lunedì 11 marzo 2019

Il buon mattino





Quando pensai di fermarmi per raccogliere un sassolino e una foglia, mi venne incontro una civetta: ali bianche e grandi occhi gialli. Gettandomi addosso un passero solitario, volò poi alta e scomparve, ingoiata dalla luna.
Mi spaventai e mi ritrassi, come per difendermi. Lesto, però, mi chinai. Lo presi con molta delicatezza, come quando si coglie un papavero. Era vivo, caldo. Non cinguettò. Il tepore delle mie mani lo rassicurò. Lo osservai e mi venne il bel canto d’un tempo: Passero solitario, alla campagna / Cantando vai finché non more il giorno.
Il cuore, allor, ebbe un sussulto e un sospiro e gli occhi lacrime salmastre. Oimè, quanto somiglia / Al tuo costume il mio!, ricordo e gemo. E lui, piccolo, nell’incavo fattosi nido, par che mi guardò partecipando, forse, al mio dolore.
È questa la strada che conduce alle prime luci del buon mattino? Domandai con voce sommessa e speranza grande. Non un fremito d’ali, non un cinguettio. Devo avanzare o tornare sui miei passi? Chiesi, avvicinando le labbra al becco, sussurrando. Ma il passero tacque, immobile eppur vivo. So che: Tu pensoso in disparte il tutto miri, e quindi sai. Allor, lo portai e misi vicino al cuore, perché sentisse la mia tristezza.

E la sentì e cinguettò come ferito. Chiusi gli occhi e udii, ancor meglio, la risposta: Guarda e va’! Guardare? Ho già guardato, troppo. E andare, non mi va’. Guarda e va’! cinguettò ancora una volta. Allora, guardai e vidi…
Vidi l’orizzonte prender fuoco come incendio che sale verso il cielo e le stelle. Vidi colori che non avevo mai messo dentro i miei occhi. Colori caldi, non spaventevoli. Potevano, questi, essere quelli che il grande Oro getta scalando la Terra? Li vidi ed ebbi paura di diventare cieco. Ed ebbi paura di non rivederli. Ma la paura si mutò in ardore e l’ardore mi prese per mano ed io iniziai a camminare, passo dopo passo.
Vieni con me, fratello! Vengo con te, sorella! Uscii e la foresta si allontanò e in men che si dica scomparve.
E il buon mattino s’inchinò come un santo Re davanti ai suoi sudditi. Io tenni la bocca chiusa, ma il riso mi fece tremar le labbra e chinai la testa respirando il risveglio di mille e mille fiori. E quando risollevai gli occhi, ecco il mattino venirmi incontro, come amico fa al suo ritorno. Anch’io, allor, mi mossi verso quell’infinito dono. Così, m’accorsi che piangevo. Ma lui mi aveva già abbracciato e stretto.
Sentii tutte le sostanze entrarmi dentro e profumare le mie tristezze che, infastidite, aprirono i cassetti e, come api affamate, volarono via, lontano dalle mie stanze.
Il buon mattino si sedette ed io, sorseggiando una limonata, fischiettai due tre note come il giorno primaverile canta nei giardini del Mondo.
Ed il passero? Non so! Forse, è volato da lui per narrargli di un incontro felice con un uomo povero ma baciato dalle sorelle che ora danzano pazzerelle.

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