martedì 16 dicembre 2014

Su Davanti alla mancante di Alberto mori

http://poesia.corriere.it/2014/12/04/oggi-a-milano-alberto-mori-con-il-suo-nuovo-libro-davanti-alla-mancante/
recensione di Marcello Tosi

È La storia di un’ossessione, questa più recente raccolta di versi di Alberto Mori (Scrittura Creativa Edizioni) con fotografie di Mina Tomella e note introduttive di Silvia Bordini e Silvia Merico.

Davanti alla mancante, il titolo… Quale mancanza?… Essenzialmente, quella legata al ricordo dell’opera e della figura di Francesca Woodman. Brivido dell’assenza della celebre fotografa americana, che ancora giovanissima si tolse la vita, viene declinata in ogni maniera linguisticamente aderente dalla sequela dei versi del poeta e performer cremasco e dai ritmi spazialmente scanditi e sospesi degli scatti della Tomella.

Immagini e versi che fanno riferimento alle fotografie di un personaggio inquieto e affascinante. Dialogo, riflessione, interrogazione rivolta, e quindi senza risposta, ad una non-presenza sempre presente. E alla fine di questo percorso, dopo essere stata lungamente evocata, Francesca appare in una delle sue foto della serie “Untitled”, realizzate a New York tra il 1976 e il 1980. Francesca… casta diva. Espressione di una sensualità assoluta e metafisicamente disarmante, negata come puro edonismo della visione, che scardina il canone erotico della nudità ossessivamente in bianco e nero, per affermare quello di una disperata affermazione del proprio io narrante. “Non puoi vedermi da dove mi guardo”, diceva.

La sua inquieta ricerca fotografia esprimeva, come avrebbe detto De Chirico, il terribile vuoto scoperto che porta l’insensata e tranquilla bellezza della materia. Abbandonata dall’immagine raccolta e ancora invisibile, si autodefiniva la fotografa americana. Ora protagonista di questa storia di una duplice ossessione: nelle immagini voragine, ossessive della Wodman e ossessione di Mori per la sua immagine, per il suo corpo oggetto dell’indagine autoidentitaria e spietata del proprio io, che giunge a negare quell’identità fino a cancellarla in un gesto estremo. Trasformare, torcere, elaborare, è per la parola poetica produrre vibrazioni di pensiero, polifonie, scrive nelle note al libro Silvia Bordini.

La maggior parte delle sue immagini sono autoritratti, portatori d’identità, in fuga dagli stereotipi. Atti da vedere, azioni fotografiche cui Mori sembra rispondere con delle poesie che nascono dallo sguardo, costruzioni che insistono su diversi livelli di relazione con sé stesso e con la fotografia, eludendo cancellando l’immagine nel momento stesso in cui si palesa. Ciò che resta nella ricerca di senso ma che spesso non viene compreso, “spazio elastico della sfuocatura”, come si legge nella nota al libro di Silvia Merico. “Il poeta – scrive – inizia una sorta di danza rituale davanti alla 'mancante', con uno stile che concentra lampi emotivi in parole che asciugano il senso dei pensieri in poche significative sillabe…”. Sguardo curioso e duttile, su ciò che è destinato a rimanere incompiuto o inespresso, come nelle enigmatiche immagini che illustrano il volume: foto del modello in legno dell’architettura dell’Accademia dello Scivolo di Bagnolo Cremasco, di Mina Tomella.

“Ci sono tre fonti dalle quali cogliere le tracce di una strada – ha scritto nella sua premessa alla raccolta Andrea Rompianesi –. Il bianco, il nero, il grigio, che modulano non solo la sperimentazione fotografica ma connettono cromaticamente l’intarsio che Alberto Mori incide sulla pagina, quasi a tracciare possibili fronti. Lo stimolo inziale e irresistibile” è Francesca Woodman “ossessione della disputa passionale e cruda, essenziale e icastica, che coinvolge la sua stessa immagine… Fotogrammi poetici che poi diventano scatti…” (v. aletta di prima).


“Chissà dove sarai / lieta e svanita / ad autoritrarti / dissolta tra le nuvole” – si chiede Mori. L’immagine di Francesca è vista come sfocata, ovvero “senza focus”… con un
“ombra scura”, quella del pube, “al centro del disordine”…

I frammenti sparsi della sua voce inudibile diventano nei suoi versi l’intonaco scrostato di un’anima, parete visione, mentre continua l’espressione molteplice di una presenza assenza… “Fuggenza” che stupisce, che scivola sul bordo dello specchio, una svolta che fa apparire l’identità invano cercata all’ultimo minuto del fotogramma inciso, come un’immagine rovesciata e sospesa sul vuoto. Accanto alla foto postuma di uno spettro composto del ricordo “limbo nero profumato”, “vuoto elastico dello sfoco / Sequenza della ferita”. Francesca è come il simbolo, come l’immagine di un nuovo San Sebastiano, di un’assenza che si trasfigura nell’aria luminosa e trafitta. Immagine che attorta, muta, scivola nel nulla nel giorno smarrito. Scatto che si trova “Privo del peso fotogrammato”, che fino alla “Fine della vita alchemica” trova uno “Slancio nella metamorfosi del mare”, là dove si getta la vita, come per rinascere.

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