martedì 23 aprile 2019

La bambina, la suora, il gatto e il grande incubo

Brrr... Freddino questo dopo Pasqua, vero?
Mentre scrivo sono immersa in un grigiore quasi spettrale, fuori ha da poco smesso di piovere e un uccellino sparuto sta provando a canticchiare. Poverino, mi fa un po' pena.
E anche se sto già pensando alle grigliate che mi perderò se questo tempaccio perdurerà nei prossimi giorni, devo ammettere che il clima di oggi è indicato per il libro di cui parleremo in questa quarta tappa del Club di Aurora. Certo sarebbe ancora meglio se fosse notte fonda e dalle nuvole spuntasse una luna gialla, ma non si può avere tutto!

Prima di addentrarci nei meandri di Emeth, comunque, ecco il "ripasso" della tappa di marzo:

Venendo a noi, forse qualcuno ha già notato che il titolo di questo articolo è una semicitazione dal successo degli 883 Il grande incubo e ancor più da La donna il sogno & il grande incubo, l'album in cui questo brano era contenuto; ma se il protagonista della canzone era un giovane che proiettava il suo desiderio di crescere e le sue timorose pulsioni sessuali nella figura di una conturbante "nave scuola", per Emeth il discorso è un po' più... Complicato.








Una suora incontra una ragazzina che vaga sola per la strada: una bambina spaesata, priva di memoria, che potrebbe essere sbucata da un altro mondo dal momento che nessuno sembra sapere chi diavolo sia. Ma la vita va avanti, e con l'aiuto delle suore la piccola Renèe trova una casa, dei ricordi da immagazzinare nella sua mente vuota e anche un futuro, dato che una volta cresciuta decide di restare a lavorare come maestra d'asilo nell'orfanotrofio che l'ha accolta.

Una sera però la ragazza incontra e raccoglie un gatto randagio, e da quel momento tutto cambia. Credo che questo dettaglio sia cruciale nell'economia del romanzo, per tre motivi: primo, perché è in seguito all'arrivo del gatto che la protagonista inizia ad avere degli incubi che la porteranno a interrogarsi non solo sul suo futuro ma anche (e soprattutto) sul suo passato; secondo, perché portando con sé il micio Renèe fa un po' quel che la suora aveva fatto con lei da bambina: e a questo punto mi domando se ciò che le accade dopo può essere considerato un premio perché ha saputo restituire il favore ricevuto, o piuttosto un'ironica pernacchia del fato (come a dire "se ti facevi gli affari tuoi..."). A causa dei sogni scatenati dal gatto Renèe viene trascinata in una vicenda a dir poco inquietante, eppure è grazie a essa che riesce a scoprire la verità sul suo passato oscuro; d'altro canto, forse se avesse davvero badato ai fatti propri la sua vita sarebbe andata avanti tranquilla come aveva programmato, e i mostri sarebbero rimasti sotto al letto. Sapere è un bene o un male? Per scoprire come la pensa Renèe dovrete leggere la sua storia, ma al suo posto avrei voluto conoscere la verità e quindi tendo a credere che il ripetersi di un certo evento (il salvataggio di una creatura apparentemente inconsapevole) sia da considerare non dico fortunato ma forse "giusto", una tappa di un percorso che porta a qualcosa di importante.
Sono i piccoli gesti a scatenare le tempeste più grandi: così, porgere la mano a uno sconosciuto mentre si cammina per la strada può cambiare la vita di quello sconosciuto, e forse un domani lo stesso gesto cambierà la nostra.
Oppure chissà, la comparsa del gatto potrebbe non essere così determinante: magari anche se Renèe avesse voltato le spalle alla bestiola gli incubi sarebbero arrivati comunque, e lei non avrebbe potuto sfuggire al suo destino. Ma a me piace pensare che siano le scelte delle persone a scrivere la loro sorte.

Il terzo punto da osservare riguardo il gatto è una mia personalissima interpretazione dei simboli e delle immagini: conoscendo un po' l'autrice Aurora e alcune delle sue opere, ho avuto modo di notare che il gatto è un animale che ritorna qua e là nelle sue copertine. Così pensavo, e se trovare il gatto volesse dire trovare il narratore della storia? Se è da quell'incontro in poi che l'avventura di Renèe comincia davvero, forse Aurora ha volontariamente o involontariamente voluto inserirsi nella narrazione per attraversare la strada della sua protagonista e portarle la sua storia. Magari mi sto facendo troppi film, ma come idea è carina, no?

Siamo arrivati al grande incubo, allora. Tutta la vicenda di Renèe è un grande incubo pieno di violenza e di oscurità, simile a una via crucis nei gironi dell'inferno dantesco (il quale viene citato spesso nel romanzo, tra l'altro): si scende sempre giù, al punto di non sapere se tornare "a riveder le stelle" sarà mai possibile. E più si scende più la tensione nel lettore, invece, sale. Fino a che il racconto non sboccia nelle incantevoli pagine finali: poetiche, mistiche, da una canzone degli 883 passiamo a un lento dei Baustelle. Arrivare all'ultima parola di questa storia è come tornare da un viaggio nel tempo e nello spazio, ti risvegli e non sai dove né chi sei, e ti trovi a vagare per la strada con strane immagini nella mente. Ma d'altronde chi vaga trova sempre qualcuno che lo prenda per mano, vero?

... Tra l'altro ho appena scoperto che gli Emeth sono anche una band belga che suona brutal death metal. Not bad. 


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