giovedì 4 febbraio 2016

Su Il corpo sottile

AA.VV. Il corpo sottile. Hypokritès Teatro Studio: scena, media e società – Areablu Edizioni, Cava de’ Tirreni, 2016. 

recensione di Vincenzo D'Alessio



Enzo Marangelo è oggi il regista attore che ha percorso venticinque anni della sua esistenza accanto ai grandi della scena non solo teatrale. Vive a Solofra, in provincia di Avellino, ma ha navigato sulle onde di mari infidi portando con sé una ciurma di marinai, alcuni persi, rimpinguata di stagione in stagione.







Il volto corrugato dalla tempeste, il naso sottile rivolto ai venti, gli occhi spalancati sull’oceano mare che ad altri avrebbe fatto tremare i polsi prima ancora di intraprendere il viaggio. Oggi, nel complesso monumentale di Santa Chiara in Solofra, sono esposti alcuni dei suoi approdi, non tutti, perché a volerli raccogliere non basta il volume messo in cantiere dalle mani di solidi critici e studiosi di teatro.

Il volume reca il titolo: Il corpo sottile. Hypokrytès Teatro Studio: scena, media e società. Che cos’è questo volume/catalogo curato introdotto da Pina De Luca, con i contributi di Vincenzo Del Gaudio (pp. 7-10); Rino Mele (pp. 11-12); Alfonso Amendola (pp. 13-18); Emanuela Ferrauto (pp. 19-32); Carla Rossetti (pp. 33-38); Grazia D’Arienzo (pp. 39-50); e di nuovo Vincenzo Del Gaudio (pp. 51-61). Seguono pagine ricche di immagini e un diario delle produzioni della Compagnia Hypokritès a partire dalla data della sua fondazione: 13 febbraio 1990.

Finalmente vengono accesi i riflettori sul lungo e periglioso viaggio del giovane perito chimico, al servizio di un’azienda internazionale, che ha lavorato nell’ambito della Città della Concia per eccellenza da più di cinquecento anni, contribuendo con sapienza alla crescita della sperimentazione dei nuovi prodotti dall’artigianato all’industria e vestendo, di nascosto, gli abiti del profeta del teatro.

Nel corso del tempo le vestigia della città di provincia, che in passato aveva vissuto un’intensa attività di teatro, ben due teatri attivi in città, grazie all’energia positiva della classe media che si adoperava per risalire nella stretta stratificazione sociale rispetto alla massa operaia, sono state riprese dall’ingegnoso giovane che aveva sognato sempre di studiare, sperimentare, tenere aperto i veicoli di scambio.

Il testo pubblicato oggi, non diverrà l’apologia della Compagnia Hypokritès, tenta un’uscita dal palcoscenico in forme diverse, senza scrosci d’applausi, con il dubbio che accompagna lo spettatore interattivo che tocca con mano le scene, gli attori, il teatro della vita, risucchiato dall’energia cinetica che si sviluppa all’interno dell’azione scenica.

“(…) il palco forzato della psicoterapia è un palco mortale, e dove vedevo tutto fuoco (il fuoco dello studio, il fuoco dell’amore ) ora vedo malattia (la malattia dello studio, la malattia dell’amore) (e il fuoco politico durò poco, non poteva resistere). avere un animale – come il Cane e il Gatto – ti abitua alla salvezza: sono selvatici, sempre; ma chi è selvatico si salva, perché non è nel carcere d’amore.” (Massimo Sannelli, Digesto (Vernazzola, Settembre 2014, p. 13).

Bene ha scritto il curatore dell’opera Vincenzo Del Gaudio: “(…) In questo orizzonte quello che a prima vista può sembrare un minus per l’analisi del lavoro di Hypokritès, cioè quello di essere radicato territorialmente, diventa un plus in quanto in esso trascende l’intera Solofra, la sua storia e soprattutto la sua gente, in esso la lotta per la rappresentazione è lotta per la società, per la continuità e da ultimo per il teatro. In definitiva questo testo vuole essere un lavoro di testimonianza ma allo stesso tempo intende tematizzare e problematizzare i temi dei lavori di Hypokritès per leggerli all’interno del contesto nel quale nascono e crescono. In ultima istanza quindi è il concetto di provincia non intesa semplicemente come luogo geografico ma piuttosto come una particolare regione dell’immaginario a diventare tema decisivo attraverso il quale le costruzioni drammatiche della compagnia assumono una luce nuova che investe inevitabilmente teatro, tecnica e società. Tale concetto di provincia si costruisce intorno ai propri schemi sociali e alla propria lingua, generando continuamente un nuovo processo di logogenesi dove la lingua si rigenera e rinasce sedimentandosi intorno alla complessa esperienza spettatoriale che il movimento della sperimentazione di Hypokritès impone.” (pag.10)

Come accadde per il re della modesta isola di Itaca nel viaggio di ritorno dall’epica guerra di Troia, durata quasi quanto l’epopea della Compagna Hypokritès, le gesta di Enzo Marangelo vengono rimandate al cospetto della memoria collettiva, in continuo fermento, attraverso i file virtuali di questo secolo XXI prigioniero delle immagini.


Montoro, 4 febbraio 2016 dr. Vincenzo D’Alessio

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