lunedì 29 febbraio 2016

RICORDARE






Talvolta è necessario ricordare per ritrovare sé stessi, e ricordare può essere doloroso, molto doloroso. Ma, non importa! Anche il dolore passa, tutto passa.
Ricordare vuol dire tornare indietro, ripercorrere le stesse vie di tanti anni fa, rientrare nella casa del passato, rinchiudersi nella fredda stanza della adolescenza e… accorgersi che nulla è cambiato.
Tutto è rimasto immobile, com’era, intatto. Le facciate, la casa, la stanza, le atmosfere sono ancora lì, attaccate. Il tempo sembra che non sia mai trascorso.
Ricordare vuol dire aprire cassetti, diari, sfogliare pagine e pagine, rovistare, scoprire scatole che pensavamo dimenticate.
Ricordare vuol dire aprire ferite che il tempo non è riuscito a guarire del tutto. 

Cammin facendo avevamo smarrito noi stessi pur facendo finta di avere una identità chiara e una personalità forte. Nulla di tutto questo! Per anni e anni abbiamo raccontato a noi stessi e agli altri tante bugie, anche belle, ma pur sempre bugie. Per anni abbiamo nascosto e sepolto il nostro vero passato, fantasticando e raccontando di altre vie, case, stanze. Per anni, pur sapendolo, abbiamo ingannato noi stessi e anche chi, sinceramente, ci voleva bene. Siamo stati bravi attori della nostra commedia. Tanti ci hanno creduto e amato, ridendo e piangendo con noi. Ma come per tutti i giochi, invecchiando, anche il nostro gioco è caduto e si è rotto. Presto o tardi tutti gli inganni vengono alla luce del sole che sempre brucia la fantasia e tutti i castelli.

Per ritrovare sé stessi bisogna volerlo con tutte le forze e, per questo, avere molto coraggio. Ed una volta intrapreso il viaggio di ritorno occorre non spaventarsi di fronte ai fantasmi, ai mostri, alle notti oscure. In questo caso, una volta presa la decisione, bisogna armarsi di sincerità per fronteggiare gli attacchi della legione che nel passato remoto tanto ha colpito e ferito.
È necessario essere sinceri con sé stessi, mettersi davanti ad uno specchio e guardarsi come realmente siamo. Non dobbiamo aver paura per non indietreggiare, per non farci respingere, per non sentirci gridare addosso: “Ehi, tu! dove credi di andare?”.
Dobbiamo essere determinati, convinti di quel che stiamo facendo e di quel che vogliamo riscoprire e rivedere. Perciò, dobbiamo saper fare bene i conti.

Dobbiamo essere molto sinceri e onesti con noi stessi, con il nostro presente e il nostro passato.
Siamo stati molto abili nel proteggere noi stessi dalle avversità, dal Male, dalla Morte. Per questo, abbiamo dovuto indossare molte maschere e abiti che sapevamo non nostri. Alla fine ci siamo ingannati pensando di essere veramente quel volto e quel vestito. E per tanti anni abbiamo pensato che non avevamo altro volto e altro abito. Non eravamo più in grado di vedere altro se non noi stessi e noi stessi come le nostre difese sentimentali e affettive ci avevano disegnato, dipinto, cucito, scolpito.
A un certo punto della nostra vita abbiamo persino pensato di essere un capolavoro, di essere impeccabili. E chi si pensa così, perché mai dovrebbe ricordare e tornare indietro?

Che cosa può spinger noi stessi a un salto nel buio, nel dolore, nel brutto?
La nostalgia per la nostra innocenza anche se tradita, violata. E le nostre adolescenze sono state tutte violate! Il desiderio di tornare alla nostra infanzia anche se dolorosa, triste. La convinzione che solo ritornando alla origine di tanti mali si può scoprire chi siamo veramente, la nostra vera radice e identità, il nostro reale volto, quel che il destino aveva progettato per noi.
Si tratta, ancora una volta, dell’eterno ritorno alla terra, alla radice, alla sorgente. E pur sapendo, ricordando, tutto quel che è accaduto, torniamo al dolore per ucciderlo al termine di un sanguinoso duello, alla notte per illuminarla, al freddo per riscaldarlo. Ricordando e ritornando là dove non avremmo mai voluto rimettere piede, occhi, udito, naso, ritroviamo la carta e i colori dei nostri sogni, l’aurora della nostra fantasia, la tavolozza della nostra poesia. E così scoprire, con grande sorpresa, come eravamo belli!

Forse, allora, non avevamo bisogno di nessuna maschera, di nessun abito, di recitare, di raccontare bugie, ma, semplicemente, di essere noi stessi.
Ma essere noi stessi è una guerra titanica! Forze contrarie ci spingono là dove non vorremmo andare, ci costringono ad essere chi non vogliamo essere, ci ingannano circa la nostra vera identità, ci fanno parlare una lingua che non è la nostra, ci chiudono dentro case e stanze che non vorremmo abitare, ci fanno credere che sia giusto e bene vestire maschere e abiti pur non sentendoli nostri.

Insomma, ricordare e ritornare indietro per scoprire amaramente che è stato tutto un grande inganno, che quasi tutta la nostra vita è stata un grosso imbroglio.

Non resta che piangere nel silenzio e nella solitudine della casa e della stanza di quel passato che non è mai stato dimenticato, ma solo chiuso a chiave dentro un cassetto.



(Tempio Pausania, febbraio 2016)

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