malati di strabismo” scrive Natascia Ancarani nelle prime pagine del volume “sdoppiamo l’immagine che percepiamo, vediamo il presente e il passato. Per noi, malati del passato, la città scomparsa traluce ancora dalla città appena ricostruita, come una doppia esposizione, come un fantasma fotografico registrato in altro tempo che si sovrappone al presente.”
   L’Autrice, in tale visione, intreccia una parte della propria vita trascorsa a Berlino con la storia della città prima della caduta del Muro e dopo la “svolta” del 1989, sempre attenta al valore del distacco, della distanza necessaria affinché la testimonianza e la narrazione abbiano la possibilità di essere trasmesse. Il soprassalto delle emozioni traspare distillato in una scrittura cristallina, in un racconto che trascende i destini limitati dei personaggi per divenire emblematica narrazione universale.
   Nel libro compaiono le persone incontrate personalmente dall’Autrice e quelle presenti nelle testimonianze altrui, in un continuo oscillare tra storia individuale e collettiva, quest’ultima sottolineata dai ripetuti tentativi di creazioni di comunità urbane alternative al Moloch della storia dominante. Baluginano, nelle pagine di Natascia Ancarani, le vite degli occupanti di case, degli abitanti dei quartieri autogestiti che difendono e ricreano insieme i propri spazi, le esistenze di artisti, di punk, di tutta una vasta popolazione di outsider alla ricerca di un tempo svincolato dal dominio assoluto della Merce e dello Stato, per vivere il momento dell’ozio fertile e contemplativo, della creatività, il tempo illimitato della festa e della celebrazione gioiosa.
   L’Autrice si sofferma in modo particolare su due vicende simboliche, complementari negli esiti esistenziali, di tale tentativo collettivo, le vite di due artisti i quali in diversa misura hanno lasciato e lasciano ancora importanti tracce nell’arte contemporanea: Peter Woelck e Tina Bara. Attraverso la loro vita, Natascia Ancarani ci mostra da varie prospettive le storie di solidarietà e di disgregazione, prima e dopo la caduta del Muro, le speranze proiettate in quel che l’Ovest avrebbe potuto offrire, talvolta la rigenerazione esistenziale in accordo con le trasformazioni storiche, l’incontro, mai totalmente e intimamente compiuto, tra le due Berlino, la fine del solidarismo e la distruzione dell’identità creativa, cresciuta tra resistenza ed espressività, delle comunità alternative dell’Est, la dispersione di individui e gruppi, come in una sorta di recentissima diaspora sconosciuta, l’oppressione sovietica che svanisce e quella capitalistica che riappare pervasiva e assoluta.
   In tale situazione si dissolve l’utopia collettiva di un mondo festoso libero dagli artigli di due Moloch.
  
   Doppia esposizione, sebbene sia stato pubblicato da poco, ha già ricevuto importanti riconoscimenti. Il libro, bello e delicatissimo, lascia nell’animo del lettore la risonanza d’una melodia triste che svela infine la sorgente d’una segreta e smisurata dolcezza.
   Il volume si chiude con la narrazione vivida e commovente d’un incontro tra l’Autrice e alcuni suoi amici dell’Est, avvenuto a Berlino nell’inverno del 1998, presso un Caffè, somigliante a una straniante e grottesca ricostruzione teatrale, che si chiamava “Nostalghia”. I suoi amici, scrive Ancarani, sapevano “sorridere con leggerezza anche della nostalgia, come di tutto il resto. Erano contenti della caduta del Muro, ma erano come sospesi nel vuoto e per non cadere dovevano voltarsi: tenere gli occhi fissi al passato imperfetto che era stato tutta la loro vita, non ne avevano un’altra.”
   E quel sorriso rivolto alla comicità della vita e al suo aspetto assurdo, muovendosi nell’esistenza come vecchi acrobati, viene reso tra di loro più vasto e profondo, in quell’ultimo incontro berlinese, dalla condivisione delle storie vertiginose e funamboliche di Daniil Charms e István Örkény.

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