venerdì 14 maggio 2010

Ascensione del Signore (Anno C)

Omelia del giorno 16 Maggio 2010

Gesù ascende al cielo

Negli Atti degli Apostoli è narrata la solennità di oggi: Gesù, che dopo la sua missione tra gli uomini - diremmo noi - 'torna a Casa': ma è un ritorno che, in altro modo, assicura la Sua Presenza - come è di fatto - tra di noi.

«Nel mio primo libro – così inizia S. Luca, riferendosi al suo Vangelo – ho già trattato, Teofilo, di tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio fino al giorno in cui, dopo avere dato istruzione agli apostoli, che si era scelto nello Spirito Santo, egli fu assunto in cielo.
Egli si mostrò vivo ad essi, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del Regno di Dio. E mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre: 'quello che avete udito da me: Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni'. Così, venutisi a trovare insieme Gli domandarono: 'Signore, è questo il tempo in cui ricostruirai il regno di Israele?: Ma egli rispose: 'Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti in cui il Padre ha riservato la sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra.' Detto questo fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché stavano a guardarlo, fissando il cielo mentre se ne andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: 'Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù che è stato tra di voi assunto in cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo.'» (At 1,1-11)

Forse ci saremmo aspettati, alla fine del breve racconto dell'Ascensione, che si evidenziasse l'afflizione degli Apostoli per la partenza ormai definitiva del Maestro.
Ma non è così, perché non vi fu tristezza, come racconta, sempre Luca, nel suo Vangelo:

«Poi li condusse fuori verso Betania, e alzate le mani li benedisse, Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. E gli apostoli, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio, lodando Dio.» (Lc 24,46-53)

C'è una bella differenza rispetto al Venerdì santo, quando erano stati lasciati nella paura e nello smarrimento... come se tutto avesse avuto una fine inaspettata.
Sulla croce era apparso un 'uomo' privo dì dignità e di grandezza. Come se Gesù, che era stato seguito come il Maestro, il Signore, si fosse sbriciolato sotto i colpi della superbia umana: un 'giocattolo' di estrema fragilità, che pareva non resistere al paragone con l'apparente potenza dell'uomo. Non avevano ancora capito che era proprio quella croce a glorificarlo.
Era vero: gli uomini, nella loro stupidità, non avevano fatto alcuna fatica a 'demolire' la potenza del Figlio dell'uomo... almeno esternamente. È un poco quello che accade anche tra di noi, quando crediamo di poter annientare la potenza di Dio, per dare posto alla nostra immensa fragilità, che cerchiamo di nascondere con la superbia.
Non si erano resi conto, e a volte non ce ne accorgiamo neanche noi, che 'quella' era stata la scelta dello stesso Gesù: non era stato crocifisso, ma si era lasciato crocifiggere, dando di propria volontà la vita, estremo atto di amore per noi.
Era difficile però, per gli Apostoli, capire il trionfo di Gesù sulla croce e la sconfitta dei crocifissori. Erano poveri uomini, con l'ignoranza e la cecità di spirito, che sperimentiamo anche noi.
Ma ora Gesù, con la sua resurrezione, ha messo fine, ai loro e nostri dubbi: ha cambiato completamente la verità della fragilità nella nostra vita, chiamata ad una gloria, che solo Dio, il Figlio di Dio, poteva conquistare per noi. La resurrezione ha ormai tracciato strade, che possono conoscere l'infinito di Dio. Gesù 'passa le pareti', non conosce più spazio né tempo: ci ha aperto la porta della vita eterna.
I discepoli ormai sanno che ora il Maestro sarà sempre con loro... e dovremmo saperlo anche noi! L'Ascensione chiude solo l'esperienza terrena di Dio tra noi, ma continua la più grande storia di amore mai scritta o immaginata. Adesso sappiamo che la nostra vita non è un'esperienza di poco conto, senza alcuna speranza nel dopo... al contrario, anche se può essere o apparire un Calvario, ci conduce ad ascendere con Gesù. Chi davvero crede e vive, preparandosi all'eternità, sa quanta nostalgia prende a volte di entrare nel Cielo.
Tutte le volte che mi reco a Lourdes, stando ai piedi della grotta, e ancora più alla sera, durante la processione con le fiaccole, in quello scenario che tanto rende vicino il Paradiso, al canto 'Andrò a vederla un dr, sempre mi assale il desiderio di salire in cielo, abbandonando questa terra, che propone così tante sofferenze. E confesso che sarei felice se Dio ascoltasse la mia nostalgia.
Dando uno sguardo al mondo, proprio non capisco perché questa nostalgia non appaia, forse troppo “appagati” dal nulla di questa terra.
Così presentava l'Ascensione di Gesù al Cielo il nostro sempre caro Paolo VI, che ci guida nelle riflessioni:

«L'avvenimento finale della vita di Cristo sulla scena della storia umana, è la sua ammirabile ascensione al Cielo, il suo passaggio da questa terra, da questo nostro mondo, a noi conoscibile, in cui noi siamo immersi come pesci nell'oceano, ad un altro mondo, ad un altro universo, ad un'altra forma di esistenza, della quale abbiamo la certezza, ma ancora scarsa notizia e, forse, nessuna esperienza. Si chiude così quel breve periodo di presenza dell'umanità del Figlio di Dio tra di noi, e comincia quell'altro periodo che dura tuttora e che chiamiamo storia del cristianesimo.
Perciò da un lato il nostro pensiero, il nostro culto è rapito in alto nello sforzo amoroso di seguire Gesù, che scompare al nostro sguardo, e si sottrae alla nostra conversazione terrena: non lo vedremo più, fino a quell'ultimo giorno, non da noi calcolabile e in cui ritornerà per giudicare i vivi e i morti.
Dall'altro canto il nostro ricordo di tale avvenimento misterioso e storico ad un tempo, ci fa sentire la nostra solitudine, la nostra condizione di seguaci di Cristo, di credenti in Cristo, di legati a Cristo, rimasti in terra senza la sua visibile presenza. Nasce nei fedeli, privi del rapporto sensibile con Gesù, lo sforzo di comunicare ugualmente con Lui; nasce cioè la ricerca di vincoli che tuttora ci uniscono a Lui; una ricerca che sarà subito ricca di risultati, fino a darci la prova della promessa realizzata di una sua dolcissima parola di commiato: 'Non vi lascerò orfani, verrò da voi' e di quell'altra parola solenne, che proclama Cristo presente nei secoli: 'Ecco io sono con voi fino alla fine del mondo'. E noi vogliamo metterci nei panni degli apostoli, che scomparso Gesù dai loro occhi, se ne tornarono a Gerusalemme, si raccolsero con Maria nel cenacolo in attesa dello Spirito Santo.» (maggio 1963)

Dovremmo anche noi ritrovare quanto hanno provato gli Apostoli il giorno in cui Gesù salì al Cielo: “Tornarono a Gerusalemme can grande gioia”, una gioia che diverrà, con la Pentecoste, forza e capacità di trasmetterla a tutti.
II giorno dell'Ascensione, gli Apostoli sanno ormai - e dovremmo esserne certi anche noi - che Gesù sarà dovunque essi si troveranno. Quando parleranno diranno 'Parole Sue'; Lo troveranno nel cuore, riempito dalla Sua pace, anche quando saranno arrestati; i loro gesti saranno i 'Suoi gesti', per continuare la Sua opera, segno del grande bene che il Padre ci vuole, quella carezza che quotidianamente Dio, se abbiamo fede, ci fa, perché dimentichiamo le frustate dell'indifferenza, della cattiveria e violenza cieca. E per sentirseLo ancora più vicino, ogni volta parteciperanno, parteciperemo, all'Eucarestia, lasceranno il posto principale libero, perché a presiedere sia sempre Lui.
Con passo deciso, illuminati dalla certezza del nostro futuro con Lui, camminiamo per le strade del mondo, testimoni del Risorto, a 'predicare' Lui, salvezza di tutti.
Sono venti secoli che questa Presenza divina nella Chiesa si fa strada nella storia, tessendo la vera nostra storia, che non conoscerà più tramonto.
Oggi davvero tutti noi, che crediamo, alzando le mani al cielo, indichiamo il Maestro che si eleva su di noi ed è assiso alla destra del Padre, eppure continua a camminare al nostro fianco!
Questa è davvero la gioia dell'Ascensione di Gesù al Cielo per noi.

Con madre Teresa di Calcutta preghiamo:

«Signore, nostro Dio, tu hai dato te stesso per noi.
Noi vogliamo essere a tua disposizione per essere tuoi, affinché un giorno possiamo possederti e per ricevere tutto ciò che dai e dare tutto ciò che chiedi, con un sorriso.
Prendi ora tutto di noi, perché ti serva di noi come ti piace, senza tentennamenti. Prenditi la nostra volontà e tutta la vita affinché tu possa compiere le tue opere con le nostre mani,
e così un giorno possiamo ascendere in cielo con te. Per sempre.»



Antonio Riboldi - Vescovo –

Internet: www.vescovoriboldi.it

email: riboldi@tin.it





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