IL RICONOSCIMENTO FILOSOFICO NELL'ANOMIA. - PROPOSTA IN BOZZA a Gabriele Trivellin, Svanegra - Inseguendo la nostra ombra di inadeguatezza funzionale, per ricercare nel percorso dei discepoli di Emmaus una espressione che possa dare valore di efficacia ci accorgemmo che stavamo compiendo un passaggio da una società a solidarietà meccanica (scarso grado di divisione del lavoro socialmente utile, con rappresentazioni collettive che svolgono una efficace funzione integratrice sia a livello produttivo che economico) a società a solidarietà organica (alto grado di divisione del lavoro sociale, con rappresentazioni collettive che svolgono una efficace funzione integratrice specie a livello politico-governativo, con diffuse articolazioni di funzioni e ruoli sociali, presenza di un sistema di norme che integra la "coscienza collettiva" dei desideri illimitati dei singoli individui ed i conflitti di interessi tra i vari gruppi). L'accentuazione del grado di divisione del lavoro sociale a livello anomico, la vedemmo immediatamente nel confronto con Gesù Cristo, mentre camminava a fianco a noi, per cui ci rendemmo conto, mentre parlavamo delle scritture e della loro interpretazione che la produzione delle nuove funzioni sociali risultava in rapido sviluppo rispetto al processo di produzione ed elaborazione delle norme e dei valori capaci di integrarle nella coscienza collettiva, per modo tale che anche noi, come Cristo potessimo riconoscerci nello spezzare il pane per tutti i fratelli non escludendone alcuno. Lo stato anomico della società, difatti, nel suo disintegrarsi per effetto della crisi di legittimità dei valori e delle norme e discipline dogmatiche che fino a questo momento l'avevano costituito tenendolo coeso, si riflette in un sistema particolare degli individui: nel suicidio (o meglio nella sua forma anomica di incompetenze ed ostacoli) per cui è possibile cogliere come avvenne per i discepoli di Emmaus la concentrazione dei motivi di disadattamento prodotti da un disfacimento sociale capace di portare alla disfunzione della personalità. Il problema si evidenzia ancor di più quando i discepoli di Emmaus così come noi fanno fatica a comprendere la spinta ad interiorizzare il fine della resurrezione: vincere la mortificazione, il senso di frustrazione che l'esistenza può riservare, superare la limitatezza con l'iniziativa culturale che sa andare al di là delle evidenze di divisioni di classi sociali, o di frazioni e differenze fra individui per vedere una possibile realizzazione dei fini preposti di una vita benestante. Alla frattura sociale, noi tendiamo a reagire come i discepoli di Emmaus, rassegnandoci senza prevedere, invece, una serie di iniziative che possano andare al di là degli ostacoli. Perciò diventiamo conformisti, accettando i fini delle classi dominanti e dei padroni senza per questo usufruire al meglio dei mezzi a disposizione; oppure diventiamo innovatori, che sanno sì accettare i fini, ma rifiutano i mezzi di sacrifici ed impegno per raggiungerli e perciò ne pretendiamo di nuovi definiti sostenibili e quindi meno faticosi; oppure (novità??) possiamo diventare ritualisti, che sanno accettare i mezzi ed in parte anche i fini; oppure possiamo diventare purtroppo rinunciatari ai primi ostacoli, cioè coloro che passivamente non accettano mai nulla; oppure possiamo essere eterni ribelli, che rifiutano fini e mezzi, ma per propugnare un nuovo assetto sociale. In queste tipologie i non conformisti come i cristiani autentici sono considerati devianti e la devianza risulta un adattamento successivo ritardato conseguente alla situazione anomica tanto più che persino i discepoli di Emmaus si chiedono come mai non erano riusciti a riconoscere in colui che camminava a fianco a loro Gesù Cristo risorto, ma lo vedevano come un forestiero, una persona estranea non soltanto agli avvenimenti della crocifissione ingiusta di un innocente, ma anche alla sua mancata esperienza partecipativa. Riconoscersi in un Dion fatto uomo per noi, non è così semplice ed immediato perché significa entrare nel piano di salvezza che sa resistere alle difficoltà ed i disagi, i dolori e le sofferenze, i sacrifici e le rinunce che occorrono per raggiungere la realizzazione: rotolare la pesante ed opprimente pietra del male e del senso di sconfitta che ci attanaglia, per vincere con il dono del pane incarnato in ognuno, della forza del vino come sangue che scorre nella sorgente che soccorre e unicamente sostiene nel cammino della vita.
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