martedì 25 marzo 2014

Una vita senza l’oltraggio della storia è strada senza impronte


I giorni e le strade di Carla De Angelis

 
recensione di Teresa Armenti

 
Profondo, essenziale, empatico.
Fluido, sinuoso e ritmico.
Così si presenta il florilegio di Carla De Angelis, pubblicato da FaraEditore di Rimini nel gennaio 2014.
Con i piedi per terra e lo sguardo rivolto al cielo, la poetessa assapora il delicato profumo di rose mentre affronta la fatica dei giorni con coraggio, senza innalzare lamenti, ma osservando in silenzio i gesti della gente che per strada cerca di evitare la vista del diverso. Intanto disegna angeli per trovare quello giusto che ama la luna e le stelle e prepara mille carezze.
C’è un intenso lavoro interiore fatto di collera, che scava un solco nell’anima lacerata da rabbia, inquietudini, inganni e accarezzata da sogni, attese e mormorii. I turbamenti, a lungo trattenuti, esplodono in emozioni che si dilatano, fanno piroette, si inabissano e, sollevandosi, affidano al vento i sospiri.
Dalle pagine fatte di pause e di spazi bianchi si sprigiona una musica misteriosa, che fa diventare utopia l’impossibile e culla il canto accompagnato dalle gocce che scendono dalle nuvole. Le parole, cesellate delicatamente da un pensiero che si posa sul vapore del fiato, sono scolpite nella quotidianità, come afferma Stefano Martello nella prefazione, e invitano a rubare all’istante il suo significato. Affiorano i ricordi, che hanno il profumo del pane. Il buio si insinua lungo la via alberata che si trascina in curve; per sfuggirgli la poetessa sale su una stella cadente alla quale lega i suoi sogni. Ma la triste realtà subito le appare in tutta la sua gravità: è una discarica, una banca, i sacchi dell’immondizia, la carretta troppo carica inghiottita dal mare, la donna malmenata ed arsa viva, la gente indifferente. Si rasserena quando apre la finestra e il suo sguardo si posa sul grano, nei fili d’erba, sul gattino che sbadiglia, sul gregge che passa protetto dal cane bianco e sulle gocce di acqua che scendono dalle foglie insieme al sole che sorge. La Nostra racconta, con uno stile sobrio, i suoi giorni vissuti tra l’abisso e la salita per conquistare le stelle della sera, i suoi percorsi fatti di tornanti che rallentano il cammino, soprattutto quando il suo cuore batte più forte e i battiti sono senza controllo. Un vuoto si impone nella mente e si colma di paura, che viene vinta dalla percezione di un Ente che si abbassa sulle sofferenze, diventa un dio che appare sul viale, piange e prende sottobraccio, ma è anche un dio che ogni giorno presenta il conto. La Nostra lo chiama Signore quando gli chiede scusa se non ha ricordo dei giorni vissuti e quando gli domanda di concedere la gioia di fare germogliare con poca fatica il seme da lei donato alla terra, mentre l’arcobaleno colora la tempesta.
Le poesie di Carla DeAngelis sembrano pensieri sparsi, ma c’è un filo conduttore che li unisce. È il senso della vita che sta nell’amore.  Solo chi sa amare fino a dimenticare sé stesso per donarsi al fratello – affermava Papa Giovanni Paolo II a Santiago De Compostela durante la IV Giornata Mondiale della Gioventù – realizza a pieno la propria vita ed esprime nel massimo grado il valore della propria vicenda terrena”. E la De Angelis, la poetessa della Portuense, ci indica le strade dell’Amore, “mettendo in versi i propri guai migliori”, e nel suo silenzio fa “ben più rumore di una dorata cupola di stelle” come sosteneva Alda Merini, la poetessa dei Navigli.

1 commento:

  1. Ringrazio la poetessa Teresa Armenti che ha scritto poesia sulla lettura del mio libro.

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