sabato 8 ottobre 2016

STORIA D'AMORE, L'ULTIMO LIBRO DI DANIELE MENCARELLI.


In Storia d’amore, Daniele Mencarelli, prova a raccontarci di un’età dove regna sovrana la dimensione dell’immortalità, dell’eccesso, del riflesso negli altri, del contagio omologante, ma anche delle paure e delle passioni forti, talmente forti da stordire. A tener su questo testo ci sono i sentimenti buoni di cui sono armati i due protagonisti principali, sentimenti che prevalgono sulla vita, qualunque sorpresa essa riservi loro e che solo la poesia può impersonare.




Daniele Mencarelli nasce a Roma, nel 1974. Vive ad Ariccia. Le sue poesie sono apparse su numerose riviste letterarie e in diverse antologie tra cui L’opera comune (Atelier) e I cercatori d’oro (clanDestino). Le sue raccolte principali sono: I giorni condivisi, (clanDestino, 2001), Guardia alta (La Vita felice, 2005).
Con nottetempo ha pubblicato Bambino Gesù (vincitore del premio Città di Atri, finalista ai premi Luzi, Brancati, Montano, Frascati, Ceppo) nel 2010, Figlio nel 2013, Lettera d’amore (Lietocolle, 2015)

“Conosco Daniele Mencarelli da diversi anni. La sua poesia mi ha sempre impressionato per la capacità di raccontare verità nude e crude senza falsi moralismi o visioni catastrofiche del reale, anche quando vuol mettere in contatto il lettore con problematiche sociali, esistenziali e contestuali di un certo spessore. E’ un autore dalla parola forte e chiara come i messaggi che porta. Non servono giri di parole per dire ciò che accade intorno a noi, ciò che spesso siamo costretti a vedere, a sentire, certo impotenti di fronte a molto. Mencarelli è tra i pochi privilegiati capaci di saper tradurre l’esperienza di vita in esperienza poetica, capaci di costruire versi usando anche termini tecnici e specifici di un qualche ambiente particolare. Lo fa con mestiere e semplicità dando il giusto ritmo musicale per tenere su il testo poetico, con andamento a volte da canzone, a volte da filastrocca, a volte lirico e a volte spietatamente realistico. Le due raccolte di cui parleremo nell’articolo hanno molto a che fare con quanto detto e sono le ultime dell’autore. Evidenziamo subito che, tra l’altro, sono collegate tra loro dall’età protagonista dei testi, che è quella dell’infanzia, e che sono ambientate in suggestivi quanto reali contesti di vita. Il libro primo inusualmente in un ospedale, il Bambino Gesù di Roma, da cui prende il titolo il libro stesso; il secondo in famiglia, nel rapporto specifico in ciò che si crea nell’uomo che da figlio diventa padre. “Bambino Gesù” e “Figlio” sono editi entrambi da Nottetempo di Roma nel 2010 e nel 2013.” [http://www.altritaliani.net/spip.php?article2199]

Così scrivevo a marzo del 2015, intorno alla poetica di Mencarelli e dei suoi due ultimi libri. Oggi, a distanza di un anno e mezzo circa, torno a parlare di questo autore e del suo recentissimo lavoro Storia d’amore. Lo faccio apprestandomi al confronto e alla ricerca di une liaison fra questa sorta di trilogia sull’amore, perché - anche se così non fosse nelle intenzioni dell’autore, che la poesia spesso sfugge di mano al poeta, prende strade altre rispetto a quelle programmate – ciò che appare, ciò che resta impresso al lettore attento è proprio questa traccia che viene ripresa sui diversi tipi d’amore. L’amore per la sofferenza altrui – una sofferenza bambina, in specie -, l’amore per i propri figli – anch’essi bambini -, l’amore della giovinezza – quell’amore, il primo probabilmente, che si prova appena usciti dall’età bambina -. E di quest’ultimo, tutto ciò che accompagna l’età in cui viene vissuto: un’età dove regna sovrana la dimensione dell’immortalità, dell’eccesso, del riflesso negli altri, del contagio omologante, ma anche delle paure e delle passioni forti, talmente forti da stordire. Ebbene, il vissuto dei personaggi in questo contesto temporale, Mencarelli prova a raccontare in poesia, con passaggi a volte tremanti - magari per l’incedere di ricordi personali, per i propri vissuti che forse riaffiorano e non sempre sono stati metabolizzati - ma certo con tutta la forza della sua parola poetica, che non arretra neanche di fronte a un’impostazione di una love story che potrebbe far pensare a un déjà-vu, perché a tener su questo testo ci sono i sentimenti buoni di cui sono armati i due protagonisti principali, sentimenti che prevalgono sulla vita, qualunque sorpresa essa riservi loro e che solo la poesia può impersonare.

Storia d’amore



Storia d’amore (Lietocolle, Collana pordenonelegge, 2015) è dunque l’ultima fatica letteraria di Daniele Mencarelli. Il libro, articolato come un poemetto, in stanze datate, è ambientato negli anni ’90 e racconta la storia di due ragazzi giovanissimi (16 lui e 14 lei) che si innamorano e vivono la loro storia fino in fondo, circondati da un contesto studentesco che accoglie gli eccessi, ripudia – o almeno sembra ripudiare – i sentimenti, coinvolge e condanna i “non omologati”, induce spesso a scelte estreme per dimostrare pari dignità di comportamento. Non c’è commiserazione, non ci sono rimpianti, non c’è giudizio in questo lavoro. Ciò che ne esce è una sorta di cronaca dei fatti e, soprattutto, dei sentimenti che fanno grande l’uomo che - sebbene adolescente – è in grado alla fine di affacciarsi alla vita, di accettarne anche i risvolti più terribili come la morte. E c’è, soprattutto, la dimostrazione che la grande capacità di amare in maniera totalizzante, come se l’eternità appartenesse a quell’amore, può essere compresa anche in un’età giovanile dove ancora non è stato possibile vivere esperienze confrontabili. A mio avviso, il grande merito dell’autore sta nella dimensione empatica in cui è riuscito a calarsi, vivendo insieme ai suoi personaggi la stessa trama degli eventi, provando gli stessi impulsi e gli stessi sentimenti, al maschile e al femminile, allo stesso modo e nello stesso tempo. Inoltre, il versificare serrato e ritmato, che danno all’insieme un ritmo musicale - qualcuno ha detto di ballata popolare - di non certo banale realizzazione, forniscono gli strumenti per accelerare l’andamento della storia e al tempo stesso memorizzarla, rendendone un testo da non dimenticare, cosa che nei lavori poetici attuali non è poi così facile incontrare.


Qualche testo da: Storia d’amore

Undici Ottobre novantadue
sedici gli anni appena scoppiati
mille i cazzotti mille i baci
strappati dalle labbra di un paese
sgranato passo dopo passo,
senza mai soddisfarla veramente
questa fame infelice
questo desiderio cane di carne e vita
di voglie ubriache sempre in festa.
Non arriverà il sonno ma una perdita di sensi
un corpo sfinito che s’arrende
a qualcosa dentro di feroce.

****

Ogni sera un capodanno
il fuoco d’artificio esplode nelle vene
festeggiamenti da onorare in discoteche
dai nomi di templi venerati
dove in sacrificio si portano divieti.
Lampi di luce e tenebre
s’accoppiano soffiando sulla foia
appuntita su corpi ballerini,
“è la techno-music signorina”,
è il basso dritto della cassa
che raddoppia la velocità del cuore,
è la chimica mangiata a intervalli regolari
a darci questa gioia indurita alle mascelle,
a fare di noi fratelli allo specchio
occhi sgranati e denti di coltello.

****

Non sei niente di speciale,
vorrebbe il trucco nero sulle palpebre
accendere i tuoi occhi di mistero
ma lo sguardo quattordicenne resta,
anche il rosso passato sulle labbra
non brucia del fuoco immaginato
semmai ti fa sembrare mascherata
sei un carnevale con aria da maestrina,
su una panchina in mezzo alle tue amiche
gemelle per trucco e acconciatura
se passando è solo te che guardo
è per le voci che vogliono il tuo diario
invaso dal mio nome tra mille esclamativi.
Tu sarai una bocca come le altre
una parola vuota un corpo da bucare,
di te rimarrà un racconto serale
l’ultimo dopo tutte le cose serie.

****

Nove settembre novantatrè
ho pescato in ogni tasca
rubato nella mia casa
ho venduto al miglior prezzo
la croce di quando son nato
ma ora eccomi a te
in un astuccio rosso di raso
ti dono questa piccola fede
dentro inciso nell’oro
il mio nome porterai sulla pelle,
sarà il tuo scudo sarò io
quando lontana sarà la mia voce,
ora infila al mio dito
l’anello gemello il tuo nome d’oro,
Anna sei dono sei sposa
portami senza mai stancarti,
auguri per i tuoi quindic’anni.

****

Al giudice padrone della giostra
elefante nascosto dietro un palo
dritto negli occhi di stella
preso per le spalle montuose
a bruciapelo vorrei chiedere
cosa provi a sbriciolarci
fino a tornare polvere
fango sotto la suola delle scarpe,
perché non poter tornare al mondo
per come generato un paradiso
il giusto regno alla mia diva
al suo viso che son sicuro
ore di lavoro sarà costato,
e se anche il primo ti ha tradito
spiegami lei cosa c’entri
sconosciuta da ogni male
innamorata dei tuoi doni
meravigliosi nelle sue mani,
per lei ti prego fai un’eccezione
risparmiala bella com’è ora
non strapparla mai via,
ma a che serve pregarti
dio bambino divertito
a farci carte da castello
il tuo eterno nascondino.

Bologna, 8 ottobre 2016      

Cinzia Demi


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