venerdì 18 febbraio 2011

Un amore che non conosce ostacoli

Omelia del giorno 20 Febbraio 2011VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

Per natura siamo sempre pronti a 'mitigare' la profondità ed ampiezza che Dio ha dato alle virtù, a cominciare dall'amore. Per la nostra natura così debole e limitata, ci lasciamo prendere dagli eventi e seguiamo le inclinazioni della nostra sensibilità o istintività, sempre pronte a cedere. Gesù non fa sconti, e non poteva farli, per la natura stessa delle virtù, che chiedono di 'andare oltre' le nostre passioni.

Il Vangelo di oggi offre alla nostra riflessione una delle pagine certamente più difficili da vivere, ma nello stesso tempo sono valori che distinguono noi, seguaci di Gesù, da chi non lo conosce o non lo segue.

Già nell'Antico Testamento Dio ci avverte tramite Mosè:

«Parla alla comunità degli Israeliti e ordina loro: 'Siate santi, poiché il Signore è Santo. Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai d'un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il prossimo tuo come te stesso. Io sono il Signore.» (Lv 1,17-18)

Gesù va oltre questa norma. Scrive l'evangelista Matteo:

«Gesù disse ai suoi discepoli: 'Avete udito ciò che fu detto: 'Occhio per occhio, dente per dente: ma Io vi dico, di non opporvi al malvagio; anzi se uno vi percuote la guancia destra, tu porgigli anche la sinistra; e a chi ti vuole chiamare in giudizio, per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringe a fare un miglio, tu fanne con lui due. Da' a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle.
Avete inteso che fu detto: 'Amerai il prossimo tuo e odierai il tuo nemico: ma Io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siete figli del Padre vostro celeste che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere sopra i giusti e gli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale merito ne avrete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date un saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli.
Siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli.» (Mt 5,38-48)

Specchiamoci quindi sull'esempio del Padre nostro che è nei cieli. Se c'è Uno che non si è mai sognato di fare del male agli uomini, è proprio Dio, che ci ha creati per farci partecipi della Sua stessa Beatitudine.
E se c'è Uno che avrebbe tutte le ragioni per punire il male che riceve – le disubbidienze, le ribellioni, i rifiuti che continuamente ripetiamo con i peccati, l'indifferenza – sarebbe proprio e solo il Signore. Ma il Padre non si lascia fermare dai nostri rifiuti, resta – per nostra consolazione – fedele al Suo Amore. Non rinnega mai chi ha creato per amore, perché Lui, nella Sua Essenza, è Amore. Neppure ci abbandona quando noi Gli voltiamo le spalle. Anzi, non finisce di colmarci delle Sue tenerezze, come fa un padre – e molto più di un padre - verso un figlio che, con il suo errore, si trova maggiormente in pericolo, ossia indirizza, ogni sforzo d'amore per far capire al figlio che con le sue scelte sbagliate può perdersi e allontanandosi non potrà più godere neppure del Suo stesso Amore.

Tutto questo Gesù lo rivela con la parabola del figlio prodigo, che dovrebbe essere sempre presente e vita al nostro cuore.

Ma sappiamo tutti quanto siamo volubili e fragili, forse perché scambiamo la natura del vero amore con il fluttuante sentimento o con le ambigue emozioni.

Quando si ama veramente – come ci amano le nostre mamme o i nostri veri amici – non ci si lascia mai prendere da altri sentimenti contrari o contrastanti. L'amore vero non conosce confini, limiti o avversità.

Ricordo ancora quella mamma che, abbandonata dai figli, restò fedele all'amore per loro. Soffriva per il male che i figli le causavano ogni giorno, ma questo non la scoraggiava. Venne il giorno in cui stette davvero male. I figli lo seppero e, spinti forse da un senso di colpa, andarono a visitarla. Li accolse con tanta tenerezza e con parole che venivano dalle profondità del cuore: “Vi ringrazio di essere venuti. Non pensate che io non vi ami, anzi, sapervi contro e indifferenti, anche se non ne comprendo le ragioni, ha fatto aumentare l'amore. Ora siete qui. È il dono più grande che potevate farmi. Mi avete fatto pregustare il paradiso che spero mi attenda'. Bastò questo a far sciogliere l'indurimento del loro cuore. Grandi cose può fare l'amore.”

Pensiamo al grande esempio di Gesù stesso. Aveva coperto di miracoli, guarigioni e verità il popolo d'Israele. Aveva dato tutto di Sé. Quando venne l'ora dell'odio non si sottrasse. Abbiamo tutti davanti agli occhi le terribili ore della Passione e Morte. Ma l'ultimo Suo insegnamento, sublime, sono le parole pronunciate dalla croce: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno.»

Davvero Dio ha un Cuore grande e, creandoci, ce lo ha comunicato.

Purtroppo però, tante volte, tra noi pare abbia la meglio il contrario.

Ricordo, negli anni del terrorismo, con Padre Bachelet, che aveva avuto il fratello ucciso dalle Brigate rosse, quasi a volere indicare la via del perdono, fumino invitati a visitare tante carceri, dove erano detenuti i cosiddetti terroristi 'dissociati'. Era un gesto significativo, soprattutto per la presenza di Padre Bachelet, che proclamava come l'amore sa andare oltre il male ricevuto o subito.

E ricordo lo stupore di tanti ex terroristi, che vedevano in questo atteggiamento di perdono, la via del ritorno alla vita, pur continuando, giustamente ma ora con una loro più piena consapevolezza, a scontare la propria pena.

Avevano lasciato alle spalle la triste teoria che per cambiare l'Italia occorresse l'arma della violenza.

Comprendevano che non era quella la via per creare una società più giusta e umana. Riconoscevano il grave errore di 'valutazione' commesso e le ingiustizie perpetrate ai danni di persone giuste e innocenti. Con Padre Bachelet e con la stupenda guida di una suora, diventata celebre per il suo stile di approccio con i detenuti, Suor Theresilla, cercavamo di aprire la via della speranza.

“Eravamo convinti — ci dicevano — che per noi tutto fosse finito e ci consideravamo solo dei 'sepolti vivi', ma la vostra presenza ci fa sperare”. E fu così che ebbe inizio la riconciliazione.

Ma il fatto non piacque all'opinione pubblica e ai massmedia, che vedevano questo nostro atteggiamento come una provocazione inaccettabile, solo un 'passare la spugna' su orrori che dovevano continuare ad indignare senza nessun perdono, tanto che lo chiamavano “perdonopoli”. Ricordo che un giorno, in una pubblica piazza, davanti ad un folto pubblico, cercai di spiegare la bellezza del perdono, proclamando il Vangelo di oggi.

Alla fine del discorso mi si avvicinarono alcuni che espressero tutta la loro contrapposizione. “Ammiriamo quello che lei ha fatto nel Belice e fa ora contro la camorra, ma non possiamo che condannare questa sua 'politica' del perdono: chi sbaglia deve pagare!”

“Avete ragione. Il male deve sempre essere riparato, ma questo non vieta di poter dare speranza a chi ha sbagliato.”

Ero talmente bersagliato dalle disapprovazioni, che non riuscivo più a capire se dovevo continuare o lasciar perdere. A farlo apposta... quell'anno la Chiesa celebrava il suo convegno in Italia su “Riconciliazione e penitenza”! Trovandomi a Novara, in compagnia con altri due vescovi, chiesi loro un consiglio. Uno, Mons. Magrassi, vescovo di Bari, ricordo che mi disse: “Antonio, tu sei come una punta di acciaio che tenta di aprire uno spazio sulla via della riconciliazione e del perdono e sei davvero coraggioso e fai bene. I casi sono due: o ce la fai ad aprire uno spiraglio e allora diventerà, con il tempo, la larga via del perdono, o, se si romperà la punta... dovrai essere pronto a pagarla!”

Decisi di correre il rischio: la punta non si ruppe e fu aperta la porta della via della riconciliazione. Così come ricordo il grande esempio di Giovanni Paolo II che, colpito e ferito gravemente, mentre era tra la folla, una volta guarito volle incontrare il suo attentatore in carcere, offrendogli il suo perdono. Così sono fatti i veri discepoli del Signore. Non vivono, anzi, rifiutano la mentalità del “deve pagarmela” o “me la lego al dito”.

Noi cristiani, in famiglia, nell'ambiente di lavoro, in ogni ambito in cui viviamo, dovremmo essere coraggiosi testimoni del 'saper andare oltre' le offese e il male: questa è la via per 'piegare' i cuori duri. Non è facile, ma è la sola via della pace: una via che è dono della generosità del cuore. Cosi predicava Paolo VI nel Congresso Eucaristico internazionale di Bombay:

«Oggi la fratellanza si impone: l'amicizia è il principio di ogni moderna convivenza umana.
Invece di vedere nel nostro simile l'estraneo, il rivale, l'antipatico, il nemico, dobbiamo abituarci a vedere l'uomo, che vuol dire, un essere pari al nostro, degno di rispetto, di stima, di assistenza, di amore, come a noi stessi. Ritorna a risuonare al nostro spirito la parola stupenda di S. Agostino: “Che i confini dell'amore si allarghino”. Bisogna che cadano le barriere dell'egoismo e che l'affermazione di legittimi interessi, particolari interessi, non sia mai offesa per gli altri.
Bisogna che la democrazia, a cui si appella la convivenza umana, si apra ad una concezione universale, che trascenda i limiti e gli ostacoli ad una effettiva fratellanza.» (dicembre 1964)

Quanto sono attuali, necessari, urgenti, sempre, questi inviti.

Con Madre Teresa leviamo una breve preghiera, perché regni l'amore tra le Nazioni e i popoli:

Mio Signore, possano le nazioni essere toccate dal Tuo Cuore,
affinché lavorino per l'unità e con amore
come strumenti per diffondere la pace su questa terra_
Concedi ai potenti un cuore pulito, colmo di amore l'uno per l'altro.
Fa' che ascoltino la Tua Parola di amore
in modo da realizzare la tua pace attraverso il loro lavoro,
perché la pace è un bisogno e deve essere un dono per tutti, senza eccezioni: un dono che ogni uomo di buona volontà sa costruire
dove è, dove opera, a cominciare dalla famiglia.

Antonio Riboldi – Vescovo
Internet: www.vescovoriboldi.it
email: riboldi@tin.it

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