di Subhaga Gaetano Failla
È bello trascorrere il Ferragosto con la propria famiglia, mantenendo la tradizione della gita sul mare e del pranzo sulla spiaggia, oltre la grotta del Trasiejesci, nei pressi d’un faraglione, l’Arcomanno.
Scalea, costa tirrenica calabrese, 15 agosto 1960. Si unisce alla mia famiglia, per la rituale uscita estiva, un mio giovane zio. Abbiamo affittato una barca colorata con vivide strisce bianche e rosse. Sullo scafo c’è scritto un nome, forse d’una santa. Ma io non so leggere, ho solo cinque anni.
Mio padre, nero come il carbone per l’abbronzatura e magrissimo, in piedi al centro dello scafo rema con vigore, lentamente. Gli spruzzi d’acqua sollevati nell’aria celeste e trafitti dai raggi solari brillano come gemme. Il mare profondo ha bagliori iridescenti e la superficie è percorsa a tratti da piccoli lampi chiari pulsanti di luce.
D’improvviso mio zio fa apparire dai suoi pantaloncini una fantastica armonica a bocca e suona. Io guardo a occhi spalancati e ascolto la musica azzurra. Poi ritorna il silenzio, e il battito dei remi nell’acqua, lo sfregare della corda e del legno negli scalmi, lo sciabordio sul fondo dello scafo. La barca odora di sale rappreso in un velo bianco e dal mare si innalza un profumo voluttuoso di alghe e di essenze salmastre che tutto avvolge e penetra.
Il cielo è sfolgorante, non si può guardare in faccia il sole, è accecante come il volto di Dio. Giungiamo sulla spiaggia della grotta. Tiriamo la barca in secco e sotterriamo al fresco, nella sabbia della battigia, il cocomero, il vino, l’acqua.
Ci sono sorrisi tra di noi e talvolta risate, e scopriamo nella spiaggia, scavando un poco con le mani, una vena d’acqua dolce che giunge dal monte e scorre sotto la prima pelle della riva. Le nostre parole hanno il calore dell’estate e il refrigerio d’ombrose grotte marine.
Poi il bagno, i giochi e il pranzo, e la lieve risacca che culla.
Infine torniamo a casa, quando il sole scende sull’orizzonte tirrenico.
È stata una bellissima giornata.
Guardo l’orologio nell’angolo in alto dell’immagine. Sono trascorsi esattamente quindici minuti, come programmato in Ferragosto Home-Sea. Ma nel tempo mentale sono trascorse invece circa undici ore.
Tolgo dagli occhi il visore e dalla testa due elettrodi. Un assistente mi aiuta a sollevarmi dalla lunga poltrona. Mi chiede se è tutto a posto. Rispondo di sì. Sono ancora un po’ stordito e con un sorriso confuso sul volto. Vado lentamente alla cassa facendo attenzione ai miei passi. Pago una somma notevole, ma ne è valsa la pena. È stato un Ferragosto meraviglioso.
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