giovedì 8 novembre 2012

Su Fedro e la giustizia di Teresa Armenti

nota di lettura di AR

Questa plaquette tirata in solo 39 copie dall'Associazione Culturale LucaniArt nell'ottobre 2012, nasce dalla reazione dell'Autrice alla condanna per difammazione del direttore del «Giornale» Alessandro Sallusti. Teresa Armenti si ricorda della sua tesi di laurea dedicata a Fedro (condannato anch'egli sotto l'imperatore Tiberio) e sceglie 12 favole dedicate alla giustizia, qui tradotte nella saporosa parlata lucana di Castelsarceno. Come osserva introducendo la prima favola 'A vorpa e 'a cicogna: «Per Fedro, la legge che regola i rapporti umani è (…) “Non bisogna danneggiare altri, ma se qualcuno offenderà sia parimenti offeso.”» (p. 3).
In fondo, lo sguardo di Fedro è disancantato.

Commentando 'A vorpa e l'aquila, la Nostra scrive: «La giustizia, anche quando sembra realizzarsi, non rompe la catena dei rapporti di forza e di frode» (p. 5). A volte, come in Pecura, cane e lupo, sembra che il fato faccia giustizia, ma: «La divinità è quasi sempre assente da questo mondo, che è fatto di rapporti di forza, di egoismi, di atuzia, di accortezze» (p. 6). C'è in Fedro anche un approccio pragmatico alla realtà della condizione umana: «Per non avere fastidi, occorre non molestare gli altri. La mosca (III,6) schernisce la mula (…) “Quanta sì lenda! / Nun poi ì cchiù forte? / Hè ti pongo, ti pongo sopra 'u coddo / e to non fai ned'.” / 'A mula rispose: / “(…) / Hé aggio timore sulu 'i quiddo / ca stai assittato e mena 'a frusta. / (…)”» (p. 11).

L'ultima favola, Augusto fac' ra giudice, è proprio la descrizione di un intricato caso giuridico contro una donna accusata di aver ucciso marito e figlio (mentre il figlio era stato inconsapevolmente ucciso per gelosia dal padre, credendolo, sobillato da un servo, l'amante della moglie; scoprendo poi l'errore, si era suicidato). Augusto, considerati i fatti, «(…) ci vedd' chiaro e dess' ste parole: / “'U serivo s'adda punisc', / ra fémmina s'adda avé sulu cumbassione, / picché è rumasta senza figlio e marito. / E si 'u capo 'i casa non si foss' fatte piglià ra gelusia, / nun ci sarera stata 'sta brutta risgrazia.”» (p. 13). Con Traiano, la giustizia augustea sembra purtroppo essere scomparsa, lo stesso Fedro prova sulla propria pelle la corrosione delle calunnie, la prevaricazione dei potenti, l'egoismo e a volte la malvagità della natura umana: «Nelle sue favole, quindi, non si trovano i sentimenti, che sono alla base della dignità dell'uomo e che fondano la civiltà sulla giusitizia. E la storia, purtroppo, si ripete!» (p.14).

Così si conclude questa giustamente indignata e salace plaquette, proponendo a noi tutti, in questo scorcio del 2012, uno sguardo consapevole e non inerte su una reatà certo difficile e scoraggiante, ma che sta un po' a tutti noi, a partire dal proprio quotidiano, dalla condivisione delle proprie competenze, recuperando valori come quelli della fratellanza e della solidarietà, della verità e della giustizia, cambiare.

Per ulteriori approfondimenti e informazioni si veda la  recensione di Vincenzo D'Alessio
www.larecherche.it - lucaniart.wordpress.com

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