di Apostolos Apostolou (Atene)
Se vogliamo ricercare un approccio poetico-filosofico, questo deve procedere entro una filosofia del gioco. IL gioco come maschera della filosofia di Nietzsche, come metafora/immagine – riferimento che costituisce una sfida – invito all’attivazione del soggetto a procedere con la rottura con l’identità e l’unità. Anche la maschera come passione assurda secondo Nietzsche e coesistenza di luoghi opposti della molteplicità e delle contraddizioni permette un avvicinamento pieno di tensioni delle sensazioni che capisce come il luogo dell’intermedio (per la prima volta incontriamo il termine nel Platone con la parola metaxy).
Il concetto dell’intermedio è forse la causa del pericolo, la causa della maschera, del gioco, del luogo intermedio, ossia della cultura, della poesia. E questo perché, per un poeta autentico la metafora è un immagine, un concetto e quello che vede il poeta è uno spettacolo che costituisce una rappresentazione teatrale dove le parole diventano maschere.
Però non il gioco come terapia che perde il suo taglio di inversione e del quale gli estremi sono definiti in una via di uscita sicura, ma invece un gioco con tutti i rischi. Il gioco è sinonimo dell’ Questo–Quello e può essere paragonato con l’inconscio. È aperto sul luogo/tempo delle risposte.
IL gioco non è un predicamento del mondo, perché il gioco gioca il mondo. Conosce ogni comportamento nostalgico e reattivo, soffoca all’interno dei suoi stessi limiti, ogni opportunismo semplice e pulito perde tempo, ogni opportunismo scuro o eccessivo rimane piano e monolineare, mentre alle grandi domande non possiamo che rispondere senza rispondere. Non vede la vita come un labirinto di sostituti né una funzione dell’ellisse (mancanza) / desiderio, che crea la metafisica della diaspora.
La forma duale dell’alterità, del gioco/ della maschera/ dell’intermedio, presupporre una metamorfosi senza appello un regno senza appello della apparenze e delle metamorfosi. Il compimento ineluttabile di ogni liberazione è quello di fomentare e di alimentare i sistemi reticolari dei perché.
Il bosco dei perché.
I
Perché se il mio presente ha il dovere di presupporre il mio passato deve già contenerlo.
II
Perché vengo alla luce nel momento in cui mi autodefinisco come domanda. La domanda non può quindi avere risposta perché appena si pone, si trasforma automaticamente in un’altra domanda.
III
Perché le parole sono svanite. «Le parole sono notazioni per indicare concetti; ma i concetti sono segni può o meno figurati per indicare sensazione spesso ritornati e ritornati assieme, per gruppi di sensazioni. Non basta ancora per comprendersi l’un l’altro, che si usino le stesse parole; occorre usare le stesse parole anche per lo stesso genere di esperienze interiori, occorre infine, avere vicendevolmente “in comune” la propria esperienza. Perciò gli individui di “un unico” popolo si comprendono tra loro meglio di quelli appartenenti a popoli diversi, anche quando costoro si servono nello stesso linguaggio.» (Secondo Friedrich Wilhelm Nietzsche)
IV
Perché l’uomo e “antopsia», cioè il paesaggio di un nuovo realismo.(Per ricordare Platone: Leggi A,631 b, e Repubblica A,427 d)
V
Perché vede il narrativo del desiderio dentro il narrativo del reale.
VI
Perché la verità è sempre al plurale.
VII
Perché conosce che la fantasia sarà sottomessa alla volontà.
VIII
Perché siamo pieni di entusiasmo, e gran negatori insieme.
IX
Perché per ogni salita c’è una discesa. (La storia del Dio greco Tesup)
X
Perché l' uomo ogni tanto bisogna fare una pausa.
XI
Ma anche perché l’uomo è un movimento senza ritorno verso l’estraneo. (Conclusione di Pascal)
XII
Perché tutto non nasce dalla differenza tra 0-1, come insegnava il razionalismo e il funzionalismo.
XIII
Perché le cose hanno una ironia del nulla e una dicotomia di nulla. (Non insegna questo S. Beckett?)
XIV
Perché ogni narrazione si trasforma in requisitoria. (La fine della modernità e del narrativo, Lyotard)
XV
Perché la vita non è assenso, né ricompensa, né argomentazione.
XVI
Perché le idee sono figure del momento in momento.
XVII
Perché la vita è una seria di leggi, è un margine di regole. (Colloquio con Platone, Kant, e Kafka)
XVIII
Perché l’uomo ha il diritto di scegliere l’illusione. (Pensiero di Kirkegaard)
XIX
Perché la libertà è un cammino della passione.
XX
Perché abbiamo ciò che abbiamo perso. (Questo insegna Omero con l’Odissea)
XXI
Perché quello che viviamo non è quel che dimostriamo.(La lezione di Guy Debord)
XXII
Perché siamo un segno senza interpretazione, come diceva Hölderlin.
XXIII
Perché la vita aspetta ancora, sul bianco foglio.(La vita come scrittura Derrida)
XXIV
Perché l’immagine non può immaginare.
XXV
Perché come dice il greco poeta O. Elitis: “Regala il tuo Tempo gratis... Se vuoi ti rimare un po’ dignità…”
XXVI
E perché l’uomo è sempre parole che sfumano nella nebbia. (Le opere di Fellini )
XXVII
E perché come diceva Eraclito: “Il tempo è un ragazzo che gioca con le palline... Vince sempre lui.”
XXVIII
Perché la vita sono i passi sulle sabbie del tempo.
XXIX
Ma anche perché qualche volte la vita è prigioniera del nulla.
XXX
Perché l’uomo non può sopportare troppa realtà.
XXXI
Perché le sue parole, non sono per dirsi, ma anche per nascondersi.
XXXII
Perché amo le cose, dato che le cose ti ricordano che sei vivo.
XXXIII
Perché il mio regno è costruito sulle mie rovine.
XXXIV
Perché l’altro è lo stesso.
XXXV
Perché l’altro è ciò che mi consente di non ripetermi all’ infinito.
XXXVI
Perché il segreto è sempre quello dell’artificio.
XXXVII
Perché le cose liberate sono votate alla commutazione incessante, e quindi all’indeterminazione crescente e al principio di incertezza.
Apostolos Apostolou (Professore di Filosofia della cultura)
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