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Iscrizione al Roc n. 21969.
Registrazione presso il Tribunale di Cosenza
n. 817 del 22/11/2007.
Issn 2035-7370.
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Direttore responsabile: Fulvio Mazza
Direttrice editoriale: Graziana Pecora
Anno VIII, n 84, agosto 2014
Direttrice editoriale: Graziana Pecora
Anno VIII, n 84, agosto 2014
L’immagine al microscopio dell’esistenza
di Giuseppe Nativo
Da Fara, il viaggio interiore di un anatomopatologo
che cerca il senso della vita
che cerca il senso della vita
Ci
sono racconti per tutti gli animi, ci sono racconti che riempiono gli
animi. Ci sono storie tratte da vicende vere e altre inventate. Tutte,
comunque, sono ancorate all’abilità della penna dell’autore che traccia
la scia delle sue “impronte” narrative, pagina dopo pagina. Ci sono
narrazioni che volano alte per atterrare nel cuore di chi le leggerà.
Tali sensazioni guidano la lettura di Formalina
(Fara editore, pp. 180, € 14,00), recente fatica letteraria di Gaetano
Giuseppe Magro, professore associato di Anatomia patologica presso la
Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Catania, al suo
secondo romanzo dopo aver pubblicato varie raccolte poetiche. Nato tra
le spumose rive di un Mar Mediterraneo dal sapore ancora saraceno e tra
vetusti palazzi sciclitani, la cui ombra si proietta sulle levigate
basole che riverberano atomi di luce barocca, l’autore, nella sua Nota introduttiva,
confessa di aver scritto «questo romanzo perché molta gente (tra cui
molti medici) non sa cosa sia, né tantomeno conosce, l’oggetto
d’interesse dell’anatomia patologica».
Il mondo visto con gli occhi di un anatomopatologo
Ma
chi è l’anatomopatologo? È un uomo che cerca muta gloria nel silenzio
della sua stanza in un quotidiano incontro con «il mal di vivere
cellulare» e costretto «a danzare sugli orli» di precipizi rappresentati
dalla fredda dicotomia tra patologia benigna o maligna. Si tratta,
puntualizza l’autore, di «una continua sfida pirandelliana tra forma e
realtà che si consuma nella retina dei suoi occhi, sotto le lenti ad
alto ingrandimento di un microscopio ottico» cercando di colloquiare con
le cellule per convincerle «a sussurrare il loro ultimo segreto». Un
continuo indagare, dunque, in cui «non vede mai la realtà delle cose che
osserva, ma soltanto i suoi riflessi […] ombre di verità filtrate» che
gettano luce su «un mondo che vive su un’altra lunghezza d’onda». Una
dimensione reale e infinitesimale di cui, però, l’occhio umano riesce a
distinguere solo i contorni macroscopici come i pezzi di organi o di
tessuti umani, posti sotto formalina, che si trovano nel museo
anatomico, luogo di incontro dell’uomo e la donna protagonisti del
romanzo. Un luogo che invita molto a riflettere sul senso della vita;
una sorta di «cimitero dal sapore trascendentale» in cui si trovano
«referti inquietanti» di impalcature cellulari, «la controparte reale
delle monche esistenze montaliane» che vibrano tra il nulla di un prima e
il nulla di un dopo.
I due protagonisti
Lei
è Ambra, dal profilo tipicamente mediterraneo e dai lunghi capelli nero
pece: per molti è «una ragazza difficile» perché rifugge dagli uomini
che ostentano il «potere sociale» e perché colpevole di aver spostato
«l’asticella dell’amore» una manciata di centimetri «al di sopra della
linea mediana frequentata dalla maggior parte delle donne». Segni
caratteristici: si porta appresso l’ombra lunga delle poesie che legge
e, soprattutto, possiede una spiccata passione per la lettura e la
scrittura.
Lui
è Ruggero, brillante anatomopatologo, che, sedotto «dalle morfologie
alterate del vivere» e pervaso da una profonda tristezza esistenziale,
avverte il peso della sua professione dedita ad analizzare vetrini su
cui sono imprigionati «minuti frammenti d’esistenza in attesa di un
giudizio universale». La sua attrazione per Ambra rappresenta
un’occasione di allontanamento, l’uscita momentanea da quel mondo
microscopico che lo impegna senza posa.
È
narrato l’incontro tra due «esistenze materiche», due diverse
dimensioni, che si trovano «nelle stesse coordinate di spazio e tempo»
ma caratterizzate da pensieri che gravitano «attorno a due galassie
distanti milioni di anni luce». Parole e sguardi che cercano il punto di
intersezione. È «il gioco irrazionale dell’amore». Un gioco che non si
svolge in uno spazio fisico, ma in un «luogo metaforico della mente»
dove invisibili particelle atomiche «ruotano, talora toccandosi tra
loro» in un ordinato caos di traiettorie che esulano «da leggi fisiche
ineluttabili». È il fascino dell’esistenza che però stride con la
patologia improvvisamente riscontrata nella zona anatomica più intima di
Ambra. Patologia che si rivela punto cardine dell’intera architettura
narrativa e che l’autore, con linguaggio fluido, infarcito di citazioni
letterarie, filosofiche e medico-scientifiche, propone ai lettori
indagando quelle aree crepuscolari fra eros e dimensione della vita, e con una location “pettinata” (per usare un’espressione cara all’autore) e “girata” tra la zona iblea più a sud di Tunisi e la città di Kafka.
Nel titolo Formalina
vi è la sintesi di una professione medica, quella dell’anatomopatologo,
presentata con rilievi contrastanti che toccano la quotidianità
attraverso anche la vampa d’amore che nasce dirompente tra i due
protagonisti e che poi svanisce senza un perché comprensibile e con un
finale a sorpresa.
Giuseppe Nativo
(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 84, agosto 2014)
Redazione:
Francesca Buran, Ilenia Marrapodi, Pamela Quintieri, Francesco Rolli, Fulvia Scopelliti
Francesca Buran, Ilenia Marrapodi, Pamela Quintieri, Francesco Rolli, Fulvia Scopelliti
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