giovedì 1 aprile 2010

L'individuo e la comunità

intervento di Narda Fattori al convegno faentino Scrittura e impegno

Credo che la parola stessa poesia chiami ad un impegno personale di ricerca della propria storia chiusa nelle pieghe delle proprie esperienze e del proprio dna.
Chi tradisce questo primo impegno è muto a sé stesso e agli altri; chiuso in un guscio di pensieri elabora concrezioni, magari belline, e penso a stalattiti e stalagmiti, e forse anche quella è verità, una verità sotterranea che elude la relazione e si riversa tutta nella visione.
Ma è una visione senza profezia, immota, di cose senza voce, di lune trascoloranti. La poesia si costruisce sempre attorno ad una relazione, io e io, io e noi, io e voi, io e il mondo, e la bellezza, l’amore, il dolore.
La poesia è ubiquitaria e atemporale e conquista una statuto di autonomia artistica quando accoglie e abbraccia il dolore, l’incontro, l’incanto e quanto non cessa di stupirsi di fronte all’immensità del dire o alle minimalie che ci stanno attorno.
Allora l’impegno si apre ad una dimensione etica, di denuncia del disagio, del malessere, della privazione identitaria a cui siamo sottoposti. Noi siamo figli di un dio minore, che non ha potere, non ha carisma, non è seduttivo, anzi…; è un dio che accoglie la minorazione e la minorità dell’uomo, la sente sulla pelle, osa guardarla in volto, osa non dichiararla innocente. L’impegno non è necessariamente denuncia, basta la semplice , poetica trascrizione o una selezionata narrazione di eventi, di sensazioni, di prigionie. È impegnata la poesia (e la scrittura) che non si sottrae all’imperativo etico di evitare l’abbellimento, la menzogna, il sentimentalismo e che proietta lo sguardo dal sé all’altro da sé in un continuo movimento di vedere, assimilare, restituire.
Credo che oggi il binomio poesia-impegno (scrittura-impegno) sia da intendersi come:

- rispetto del sentire personale, intimo e trasversale;

- ascolto delle voci che provengono da tutte le latitudini, ma dal basso;

- resistere ai miraggi seduttivi della fama e dell’inchino in cambio di favori (citazione, una recensione…); questo tipo di resistenza costa perché al poeta nulla è dato salvo ignorarlo e anche sfruttare quel poco di vanità che ci abita per cavarne soldi, ben pochi, non proprio mazzette…

- racconto del dato, anche oggettivo, se eleva la coscienza anche solo di un soffio;

- la morte del poeta è un fatto personale, la morte della poesia è una perdita storica;

- l’io che riflette solo su sé stesso è simile al Budda, e lo dico con rispetto, che ha la fissità dell’atarassia e non si contamina con la vita;

- la poesia deve sporcarsi con la realtà, agire sui mini-o nanoeventi;

-la poesia è riflessione ma SOPRATTUTTO profezia, visione che travalica l’orizzonte ma sta tutta di qua, all’interno dell’orizzonte..

Dice Margherita Guidacci:

Chi grida sull’alto spartiacque è udito da entrambe le valli.
Perciò la voce dei poeti intendono i viventi e i morti

Altrove parla di “felicità respirabile” e la felicità respirabile della Guidacci contrassegna il premio del suo primato etico.
Ma sottolinea anche che vi è un’etica sociale che non si può o non si deve calpestare e dentro questa etica abita la giustizia, la solidarietà sociale, la coerenza fra il detto e il comportamento ( pagare le tasse fa parte dei comportamenti e d ogni evasore è patentemente egoista e asociale, tutt’altro che impegnato o meglio preso solo dal suo benessere a discapito di quello sociale)
Il teologo Vito Mancuso in polemica con «Civiltà cattolica” per questa affermazione: “… la pienezza della vita suppone il riconoscimento pratico dell’etica e che il vero uomo non è il ricco, non è il potente, non è il dotto, non è il pio, ma è il giusto, di quella giustizia che non è fredda legalità ma saggezza del bene”. Nello stesso articolo (la Repubblica 26 febbraio) cita le parole di Kant nella Critica alla Ragion Pura: “Io avrò fede nell’esistenza di Dio e in una vita futura e ho la certezza che nulla potrà mai indebolire questa fede perché in tal caso verrebbero scalzati quei principi morali cui non posso rinunciare senza apparire sgradevole ai miei stessi occhi”. Dunque una coscienza matura opera per il bene non per obbedienza ma perché sente suo dovere farlo, senza temere di andare anche contro la dottrina espressa da un papa. Quindi il primato dell’etica dà ragione anche della laicità e esplicita il primato della carità espresso da Paolo.
Verità, impegno etico, fedeltà alla parola creatrice (che rinnova la creazione) sono il filo che segna il percorso del poeta.

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