mercoledì 28 gennaio 2009

Un'albicocca al sole di Frank Spada

Il racconto “Un'albicocca al sole” è compreso nel libro Giallomilanese 2008 edito dalla casa editrice ExCogita - via Ruggiero di Lauria 15 - 20149 Milano www.excogita.it (redattore Alvaro Bertani). L'home-page di Frank Spada: www.frankspada.eu

Un’albicocca al sole

Sulla vetrina di un ufficio – piano terra, condominio anni ’50, pochi passi da Corso Magenta – c’è il nome di mio padre. E’ in lettere dorate, sotto la dicitura Milano In Pratica. Lui è morto un anno fa, ma il suo nome è ancora lì. L’ho lasciato per rispetto, indeciso se cambiare attività o vendere il mobilio per tirare avanti. Spesso ci parliamo lungo il fumo esercitato verso l’alto di una sigaretta e lui mi consiglia da una nuvoletta grigia azzurro. Ormai filo quasi due stecche a settimana e ultimamente mi capita di aprire gli occhi verso le 4 del mattino: imbocco la prima nicotina, mi ingiallisco i denti di caffè, che fuori è ancora buio, e poi torno a letto – perso nei ricordi di quando eravamo in due a cercarci nella nebbia di una stanza. Un giorno uguale all’altro e mando avanti il lavoro di un agente tutto-fare in un bilocale con servizi. Pago un regolare affitto a uno cui l’ho venduto 6 mesi fa e ho saldato i debiti che mio padre aveva accumulato giocando con la vita. Con mia madre non c’è dialogo: aprii gli occhi per la prima volta e lei tenne i suoi chiusi per sempre. Ho 32 anni, sono figlio unico, abito al quarto piano dello stesso stabile in tre camere con bagno, soggiorno e cucina abitabile, e quel po’ di eredità che c’era è tutta in quei muri - oltre a un posto auto nel cortile. Per ora, rinvio l’indecisione di cosa voglio dalla vita e tengo a bada il proprietario dell’ufficio che preme perché gli venda anche l’abitazione.

Verso le 19 del 31 luglio – era un giovedì – Ana P. entrò in agenzia chiedendomi se fossi disponibile per svolgere un incarico, fuori città e da subito. Zigomi alti, vestita Gucci dai tacchi alle spalline, le accesi un sigaretto affascinato dal suo stile. Nel solito italiano che ormai gira per le strade, mi offrì un tanto al giorno, anticipato per un mese, extra a forfait compresi, pensione completa in un hotel a 5 stelle, per stare al sole sotto un ombrellone a Rimini e controllare i movimenti della figlia. In caso di cielo nuvoloso la ragazza sarebbe rimasta in camera a studiare cinese. Per Ana P. il futuro è nelle lingue. Sabato mattina avrei dovuto essere sul posto. Sola condizione, il conto per entrambi avrei dovuto pagarlo io. La prenotazione per la figlia era già fatta e per la mia avrebbe provveduto lei stessa. Non si fidava più a lasciarle troppi soldi in mano. La cifra che mi offrì era adeguata e il sorriso promettente mi convinse a non fare domande inopportune prima dell’ora. Mi diede il numero di un cellulare, al quale chiamarla solo se la ragazza si fosse trovata in qualche guaio. Tolse dalla borsa a tracolla un blocchetto e compilò in tutte le sue parti un assegno non trasferibile. Mi sollevai il fiato del morale. Lo staccò, che mi parve un fiammifero sfregato sul pensiero di uno che mi assillava già da un mese per riavere indietro un prestito, e mi allungò il foglietto dandomi i ragguagli. Aggiunse che la ragazza aveva 20 anni, che ultimamente qualcuno le girava attorno e lei doveva assentarsi da Milano per affari. Indicò con due dita tra le veneziane una ragazza bionda, ferma sul marciapiede all’altro lato della strada, a fianco di una BMW con i cristalli scuri, in doppia fila e con i lampeggianti accesi. Mi chiese i dati anagrafici completi e chiamò l’hotel. La mia camera era la n° 666. Compilai la ricevuta come d’abitudine e gliela consegnai piegata. La ficcò in borsa quasi distrattamente, dandomi l’impressione di ritenere la cosa priva d’importanza. Ci salutammo sulla soglia senza altre formalità. Non le domandai chi l’aveva indirizzata da mio padre e pensai che le cose avevano ripreso a girare con il Berlusca al Governo.

Il giorno seguente, versai l’assegno sul mio conto, prelevai quanto bastò per zittire subito dopo il creditore, mi caricai di spiccioli e comperai un paio di infradito. Nel tardo pomeriggio preparai la valigia e verso sera vuotai il frigorifero. Due birre e per cena un uovo sodo, poi chiusi il gas in cucina e alle 21 lasciai il cortile con l’Alfone di mio padre. La nottata se ne andò di giallo nicotina alle dita chiacchierando con lui lungo l’autostrada.

Oggi è il 2 ottobre e sono San Vittore. Nell’attesa di riparlare con un avvocato assegnatomi d’ufficio mando a memoria una perizia grafologica che dice che quella è la mia firma.

Quei giorni al mare li ho passati nel benessere totale, ero riuscito a rallentare il ritmo delle nuvolette e diventavo nero spalmandomi di crema. La ragazza era tranquilla e sapeva tenere a bada chi le girava attorno. Qualche volta mi chiedevo cosa servisse stare lì, ma il pensiero si perdeva tra le pagine di un libro che tenevo tra le mani senza leggere. Avevo gli occhi costantemente su di lei: un fondo schiena come un’albicocca matura di colore e... Vi sarà capitato, almeno una volta nella vita, di avere quel delizioso frutto in mano, rigirarlo, osservarlo tra le dita, finché su un lato prima o poi appare una piegolina che lo separa di tenerezza in due? Bene, era quello che avevo a pochi metri da me ogni giorno. Quando faceva il bagno, mi tuffavo in mare anch’io e tra una bracciata e l’altra... L’ultima volta mi lanciò uno sguardo malizioso e mi sorrise. Pagai il conto con un assegno personale da nababbo e iniziai a sognare. Mi sarei sistemato il futuro in tutti i sensi. Ogni tanto a cena da sua madre, io che le accendevo un sigaretto sfiorandole le gambe con un piede e poi a letto a mangiarmi albicocche con una mogliettina multilingue, anche fuori stagione.

Quando rimisi il muso nel cortile vidi un ingombro, alto e largo come un armadio, coperto da un telo. Mi chiesi cosa stava succedendo e suonai il campanello della signora Cesira, la mia dirimpettaia. Citofono muto. Un doppio colpo di clacson e venne alla finestra e, senza darmi tempo di sapere chi e perché aveva fatto scomparire il mio posto auto, si mise a urlare dandomi del mascalzone; poi chiuse le imposte. Sbirciai dietro il telo e vidi i miei mobili. Divorai quattro rampe di scale senza aspettare l’ascensore. Sul pianerottolo, tutto mi girava intorno e respiravo piombo fuso, eppure pareva come l’avevo sempre visto, salvo il ficus di Cesira, sostituito da una pianta con le foglie lucide come plastica. Allungai un braccio con le chiavi in mano verso la porta e... il mio campanello, Famiglia Brambilla, era scomparso – sostituito da una targa in alluminio: “Si riceve solo su appuntamento”. Serratura nuova. Cominciai a tirare calci e pugni, finché la porta si aprì dall’interno e Ana P., in camicia semiaperta rosa e slip neri, si presentò a tutta altezza. Entrai dentro come una furia e chiesi cosa ci faceva in casa mia. Aprì il cassetto di un tavolo, mai visto prima, prese fuori una cartellina gialla e mi passò un foglio dicendo che quella era la mia copia. Il tempo di uno sguardo e in calce a un preliminare di vendita della mia abitazione – in data 20 agosto, posto auto compreso, primo acconto con assegno in data 31 luglio, saldo di 30.000,00 euro con bonifico bancario valuta 29 agosto – c’era la mia firma. La guardai, mi diede la ricevuta della banca. Le saltai addosso e le afferrai il collo urlando come un pazzo. Di lì a poco arrivarono i Carabinieri e mi portarono via con la sirena accesa.

Chi è Frank Spada? Forse non è necessario saperlo, è sufficiente l’appoggio di un nome – non il proprio, è evidente – per concedersi la libertà di creare un personaggio: Marlowe. Un altro nome, ancora una volta non il proprio, forse per raccontare se stessi.
Marlowe, guarda caso, un investigatore. Sembra ovvio, ma in realtà Marlowe avrebbe dovuto chiamarsi “Marlow”, se non fosse stato per quell’errore all’anagrafe…
Qualcuno si fa chiamare Frank Spada, e scrive di un tale Marlowe.
Marlowe, però, parla in prima persona, sempre in bilico fra il raccontarsela da solo e l’osservazione acuta di un entomologo ritorto su se stesso. Investigatore stimato – così gli riferiscono – si muove con il suo mondo in un universo di figure ambigue, che pare sempre sospeso entro un enigma più grande.
Il primo romanzo di Frank Spada, Marlowe ti amo, è pubblicato online. Sette capitoli densi, da leggere un giorno dopo l’altro o tutto d’un fiato.
Potete scrivere i vostri commenti a Frank Spada, all’indirizzo: frankfrankspada.eu

2 commenti:

  1. Marlowe: il tempo che non muore e un mito che ritorna:

    Marlowe ti amo - eBook (Aprile 2012)

    Marlowe ti amo (Robin Edizioni - Gennaio 2010)
    Dimmi chi sei, Marlowe (Robin Edizioni - Ottobre 2010)
    Doppio Marlowe (Robin Edizioni - Giugno 2011)

    Grazie per l'ospitalità.

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  2. In ebook anche il secondo Marlowe di Frank Spada

    Da oggi in vendita in formato ePub, ottimizzato per tutti i dispositivi di lettura, anche il secondo libro della serie di Frank Spada che vede protagonista il detective Marlowe! Si tratta di “Dimmi chi sei, Marlowe”, un caso mozzafiato che vede coinvolte due gemelle mozzafiato. Insomma, un giallo che vi farà mancare il respiro.
    Per i lettori digitali che volessero recuperare il tempo perduto, ricordiamo che anche “Marlowe ti amo” è disponibile per tutti in formato elettronico già da marzo. E che tra poche settimane anche “Doppio Marlowe” avrà la sua ribalta in ebook.

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