di Roberto Borghesi
Inizia il viaggio. Letterario? Palmare? Da dove incominciare? Dai piedi? Ma i piedi non hanno occhi, si dice e si dice anche però che sotto la pianta del piede sia designato tutto il nostro corpo. Dunque sembrerebbe che non basti poi camminare poi tanto per conoscersi. È forse l’anima che ha più bisogno di movimento per respirare e riflettersi. Sì. E si parla bene quando si parla di “viaggio dell’anima”. In fondo, tutta la letteratura è un immenso viaggio intorno all’anima; intorno? O dentro. Ma come è fatta l’anima, poi? In quanti ci si sono interrogati, in quanti sono partiti per cercarne i confini che come dice il saggio, per quanto li cerchi poi non li trovi. E se l’anima fosse nei piedi? E se l’anima fosse il motore pulsante della letteratura per questo molta di essa sarebbe storie di viaggi ed itinerante? l’anima non sarebbe altro che un piede. Oltre tutto sappiamo che un piede riesce a tenere tra le dita una matita e si sa di una scimmia che tambureggia non si sa bene con quali risultati letterari i tasti di un computer. Sì, possiamo proprio dire che scrivere con i piedi non è così male. Non scriverò della immensa letteratura di viaggio, delle narrazioni di itineranti, biblioteche di cartografie e di poesie fluviali e ondeggianti. Parlerò invece dei piedi di uno scrittore immersi a bagno in una vasca a fare un pediluvio, magari di un giornalista alle prese con le maronate della quotidianità, le incazzature condominiali e i chilometri da fare per andare a cambiare una cambiale. Come a lui, a quanta gente, alla sera, dopo avere corso tutto il giorno dietro alle tasse, una bacinella fumante è il massimo dei viaggi nei caraibi promessi. E mi chiedo a questo punto se Dostojeskj non pensasse di scrivere anche con i piedi per raddoppiare le pagine che gli pagavano. Se i piedi fumano, il cervello pure non è da meno in questo mondo nebbioso e sempre più incerto. Ma uno scrittore che sta in piedi è uno scrittore con gli attributi, certo, ma che pure per pigiare i tasti dovrà stare seduto, anche se un grande filosofo dubitavano dai pensiriu che venivano dalla scrivania. E la poesia? Be', bisogna pensare che vada scritta sulle punte quasi a forma di matita. Credo che se tentassi di scrivere con i piedi lo farei in cinese, trascrivendo qualche racconto di Borges, e dipingendo fiori improbabili. Ma so che vorrei che i miei piedi mi portassero sulla cima dell’Himalaya con passo leggero, portando solo una bisaccia e un piccolo libro di saggezza che mettesse al centro la tenerezza del Signore, la su quelle cime ventose e i miei piedi tocassero il confine tra la terra e il cielo e capovolgendomi scrivessi con il mignolo su una nube dorata; pace sulla terra inamorata.
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