specializzanda in Anatomia
Patologica (Università di Catania)
Questo libro altro non è che un trattato scientifico-filosofico che, per
usare un’espressione cara all’autore,
“si è pettinato” da romanzo:
c’è una spietata analisi della dicotomia dell'animo umano filtrato attraverso
le figure dei due protagonisti, Ruggero e Ambra. L’autore esprime nella
protagonista femminile la leggerezza calviniana infusa di passione, emotività e curiosità; l'animo acerbo di
Ambra è ancora pregno dell'illusione che ogni essere umano coltiva durante la
giovinezza: poter controllare ed eventualmente dirottare il proprio avvenire in
qualsiasi istante lo si desideri. Così, per la durata di poche pagine, l'autore sembra rivivere attraverso Ambra la spinta giovanile del sé stesso non-vissuto
e che probabilmente manca all’appello dei suoi quasi cinquanta anni (48 per
l’esattezza), relegando in Ruggero tutto ciò che di più pesante, ripetitivo e
scientificamente tedioso possa esserci nella figura dell’anatomopatologo,
scettico e disilluso studioso che trascorre la propria esistenza lontano dalle “vite degli altri”, compulsivamente soddisfatto solo se
perennemente sepolto in mezzo al suo mare di libri, pubblicazioni scientifiche,
vetrini che nascondono casi interessanti da decifrare, blocchetti paraffinati e
vecchie scartoffie (in quanto accanito
sostenitore del “è sempre meglio non buttar via niente che tanto le
mode ritornano e non si sa mai!”).
Ruggero è il medico specialista in anatomia patologica che vive con
passione i pochi metri quadrati del suo laboratorio, crucciandosi talvolta di
quanta vita “non vissuta e insostenibilmente leggera” esista appena aldilà di
quella porta, consolandosi – forse –
con l’illusione che quella vita non sia poi così interessante rispetto al suo
agognato mondo cellulare. L’attrazione per Ambra rappresenta per il
protagonista un’occasione di allontanamento, l’uscita momentanea da quel mondo
microscopico che lo impegna senza posa e a cui egli è “quasi religiosamente” devoto. Ambra è per Ruggero ciò che la
poesia è per l’ anatomopatologo: “la
poesia è la libera uscita di ogni essere umano, la possibilità di spingere la
parola ai confini del linguaggio, cercando di toccare almeno i piedi della
divinità… è il miglior strumento diagnostico per tentare la biopsia di Dio”.
La poesia per Ruggero è anche la discesa verso un mondo dominato dall’emotività psichica, il
luogo della mente dove ogni impulso irrazionale può assurgere a forma fisica, un
mondo lontano dagli affanni e dalle frustrazioni della vita quotidiana. Un
mondo nel quale a ogni “diagnosi
complessa” è concesso il beneficio del dubbio. La poesia – che pervade
questo romanzo – è il fuoripista inaspettato dalla “scia delle lumache mediocri”, quella “scia” su cui ciascun
uomo, con una convinzione che non di rado rasenta la follia, quotidianamente e
ineluttabilmente avanza. A questo
proposito l’autore, in una delle sue poesie particolarmente gravide di
scetticismo, scrive:
nessuno sa di esserci per l’altro
e tutti insieme però non
sanno
che fanno il mondo che ci è toccato
questa punta d’ernia
strozzata
chiamata terra, che gira contenta
portandoci tutti verso
una nuova stella
o, forse chissà, fuoripista nel gran premio del niente
Nessun commento:
Posta un commento