venerdì 15 febbraio 2019

Più Probabile che non di Chiara Evangelista. Nota di lettura di Cinzia Demi.



Originaria di Lecce, frequenta Giurisprudenza all’Università La Cattolica di Milano, Chiara Evangelista è tra le più giovani autrici di poesia che abbiamo in Italia in questo momento ed è già al suo secondo libro di poesie: dopo In medias res (I. Q.d.B. 2017) ecco infatti Più probabile che non (I Q.d.B. 2018) lavoro che porta la prefazione di Tomaso Kemeny e la postfazione di Donato Di Poce. Un percorso, si potrebbe dire, velocissimo nell’arte, e anche un percorso complesso che la vede infatti protagonista in teatro sia come autrice che come attrice. Su questo già c’è molto da riflettere. Laddove siamo indirizzati spesso fuoristrada da commenti e illazioni che portano le firme più disparate, sui giovani: non interessati, non  motivati, non colti, non informati, non… non … non… ebbene vivaddio non è così, non è solo così. Chiara ci offre un esempio lampante di quanto amore, interesse, passione possa esserci tra le giovani fila che si affacciano alla bellezza in senso lato, alla poesia nel caso specifico, andando anche e soprattutto a sperimentare forme vecchie e nuovissime di stile, di contenuto, di metamorfosi per cercare di trovare, di arrivare, di approdare a quella che diverrà la propria dimensione, la propria cifra e la propria visione poetica.


Ho letto dunque con estrema attenzione questo lavoro di Chiara Evangelista che già dal titolo, ovviamente, incuriosisce per quella sorta di provocazione che contiene, che se ne percepisce: cosa vuol dire “più probabile che non”? che è probabile? o quasi sicuramente probabile? o non improbabile?... si potevano trovare altri validi modi per esplicitare questo che definirei il “paradigma delle probabilità”… ma l’autrice ha scelto parole ben precise, ovvero “più probabile che non”… gioco di parole? (forse) furbesco rigiro letterario? (e perché no…!)  o ancora scelta ragionata sulla base di un significato ben preciso, per altro mutuato dalla disciplina oggetto del suo corso di studi, ovvero quella giuridica? In materia civile nell’accertamento del nesso causale vige infatti la regola del “più probabile che non”, regola che comporta un’analisi specifica e puntuale di tutte le risultanze probatorie, laddove un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, regola che detta quindi la preponderanza dell’evidenza… di quale evidenza parliamo in merito al contenuto della raccolta di poesie della nostra autrice? Quali sono gli eventi che hanno dato origine alla sua stesura: il secondo senza il quale non si sarebbe verificato il primo, e il primo stesso?... Andando con ordine, a mio parere, gli elementi da considerare nell’analisi del lavoro, pensando a questa direzione, sono di fatto almeno due: il contenuto e lo stile, inscindibili per la dimensione interpretativa del testo.
La modalità stilistica, è già stato detto anche dalle voci autorevoli del prefatore e del postfatore, è spiccatamente sperimentale con soluzioni che riprendono tesi dal “language poetry” – movimento d’avanguardia per la poesia, emerso tra il ’60 e il ’70 in risposta alla poesia tradizionale, sviluppatosi tra San Francisco e New York  - ma io vi ritrovo una vicinanza anche di quei ben noti Esercizi di stile che sperimentò Raymond Queneau all’interno de l’Ou.Li.Po., ovvero dell’“officina di letteratura potenziale” fondata nel 1960 in Francia allo scopo anche di avvicinare il sapere scientifico e umanistico, oltre che di evidenziare l’incredibile potere dell’alfabeto, della scrittura, della struttura del linguaggio  in grado di riprodurre la totalità del reale e di creare un numero altrettanto grande di permutazioni, di combinazioni di lettere, parole e frasi...
Così, ad esempio, ci sembra poter riconoscere in questa comparazione il testo:

Tanto per cominciare
non tanto per
ma tanto
per un
per

laddove ci si chiede la motivazione dell’inizio del tutto… o ancora il testo

CHICHIRI… CHE!
Non so chi ero
so che ero.
Non so che sono
so chi sono.

laddove l’io poetico viene messo in discussione a cominciare dal gioco onomatopeico del titolo… o ancora il testo

Toccare una corda sensibile
Ti ho retto la corda
ti ho dato corda
hai tirato troppo la corda
mi hai messa alle corde
e giù di corda
con la corda al collo
ho tagliato la corda.

laddove il tira e molla tra i due protagonisti del siparietto si gioca tutto sullo spazio dato l’uno all’altro, attraverso modi di dire legati alla parola corda, e finisce con la fuga di uno dei due… molto divertente.

Vengono in mente certo le filastrocche di Rodari, la sua Grammatica della Fantasia o quel Lasciatemi divertire di Palazzeschi, o ancora alcuni spassosi e rimati monologhi scioglilingua di Campanile (penso a La quercia del Tasso)… in questo testo che si sviluppa intorno a un contenuto di metapoesia e che s’impone per l’attenzione alle rime, quindi ad una delle particolarità retoriche della poesia stessa…

A rime obbligate
A rime obbligate?
Lasciatemi fare.
Al testo aggiungo un verso
sommerso dal contesto di rigetto
e mi getto in un altro capoverso.
A rime obbligate?
Lasciate che risponda per le rime
sulle mire centrate e mancate.

In merito al contenuto, alla poetica del libro, nel suo complesso, al di là dei singoli testi anche sinora esaminati, possiamo dire – legandola allo stile – che questa affronta con la leggerezza (ma non con l’incoscienza o con l’inconsapevolezza) insita nell’età e consona alla cifra stilistica i temi fondamentali della vita: l’amore, il dolore, la ricerca di identità, la nostalgia e si fa appunto metapoesia (come detto) raccontando come l’autrice intende lo scrivere, il suo scrivere, il suo regalarsi in modo “più probabile che non” ai suoi lettori.

Bologna, 15/02/2018

Cinzia Demi



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