giovedì 5 maggio 2011

“Inseguendo” Pantani e due poesie

di Enrica Musio

Era il mese di novembre; mentre andavo in bicicletta per andare a lavorare, sono dovuta passare sulla via Emilia e qui ti incrocio con la sua bicicletta lenticolare il campionissimo romagnolo Marco Pantani; correva fortissimo, in testa portava la sua mitica bandana gialla, lui sempre con il baffetto da pirata o da moschettiere Aramis, e il mitico orecchino.
Mi sono detta tra me e la mia mente: voglio raggiungerlo con la mia bicicletta nera da donna, con il cestino di vimini traballante, ma lui correva fortissimo, e alle mie gambe ho messo il “turbo”, ma non ce la facevo lo stesso, dicevo a me stessa: “Marco, tu nel sangue hai un ematocrito altissimo, quasi 52! Dio grazia se il mio arriva a 26/30!”
Mi trovavo con le gambe pesanti, non riuscivo più a fare la salita, ho dovuto abbandonare l’idea di raggiungerlo, ho detto: “Sei troppo forte per me, non posso competere con un asso come te”; e ho lasciato e ho continuato la mia corsa in bicicletta calma e tranquilla, anche con tanto fiatone nel cuore.

Pantani correva perché gli piaceva correre, ci credeva nella sua bicicletta; però quando gli sono arrivate le delusioni, le sconfitte, le umiliazioni, lui ha mollato, ha deciso di morire una sera di un freddo febbraio il 14, in un residence isolato riminese, pieno di cocaina e sostanze dopanti. Pantani era un grande campione, un mito, un eroe. Non ha avuto il coraggio di lottare contro il grosso muro che c’era nel ciclismo. Lo sport del ciclismo è bello, come altri sport, ma alle volte ci sono tanti compromessi da fare per arrivare a certi livelli. Marco Pantani li aveva visti e capiti, ma non ha avuto coraggio di parlarne, ha taciuto. Non è stato capito! Non l’hanno voluto capire, lo hanno lasciato da solo, era un personaggio scomodo, dava fastidio. Alla fine rimane nel cuore di noi cari romagnoli!

W MARCO PANTANI!!!





Sfioro tra le mie dita
il retro di un foglio
noto
quanto rancore ho dentro
e mai non so decidere quale
sia la mia direzione
giusta
alla strada dritta.



 


UN RAGGIRO DELLE PAROLE

Raggiro le mie parole,
a non farmi capire
da nessuno
parlerei solo
alle persone
del mondo
ma scrivo alla fine
per capirmi.






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