mercoledì 7 gennaio 2009

Eremo di Camaldoli, 4 Gennaio 2009



di Ivan Nicoletto

2^ domenica dopo Natale, Sir 24,1-16; Ef 1,3-18; Gv 1,1-18

In questo tempo liturgico, fra il natale e l’epifania, i testi che ascoltiamo ci immergono nello spazio di irradiazione della luce sorta con l’evento di Gesù. Una luce che non si impone, cattura o abbaglia, ma si offre a noi in dono, come una visione nella quale ci possiamo riconoscere fili del mistero immenso del mondo, intessuti dalle mani dell’Energia creatrice, che attraverso di noi compie la sua opera.
La luce splende nelle tenebre… ma possiamo non essere ancora disponibili ad accoglierla, perché ci sviluppiamo all’interno di processi e di culture che oppongono limiti alla sua irradiazione: questa luce è annuncio di pace ignorato, nei territori di Gaza e di Gerusalemme; è annuncio di giustizia inaccolto, nelle sfere della finanza mondiale; è calore ospitale represso, nelle nostre città fredde e indifferenti; è invito al rispetto del creato, tradito nell’abuso che facciamo delle sorgenti della vita…
La luce continua a splendere, a premere, a bussare alle porte del cuore umano, ma coloro ai quali essa è destinata non l’hanno ancora accolta.
Cosa significa accogliere la luce di Gesù come splendore della sorgente divina nella carne umana?
È un uomo come noi, venuto al mondo duemila anni fa, proveniente da un oscuro villaggio, un itinerante come tanti, che percorre i villaggi della Palestina senza alcuna appartenenza regale o sacerdotale, senza classe o titolo prestigiosi, senza forze al suo comando, senza leggi da imporre... Afferma di essere della stessa qualità luminosa di Dio e, quel che più sconvolge, è che ci accomuna alla sua natura, alla sua viva sostanza: voi siete tutti figli e figlie, amici e amiche, fratelli e sorelle in Dio.
Egli annuncia che la luce vera, affidabile, creativa è una relazione d’amore alla Sorgente che non ha tempo, misura e limite, e tuttavia entra nel tempo, nella rete della vita, nei buchi neri delle nostre paure difensive, per sciogliere le barriere di opposizione che creiamo incessantemente gli uni contro gli altri.
È luce che disfa i mali personali e sociali che ci tengono prigionieri, che scatenano continuamente guerre di razza e di sesso, di predominio politico, economico o religioso. Quest’uomo annuncia che nessuno è escluso da questo regno di luce e di amore: chiunque tu sia, ovunque tu abiti, qualsiasi sia la tua sofferenza o età della vita, c’è una forza interna a te, amante e liberatrice, che desidera irrigarti come il sangue che ti scorre nelle vene, come il respiro che transita per il tuo corpo, come il desiderio che gonfia le vele della tua esistenza...
Quest’uomo continua a disfare ogni religione o sistema fatto di precetti universali e di appartenenze chiuse, che generano separazioni ed esclusioni: fa nascere uno sguardo che riconosce il valore assoluto di ogni frammento dell’umano, ma anche di ogni forma vivente.
È luce e parola affidabile e toccante, trasformatrice, che per eccesso di amore sarà rifiutato da chi stabilisce l’ordine del mondo sulla violenza, sull’ingiustizia e sulla forza. Ma anche nel punto estremo di violenza assassina da lui subita, non smette di diffondere, assieme all’urlo di dolore, anche il soffio vivo dello spirito. È l’apertura di uno squarcio, nel cielo opprimente del male, che fa intravedere il riflesso di un’altra luce, che splende da altrove come dono: non siamo destinati all’odio e alla violenza, ma promessi alla felicità dei nostri rapporti, all’accoglienza delle nostre differenze, all’apertura dei nostri sepolcri…
Il Verbo-luce entra nei processi trasformativi della materia e del tempo, ci dona la percezione di essere itineranti, che nessuna delle nostre forme sono assolute e stabili ma in trasformazione, che procediamo lungo spazi immensi, spostando le tende fragili e incerte delle nostre coscienze, facendo emergere nuove possibilità in cui la vita può svilupparsi e fiorire.
Il Verbo ci rende coscienti che noi non siamo un’opera già compiuta, ma siamo in corso di facimento. Che esiste un’energia che eccede infinitamente le nostre parziali misure, e tuttavia le assume come tende provvisorie, imbarcazioni per farci transitare oltre, indefinitamente attraendoci a sé, il mistero oscuro e luminoso della vita, del quale tutti siamo traccia, molecola, scintilla di grazia.
Che questa nostra eucaristia sia rendimento di grazia, pegno e impegno di corrispondere alla luce di Amore.



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