venerdì 31 agosto 2012

Marco Fratta vince il concorso Faraexcelsior 2012

Con il racconto lungo Il pittore di parole, Marco Fratta, torinese, ha vinto la sez. A del concorso Faraexcelsior  2012 (per la sezione poesie v. farapoesia.blogspot.it/2012/08/francesco-filia-vince-il-concorso.html ), con le seguenti motivazioni:

«Dario, di Torino, con l'amico francese Bernard va in Svezia e fa il poeta. Tornato in Italia diventa ingegnere per realizzare il sogno di Bernard: una grande giostra che verrà costruita a Singapore. Colpisce di questo testo l'atmosfera assolutamente fiabesca, in cui l'autore pare avere concentrato sogni, aspirazioni e velleità con notevole immaginazione.» (Marina Sangiorgi)

«Non troppo coinvolgente nella trama, ma fluido e piacevole nello stile (e poi la citazione di Nick Drake in esergo vale un punto).» (Paolo Galloni)

«Il pittore di parole è un racconto che cattura l'attenzione e spinge a proseguire la lettura. Se questo basterebbe a distinguere la buona narrativa dalla cattiva, qui si aggiunge una proprietà di linguaggio evidente, a volte anche troppo. L'autore sa come strappare la risata, pur indulgendo a scrivere di sé nello scegliere un poeta come protagonista (e non rinunciando a prendersi la propria personale rivincita sulla "grande tradizione poetica italiana"). Un lavoro senz'altro buono.» (Paolo Calabrò)

«Una scrittura giovanile, lucida, coerente, al bivio tra oggettività e soggettività, che coniuga uno stile squisitamente poetico ad una prosa informale e gergale, capace di esaltare la forza espressiva, creativa e la tensione ideale dei protagonisti. Un racconto di formazione che passando attraverso una serie di mutamenti, esperienze, desideri, insoddisfazioni, contraddizioni sociali, drammi psicologici, approda ad esaltare i valori dell’interiorità , dell’altruismo e dell’amore. Il  tutto dentro la cornice materiale e  spirituale del viaggio-avventura attraverso le diversità e i contrasti di un’Europa (nord-sud) che viaggia ancora con marce e opportunità diverse.» (Maria Pina Ciancio)


Non hai nulla da temere.
Perché i sogni che si mostrarono a te, così giovane
parlavano della vita come un'eterna primavera.
Nick Drake

1.
Sul porto di Göteborg ormeggiava una sana quiete di primavera. La brezza virava verso ovest, come un elicottero impazzito di fronte ad ostacoli di carta. I capelli oscillavano liberi, i berretti minacciavano le fughe più pittoresche tra la schiuma delle onde. Piccole folle si affacciavano verso il mare, con un certo fascino mansueto tra le righe del sorriso. I mari del nord sono così, d’altronde, quando li guardi: se non vuoi piangere devi sorridere.
Iotebori, insisteva lo svedese alla fermata dell’autobus. Sarete pure italiani, ma adesso siete in Svezia. Io non farei i capricci per imparare a dire Castelvetere sul Calore, Capriate San Gervasio, Satriano di Lucania, Ci-vi-ta-vec-chia. Si dice Iotebori, non siete in un posto qualsiasi.
Poco più avanti alcuni adolescenti sfrecciavano sullo skateboard, così veloci che avrebbero potuto disegnare nell’aria le frecce tricolore di cui tutti ricordiamo un tragico incidente. Indelebile memoria nazionale.
Sulla Saltholmsgatan, l’immensa via che costeggia il promontorio, il tramonto era sottile e poco invadente. Non aveva alcuna fretta di annunciare la sera. Sembrava che le linee rosa del cielo dovessero in qualche modo arrivare in ritardo ad un appuntamento. Come le linee d'ombretto sotto gli occhi di una donna, quando il citofono è già suonato da un pezzo. Ma la meraviglia esiste per farsi attendere: questa è la storia di tutti.

Iotebbuori. Vabbene accussì? Sì sì, d’accordo. Sotto i tramonti della Svezia va bene qualsiasi cosa. Chiamalo eccesso di tolleranza da meraviglia geografica. Può funzionare, no?

Il promontorio è una bestia terrestre costeggiata dai panorami. Puoi perderti. Ovunque tu decida di volgere lo sguardo: ti perdi. Sei pulviscolo atmosferico nella realtà che ti rimpicciolisce. La radice dell’inquietudine, in quel caso, è lo smarrimento della tua dimensione fisica. Anche grazie a questa percezione esistono i poeti, poichè frammentano le impressioni per sentirsi meno piccoli, che non vuol dire sentirsi più grandi: si tratta di colmare il proprio vuoto di fronte all’immenso scrivendo parole senza tempo. Lunga vita ai poeti.
Sul promontorio la Svezia rimane senza Göteborg, poichè prestata per un istante perpetuo all’Oceano che diventa terra. Chiome bionde di donne bellissime raccontano la storia di un pezzo di terra che stuzzica le meraviglie del mondo. Poco lontano i fiordi norvegesi fanno da cornice alla gioia sempiterna. Probabilmente Cristo si è messo a scalpellare la costa con il massimo della noncuranza, fino a creare una meraviglia: sì, deve essere andata così, poichè la chiesa di Oscar Fredrik è sempre piena di gente.
(…)


Autopresentazione

“Ma cosa ci troverai di così meraviglioso in questa Scandinavia?!”. Parole frequenti, interrotte dalle note orgogliose del mio basso elettrico. Parole che ascolto fin dai tempi in cui ogni sogno sembrava possibile… e radermi una sola volta alla settimana era perfino eccessivo. Eppure io sentivo addosso le suggestioni di quella terra già da adolescente. “La dipingerò” mi promisi più volte. O meglio “ci dipingerò dentro una storia”. Perché oltre la Scandinavia e il basso elettrico, tra le mie passioni, c’erano anche le parole. Potrei sostituire la Scandinavia con il paradiso, ma non andrei da nessuna parte senza le parole.

Marco Fratta è nato a Torino nel 1987. Scrive romanzi, poesie, racconti e suona il basso elettrico. Ha pubblicato il romanzo La scatola nera (La Riflessione 2007) e la raccolta Il ronzio degli insonni – Poesie dal 2004 al 2008 (Lulu 2009). Il romanzo d’esordio è stato pubblicato anche in lingua francese in formato ebook (La Boîte noire, Abelbooks 2012, traduzione a cura di Marie-Bernadette Giraud). Nel 2009, con la collaborazione degli attori Alan Mauro Vai e Vincenzo Di Federico, ha creato il Marco Fratta Reading Project, forse il primo reading italiano su sottofondi di basso solo. Alcune parti dello show si possono trovare su Youtube e Vimeo. Da sempre appassionato di Rock Progressive, ha suonato con promettenti formazioni di rock d’avanguardia, ma ha anche collaborato con alcuni cantautori tra cui Mezzafemmina (al secolo Gianluca Conte). Per lui ha arrangiato e suonato le parti di basso del disco Storie a bassa audience prodotto da Gigi Giancursi & Perturbazione.







Opere segnalate
Ho scelto di morire all’alba perché la sera era troppo lontana 
Le verità di Jacob, ovvero il calice dei vinti

di Marina Minet (Francavilla sul Sinni, PZ)


Marina Minet nasce a Sorso nel 1967. La sua scrittura rivolge un’attenzione particolare ai tomenti dell’esistenza e alle semplici inquietudini. Ha pubblicato tre monografie poetiche: Le frontiere dell’anima (Liberodiscrivere® edizioni, 2006), Il pasto di legno (Poetilandia, 2009) disponibile su Lulu e la recente pubblicazione in ebook So di mio padre, me (Clepsydra Edizioni, 2010) scaricabile on line. Fra le altre pubblicazioni ricordiamo i romanzi collettivi al femminile ESTemporanea (Liberodiscrivere® edizioni, 2005) e Malta Femmina (Ed. Zona, 2009), il poemetto in prosa-poetica “Perdono in supplica d’impronta esangue in monologo d’augurio al pasto” (da Amantidi – Vittime, Magnum Edizioni, 2006). Un suo racconto per bambini è stato pubblicato nella raccolta antologica A mezz’aria (Liberodiscrivere® edizioni, 2006). Il racconto “Metamorfosi nascoste” recentemente è stato pubblicato nell’antologia Unanimemente a cura di Gabriella Gianfelici e Loretta Sebastianelli (Ed. Zona 2011).



FLY di Loredana Capellazzo (Rovigo)

«Giornalista indaga sul suicidio di un ragazzo e ha piccola storia d'amore. Andamento scorrevole, fitto di dialoghi, prosa efficace. Testo interessante, che ha il pregio di interrogarsi sulla fine della speranza nelle ultime generazioni.» (Marina Sangiorgi)
«L’idea di partenza è interessante, ma il risultato, per così dire, è sotto tutti gli aspetti medio.» (Paolo Galloni)
«Il suicidio di un giovane è occasione per una critica sociale che tira in ballo i grandi temi della morte della speranza. L'azione scarseggia in favore del discorso diretto; dal quale trapela tuttavia da parte dell'autore la gran voglia non solo di scrivere, ma anche di raccontare. Inclinazione da condurre alla maturazione stilistica che gli argomenti qui scelti necessariamente richiedono.» (Paolo Calabrò)



Lunedì

I - l’amico di famiglia


-E così, lei è venuto per parlare di Fly.
-Fly?
-Si accomodi, prego – il signor B. prese posto sulla poltrona da un lato dell’ampia scrivania e indicò al giornalista la sedia di fronte. – Sì: Fly… Aurelio.
-Fly? Perché Fly? – il giornalista trasse dalla borsa il taccuino e lo posò su un angolo libero del piano di legno sporgendosi verso il signor B.
-Ah, questo non glielo so dire. È un soprannome, non so da dove venga o chi glielo abbia dato.
Il giornalista appuntò un paio di righe con una brutta scrittura quasi indeci-frabile.
-Mi scusi - disse il signor B., unendo le punte delle dita, – ma quando lei ha parlato con mia moglie non è stato molto chiaro. Può dirmi di che si tratta? Una ricerca di che genere?
Il giornalista raddrizzò la schiena e assunse un’aria professionale nel rispondere:
-Lavoro per il professor ***, sociologo ordinario alla Sapienza, magari lo avrà sentito nominare?… Non importa: il professore ha in progetto un saggio sui problemi dei giovani. Uno dei tanti, dirà lei, in questo momento di sbandamento della gioventù, quando gli adulti cercano risposte ma si preoccupano poco di fare le domande giuste. Questo lavoro avrà un taglio diverso: i giovani visti da dentro, che raccontano se stessi o sono “raccontati” da chi li conosce bene, non dai soliti sociologi o psicologi da tivù. Abbiamo esaminato e scelto alcuni casi di cronaca, sperando che ne esca qualcosa di buono. È una ricerca sul campo, il professore non si è voluto servire di assistenti, ma preferisce pagare dei professionisti: giornalisti, come me. Siamo in tre, sguinzagliati a raccogliere dati e interviste. A me è capitato il caso di Aurelio Martin, ed eccomi qua. La ringrazio per avermi ricevuto, lei è la prima persona che abbia accettato di parlarne. La sua famiglia è stata assolutamente ostile, ma è comprensibile.
-Eh, può ben immaginare – il signor B. sospirò. – Ho capito. Non so se potrò es-serle molto utile, però. Conosco bene suo padre, siamo amici d’infanzia, ma Aure-lio… Sa come sono i giovani. Una volta, quelli della mia età li chiamavo “matusa” e mi parevano più vecchi dei dinosauri - un sorrisetto accomunò i due uomini.
-Direi di provare, almeno – il giornalista riprese il notes. – Se preferisce, farò io le domande, oppure può parlare lei, dirmi tutto quello che vuole o che sa di lui. Per esempio: davvero non ha idea di come abbia avuto quel soprannome: Fly? È curioso. Deve avere un significato.
-Mah, sa come sono i soprannomi: nascono dalle più piccole sciocchezze, magari da un episodio che risale all’infanzia e che nessuno ricorda più. Io, per esempio: il mio nome è Giacomo, ma gli amici ancora mi chiamano Pippo.
In segno di cortese interesse, il giornalista alzò un sopracciglio e il signor B. spiegò:
-Viene da “ippopotamo”. Vede, da bambino ero molto grasso – sorrise.
-Cosa può dirmi allora di Au… di Fly? – penna in mano e aria concentrata, il giornalista fece intendere che era ora di lavorare, per lui.
Il signor B. annuì, corrugando la fronte.
-Mah, in realtà, ripeto, non posso dirle molto. Cosa vuole, i ragazzi di quell’età so-no chiusi come ricci, insofferenti delle regole, e lui più di altri. Sempre controllato, misurato, mai una parola di troppo e neppure una scortesia con noi “matusa”. Ma anche assolutamente misterioso, direi. Con gli occhi sempre spinti in avanti…

(…)

Loredana Capellazzo risiede a Rovigo, collabora con riviste storiche e letterarie, organizza eventi culturali, tiene Laboratori di scrittura e cura una trasmissione televisiva culturale presso l’emittente Veneto Oggi (RO). Ha vinto numerosi premi nazionali e internazionali con opere edite e inedite. Opere edite - Romanzi: L’oro del grano - Il rosso del dolore - Il verde delle foglie nuove, trilogia scritta con Paola Trivellato; Perché si ruba un angelo; Buck e Signora; Lettera firmata, La rosa d’argento scritto con Roberta Fava; volumi di racconti: Il cavaliere fulvo e altri incantamenti, Stelle basse; biografia dell’artista: Sandro Penzo. L’anima, l’arte e la vita.



Minuti 
 di Antonella Marani (Imola)

«Pur a fronte di una certa trasandatezza nell'ortografia e nella punteggiatura (talvolta nella scelta dei termini), "Minuti" è una storia che presenta tratti di originalità e di interesse. È un peccato che la riflessione - contenutisticamente rilevante - prenda tanto il sopravvento sula parte narrativa, togliendole il respiro. Ora, se da un lato manca il ritmo, non manca certo la materia prima; resta tuttavia la sensazione che la fretta abbia detto l'ultima parola sulla redazione finale del testo. Una prova che lascia sperare.» (Paolo Calabrò)
«Una storia sospesa tra favola e realtà, sulle sfide che ogni giorno ci pone il rapporto con il nostro mondo interiore e la gente che ci circonda. La casualità di un incontro tra la protagonista e un uomo-principe-buono, alter-ego di quel padre-orco-cannibale dell’infanzia, lascia emergere attraverso analogie e congiunzione di trame, la necessità di un rapporto vero ed autentico che autorizzi nella protagonista il superamento e l’accettazione della propria identità individuale e di donna.» (Maria PinaCiancio)





L’oca sul palco si comportava da vera prima attrice e incredibilmente andava a tempo con la sua voce gracchiante e rispondeva in modo veramente esilarante allo strano uomo sul palco, di età indefinibile con la chioma bianca disordinata che comunicava con l’animale con fonemi privi di apparente significato. Laura si chiedeva come l’uomo fosse riuscito a far lavorare animali così comuni come anatre, oche, conigli con tale maestria. Laura sapeva che era paradossalmente più facile con animali cosiddetti feroci, in cui fondamentale era la distinzione di ruoli: una sorta di continuo rito e lotta alla supremazia in cui doveva sempre essere vincitore l’uomo, l’elemento alfa che continuamente doveva ribadire il proprio ruolo di capo con un rituale spesso solo esibito, ma talvolta attuato e comunque intriso di violenza e prevaricazione. Con questi animali, da cortile, invece, è fondamentale l’amore e la fiducia e forse la creazione di un legame simbiotico mai interrotto: le venne da pensare che forse con le oche e le anatre funzionava l’imprinting, ma con i conigli, animali per natura così riservati e forniti di una paura atavica come se sapessero di essere stati catalogati tra le prede, come era stato in grado l’uomo di superare la diffidenza, di far tollerare il rumore degli applausi e le frequenti manipolazioni sul palco? Comunque fosse, il pubblico, sempre piuttosto contenuto ad esprimere entusiasmo, aveva perso il controllo e le risate, anche sguaiate, denotavano il divertimento liberatorio esploso con le varie gag che si susseguivano semplici o complesse condotte dai due artisti sul palco

Dietro gli obiettivi della sua Nikon, Laura stava riflettendo e si sentiva soddisfatta perché, dal punto in cui si trovava, le inquadrature erano veramente originali e già si immaginava a casa davanti al computer a manipolare alcune immagini con luci, toni e qualche effetto speciale, anche se la magia che lo spettacolo emanava non aveva bisogno di tanti artifizi.
Ad un tratto, da dentro l’obiettivo, Laura vede l’uomo incespicare e cadere. Il pubblico che ride e applaude più forte, ma Laura come isolata acusticamente in una campana di vetro, li vede come visi grotteschi che stanno assistendo, senza rendersene conto, alla Morte in Diretta, come se anche questo facesse parte della Meraviglia prodotta dall’uomo.
Il corpo agile e magro di Laura scavalca rapidamente gli scalini del palco e con gesti convulsi spoglia l’uomo dalla pesante palandrana che indossa durante lo spettacolo.
Il pubblico anche se in ritardo comincia ad urlare rendendosi conto che il copione non era stato rispettato e si crea il Panico totale. Urla e gemiti.
La moglie dell’artista impietrita con le mani al volto, gli occhi sgranati e il trucco che stava sciogliendo per il sudore e le lacrime.
Laura urlò al personale del teatro di chiamare un'ambulanza e chiese se per caso avessero un defibrillatore. Poi capì che la gente la fissava come un'aliena, con gli abiti sportivi, il gilet multitasche e con la sua apparecchiatura professionale da fotografa, e anche se a fatica, urlò che era un medico.

Sì, fino a otto anni prima Laura era un medico, e addirittura dell’Emergenza e in un attimo tutto si era annullato: era tornata ad una realtà che aveva voluto cancellare. In un attimo tutti i corsi che continuamente seguiva per mantenere la sequenza, che andava eseguita con precisione ma in fretta, della rianimazione, era tornata prepotente nelle sue mani, nel suo cervello, nel suo sguardo determinato. L’orecchio, posto sul petto e sulla bocca dell’uomo, uno, due, tre, quattro… fino a dieci. No, nessun movimento, nessun respiro, flusso di energia, e le dita nella zona laterale del collo non avevano percepito pulsazioni, nessuna minima onda di flusso La sua mente come in un registratore di cassa emise una insegna lampeggiante a carattere cubitali: ARRESTO CARDIO RESPIRATORIO !ARRESTO, ARRESTO, ARRESTO!! 
(…)


Antonella Marani è medico della Emergenza, eclettico sul lavoro (ha svolto tantissimi tipi di esperienze lavorative quanto mai disparate e anche disperate!) e anche nelle passioni. Prevalentemente visiva, per una ex ipovedente (si è recentemente operata agli occhi), una sorta di Nemesi. Ama i colori, la luce, i viaggi, i libri, il cinema, la Natura e gli animali. La sua famiglia si compone di madre anziana ma vispa, marito, figlia bipede e attualmente di 3 figli quadrupedi (in certe fasi ha avuto anche 5 figli quadrupedi di taglie ed esigenze diverse ). È antirazzista e favorevole al melting pot: avete mai visto un coniglio nano inseguire un cane ed un gatto? A lei è capitato. Detto questo, vi fidereste a farvi curare in Emergenza (perché non c’è nessun altro nel giro di 500 km) da una come lei? Ecco il suo autoritratto in versi: Su e giù per l’ambulanza / me ne vo’ per monti e valli, / a raccogliere ossa rotte /ragazzotti pere cotte. // Il marito fa l’autista / per la figlia musicista / cani e gatta coccoloni / voglion sempre i maccheroni. // La mia vita è tutta qua / libri, note e cha-cha-cha. È tra i vincitori del concorso Insanamente 2012.


Segno zodiacale bilancia diario on line 
di Mamì (Cipriano Picentino, SA)
«Amicizia via internet tra due persone di mezza età: lei vedova, lui sposato. L'evolversi del loro rapporto rimane in sospeso. Il lavoro sul testo potrebbe procedere in due direzioni: asciugare la prosa e approfondire i caratteri dei personaggi, per farli approdare a una scelta significativa (incontrarsi o no).» (MarinaSangiorgi)



CAPITOLO I


17 GIUGNO 2011, Venerdì

LEI
Non è scaramantica, è solo molto attenta a che non si verifichino determinati circostanze e accadimenti che possano - diciamo - dar ragione al grande Totò che esclamava “Non è vero… ma credo!”
La giornata, in effetti, si è presentata da subito sotto buoni auspici:il cielo terso, la voglia di andare al mare, l’entusiasmo nell’affrontare i problemi della quotidianità con soluzioni soddisfacenti le danno una carica ed una vitalità, per alcuni, impensabili in una donna che da un po’ ha superato gli… anta!
Lei si prepara alle sue faccende domestiche,non prima di aver gustato un’abbondante colazione con caffè,latte parzialmente scremato e fette biscottate integrali (… eh! ha qualche problema di linea) spalmate con quella confettura di arance, che sa fare molto bene:in verità i suoi familiari e amici non disdegnano anche quella di limoni e mandarini!
La vita di ognuno di noi, si sa, è fatta di rituali da rispettare nel più ossequioso rigore e guai se, per distrazione o per dimenticanza o per fretta, omettiamo qualche “gesto” o “azione”!
Quando ha cominciato ad insegnare e, come tutti i lavoratori pendolari, raggiungeva in treno o in auto la sede di servizio a 150 km di distanza dal luogo dove abitava, proprio per l’esigenza di mostrarsi sempre in ordine ai colleghi ma soprattutto agli alunni, ha preso la buona abitudine di truccarsi ogni giorno, a prescindere dall’ora o dal luogo o dalle mansioni che deve svolgere.
Pertanto si trucca e stende sulle labbra un rossetto dal colore molto tenue, il colore si vede-non si vede… per capirci!
Inizia così le sue faccende di casa, mentre il pastore maremmano nel giardino dei limoni fa di tutto per attirare la sua attenzione:in quel momento non vede la sua padrona ma… i croccantini che lei ancora gli deve versare nella ciotola!
Intanto si avvicina l’ora del pranzo e si pone la fatidica domanda: oggi che cosa preparo?
In cucina è una discreta cuoca,anche veloce nella preparazione contemporanea di più pietanze,ma dotata di poca fantasia,per cui nei giorni della settimana segue il“calendario culinario”che le ha insegnato sua madre salernitana,che a sua volta lo ha appreso dalla mamma beneventana e così via…

§  Lunedì, brodo di carne di vitello (mi raccomando il “gamboncello”!) o di pollo.

§  Martedì, pasta al sugo di pomodoro fresco.

§  Mercoledì, legumi.

§  Giovedì, nuovamente pasta al sugo.

§  Venerdì, pesce.

§  Sabato, varia.

§  Domenica, tagliatelle al ragù di carne o alla genovese.

Nel pomeriggio le viene in mente che non ha ancora acceso il computer che solo 15 anni fa era per lei “lo sconosciuto”, il “mostro elettronico”!
Allora insegnava in una scuola ad indirizzo professionale in cui numerosi ingegneri, suoi colleghi di materie tecniche,anche per stendere una semplice programmazione annuale utilizzavano il p.c., copiando, incollando, tagliando le parti superflue e stampando la versione definitiva della relazione in più copie che, firmate, consegnavano al tutor (allora si chiamava coordinatore) della classe.
Lei fin da ragazza ha avuto una bella grafia a caratteri tondeggianti di media grandezza,chiara, lineare e ordinata (un po’ come il suo carattere) ed ha sempre avuto la passione per lo scrivere: gli appunti, i testi (allora si chiamavano temi) nella loro sinteticità erano estremamente chiari e leggibili da parte di chiunque; questo per spiegare come per lei, divenuta insegnante, fosse naturale esprimersi attraverso la grafia e con la grafia delineare le motivazioni, gli obiettivi e le finalità che si prefiggeva di raggiungere con quella classe in quell’anno scolastico.
Perfino la stesura di progetti didattici non le creava difficoltà: con pochissime correzioni elaborava il concetto che già aveva chiaro nella mente, velocemente scriveva,poi sottoponeva il lavoro all’attenzione dei colleghi che collaboravano con lei e consegnava il tutto a chi di dovere.
Un giorno, però, correggendo alcuni temi di alunni di una II classe superiore, si accorse che due ragazzi per formulare un pensiero avevano usato le stesse parole!
… decise così di capire di più e meglio l’universo adolescenziale!
Dopo una lunga chiacchierata, i ragazzi ammisero che avevano letto su Internet(?) una notizia e l’avevano trascritta integralmente nel loro tema.

Si aprì per lei un universo nuovo…

Da quel momento il computer entrò di prepotenza nella sua vita e modificò il suo approccio con la realtà, il suo contatto con la gente(sembra strano!),favorendolo ed aprendole prospettive fino ad allora impensabili.
Le remore,le perplessità così svanirono a mano a mano che penetrava nel “freddo” mondo informatico!
Gli ingegneri organizzarono numerosi corsi di alfabetizzazione informatica riservata ai soli docenti,ottemperando agli obblighi di aggiornamento culturale da parte del M.P.I.: così lei da docente tornò sui banchi ad essere discente.
Con il suo bravo quadernone,prendeva appunti ed ogni funzione che le veniva spiegata si trasformava in schema sulla pagina bianca, pronto ad essere poi applicato sul pc: ma i suoi docenti si arrabbiavano, perché sostenevano che avrebbe dovuto subito memorizzare per poi ripetere più volte l’operazione, anziché perdere tempo in appunti.

Nella vita si sa avvengono cambiamenti epocali e per lei QUESTO significò il passare dalla scrittura manuale alla videoscrittura!

Solo da qualche anno però ha preso veramente dimestichezza con Internet,si è iscritta ad una community ed ha inviato una sua foto giusto per non essere da meno rispetto ad alcuni suoi amici che invece sono dei veri patiti del web!
I figli,così,la prendono in giro perché lei tra una faccenda e un’altra si siede alla postazione che si è creata sotto il vano scala della casa e…va e viene,va e viene!
Anche la nipotina di quasi 5 anni dice che prima o poi metterà il divieto di accesso al computer, così la nonna potrà giocare di più con lei!

Ma ritorniamo a noi: lei accende il computer e legge…

(…)

  
Mamì sta per Maria Rosaria Paraggio, nata a Salerno ne 1948. Vedova, mamma di Chiara e Edoardo e nonna di Martina. Presso l’Università Federico II di Napoli nel 1971 ha conseguito la laurea in Lettere Moderne con specializzazione in Storia dell’Arte e fino al 1995 ha insegnato Materie Letterarie in Istituti di Istruzione Superiore di II grado. Attualmente è una “giovane” imprenditrice e si occupa della gestione di un piccolo B&B.


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