lunedì 18 marzo 2019

Recensione a: Variazioni sul tema del tempo. Poesie di Claudia Zironi. A cura di Cinzia Demi

 Variazioni sul tema del tempo: un lavoro dove si parla del tempo in tutte le sue declinazioni, ma del tempo che conosciamo e con il quale, da sempre, abbiamo intrapreso la nostra lotta quotidiana di odio – amore dovendoci fare i conti continuamente, nel bene e nel male, e che dunque ci è familiare, ci appartiene come ci appartengono le relazioni con esso che la Zironi ci mostra.


Conosco Claudia Zironi ormai da diversi anni, ed ho già scritto di lei e dei suoi versi.  Mi piace tuttavia riscrivere, a distanza di qualche tempo, degli autori di cui mi sono occupata, per capire se riesco a confermare quanto detto in precedenza, o se la visione è cambiata, anche a livello personale. Devo dire che Claudia è rimasta per me un’ottima autrice e organizzatrice di eventi, da apprezzare per il grande impegno rivolto alla poesia, e alla sua divulgazione. In quest’ultimo libro, come vedremo, si concede “divagazioni sul tema del tempo” che vanno a incrociare le molteplici discipline coinvolte nell’argomento. Il risultato è un serissimo lavoro che nell’azzardo della dimensione poetica, accoglie e divulga la materia più frequentata di tutti i tempi, al crocevia tra lo spazio e l’amore, laddove spesso i poeti si soffermano e osano accreditare le proprie visioni.


Si apre con una domanda questo nuovo libro di Claudia Zironi: “Cos’è una sfera?”, domanda alla quale viene data subito risposta: - forse ciò che non trova il proprio tempo. In realtà non pare che l’elemento geometrico citato non abbia a che fare con il tempo… basti ricordare il tempo ciclico che nella storia si rifà alla teoria dei corsi e ricorsi del Vico. .. e se pensiamo che ogni momento è da considerare come unico, questo non è in verità irripetibile in senso assoluto. L’impatto che si ha leggendo il lavoro dell’autrice è che, infatti, ci siano diversi momenti – sia a livello di immagini, che di sentimenti, ma anche direi di figure descritte - che ritornano e che vengono evidenziati con una sorta di ciclicità sia di tempo che, come dice anche Polvani nella postfazione, di spazio. E forse è in questa direzione che va letto il riferimento alla sfera. Ma, andiamo con ordine.
Non deve, a mio avviso, lasciarsi ingannare il lettore dalla suddivisione quasi in “odor di scienza” del libro, dalle partiture individuate con termini che si rifanno alla biologia, alla linguistica, all’evoluzionismo: Ucronie-Eterocromie-Eucronie-Discronie-Sincronie-Ur-cronie-Diacronie perché qui - come sopra accennato - si parla sì del tempo in tutte le sue declinazioni, ma del tempo che conosciamo e con il quale, da sempre, abbiamo intrapreso la nostra lotta quotidiana di odio – amore dovendoci fare i conti continuamente, nel bene e nel male, e che dunque ci è familiare, ci appartiene come ci appartengono le relazioni con esso che la Zironi ci mostra.
L’idea di approccio al tema, che pervade il primo capitolo, è quella di presentazione una sorta di tempo fantastico, dove accadono eventi coerenti ma ipotetici, storie insomma alternative rispetto a quello che conosciamo, storie che avrebbero potuto verificarsi. Qui, certo, la sfera rappresenta il mondo, l’idea del viaggio attorno al pianeta, in un tempo del sogno dove cercare riparo dal boato, da ciò che ferisce, colpisce, bagna… in qualche modo rende spersi, impauriti, immemori, ricorda che siamo sempre sull’orlo del precipizio. Il viaggio continua in un tempo virtuale e calcolatore, anch’esso sferico, dove i cerchi si chiudono in modo inaspettato, dove si compiono i misfatti dei social ingannatori Un post disperato è apparso/sul social questa mattina alle 8.30…, le truffe delle piattaforme che tutto possono e che assurgono alla dimensione trascendente, professandosi quali nuove divinità di una religione della quale, per sopravvivere, devi farti devoto osservatore Per scrivere di cose profonde/ho scritto di curiosità geografiche; in un tempo dove, se pure non sembra coincidere il desiderato con il realizzato, è innegabile che ciò che emerge è la capacità di adeguamento dell’essere umano, la quasi incoerente formula da riadattare ad ogni occasione per trovare una via di fuga dal negativo, da ciò che doveva essere e ciò che è, specie se si tratta di una faccenda d’amore Non ci siamo mai guardati negli occhi… Io e te ci incontriamo nell’aria/quando lo vuole il vento. Nell’amore, neanche a dirlo, tutto è ciclico e ciò che finisce ritorna  Se c’è una possibilità di ritrovarci/non la lascerò intentata/il giorno/della fine del mondo… non si dimentica Ero nell’aria/mentre mi dicevi/di quella Memoria//La terrò tra le onde/che ci sopravviveranno si desidera vivere e rivivere Quando sarà proprio bello rivederci/ci incontreremo/in Umbria – forse – e rideremo… non importa dove e quando.

Il tempo ciclico, il tempo che tenta di farsi sfera, che ritorna implacabile nella nostra vita è soprattutto quello della memoria. Claudia Zironi ce lo presenta in un breve testo, che termina con una data - 27 gennaio, giornata dedicata alla memoria - , un testo capace di risvegliare nelle coscienze evocazioni di umane disumanità, di implacabili cammini: bastano quella data e pochi versi se non sappiamo passare la mano/tra i capelli di un bambino/che non sia biondo per trasmetterci il senso di impotenza che pervade il nostro fare, il nostro dire, il nostro stare al mondo, spesso nascosto in un vivere che non è vita vera. C’è da dire, poi, che questa figura del bambino biondo compare più volte nelle pagine del libro: è una presenza inquieta e inquietante, capace di generare sussulti al suo comparire, di evocare altri spazi e altri tempi, forse anche un altrove che nasce da un inconscio desiderio di spiritualità. Così vediamo come, quel bambino biondo è colui che aiuta Era biondo il bambino mi aiutava/a costruire cattedrali sulla sabbia… e come subito dopo, fattosi più grande, è colui che vorremmo abbracciare Lo vedete? quel giovane biondo/con un glicine all’occhiello, quello/appena entrato: è mio fratello/gemello/devo andare ad abbracciarlo… e ancora vediamo come il biondo si spande dai capelli ad altro, che identifica, in un incontro già vissuto Come se io e te/già ci fossimo incontrati/sorridenti all’appuntamento/davanti alle montagne/tu con la tua barba bionda… e infine il biondo torna a comparire, questa volta in un chiarissimo riferimento, e la vediamo davvero questa figura cristologica, una figura con cui è difficile dialogare, con cui non si riesce a stabilire un contatto duraturo, con cui quasi l’autrice, dopo averla tanto cercata, sembra non desiderare più di sentirla come un riferimento. Il testo è drammaticamente autentico, intriso di quella disperazione che spesso tutti ci pervade, che ci fa decidere di abbandonare un credo, che a volte non trova rimedio alla perdita, alla mancanza, e che non sembra - in questa fase -dare spazio a un tempo di rammendo: Di te mi hanno detto che eri biondo/bellissimo efebico e colmo/mi hanno detto delle fughe/e della tomba/una tautologia d’inarrivabile/Di te mi hanno detto che distruggi/che manchi che non conosci fratelli/Di te io non dico, restami. Viene così, a seguire, dopo questa grande perdita, un recupero del tempo primigeno, dove le pietre sono esseri viventi e il fuoco è l’idolo di ogni creatura, dove l’acqua genera la vita e l’udito il canto del vento, e dove nulla è da temere Più della nostra nascita. Ma, non è ancora finita, resta un’ultima espansione su cui ragionare: quella del tempo da attraversare, da condividere, a cui dare un campato senso. In un percorso a ritroso partendo da una lettera scritta settant’anni  dopo, più con le disillusioni che con le speranze, dimenticando ciò si voleva dire prima dell’ultimo/verso/prima del tramonto ecco che la sfera immaginaria ricompare dal nulla, ci ricorda la sua dimensione ciclica, riaffonda il desiderio di parole già usate in ciò che ancora non è stato vissuto, promuove e si commuove in un tenero incontro, quasi sperato, di mani che si tendono Quando mancarono le parole e finì/pure la terra era d’inverno./Ancora/non lo ricordo ma tu/sotto la neve/mi tendevi la mano.  E, proprio all’ultimo momento, si ricompone anche quella frattura con il proprio inconscio, con lo spirito, una forza nuova emerge da una lingua nuovissima che non sarà intesa ma non farà arrendere perché Lui/saprà cantarvi. E’ il ciclo della vita, dell’amore e della poesia che non è stato mai vano perché Il verso si accorcia/si perdono le parole/un’infinità di suoni solo pensati/nella lingua di dio suoni che donano una chiusura dove tutto torna e si tiene, in un tempo finalmente esatto.

Qualche testo da: Variazioni sul tema del tempo

Mi manca la misura del reale
non so quanti centimetri di filo rosso occorrono
per tenere insieme
due lembi di bandiera
i passi che fa una coccinella nella vita
quale volume d’aria
fa volare un dirigibile
quanti decibel sono ammessi per strada per legge
dopo le ventidue e trenta e neppure
conosco l’ingombro
del tuo corpo oltre lo schermo.

***

Ci sono cose che capitano.
Accade di nascere comete
o solo di nascere, come di morire
cadendo in un fiume.
Capitano strambi incontri
dove i silenzi non sono
contemplati, accade di traversare
il deserto e il mare.
Può capitare di imbattersi
in un astronauta per strada
e non saperlo. Può essere
che quando si aprono le mani
per sentire il vento freddo
della notte qualcuno le stringa
e si parli dell’amore.

***
“…io debbo fuggire per cercarti, debbo abbandonarti per conseguirti, e darti di spalle per cogliere il tuo viso.”
Giorgio Manganelli


è bizzarro, sai? questo modo
di fuggire per amore. è bizzarro anche
che ti scriva
come se io esistessi ancora.
ma la questione
davvero bizzarra è
che non sei tu a mancare e 
non è a te che sto scrivendo.

***

Come quando si partì per le Indie:
qualcosa c’era
anche se non si era ancora vista.
Non rispondeva e non era dislocata
secondo aspettativa.

***

“Aiuto! mi sta uccidend    ”
Un post disperato è apparso
sul social questa mattina alle 8:30
L’ultimo messaggio dall’account
di una ragazza bionda, carina. Ha totalizzato
entro le 8:40
167 like 200 cuori 30 faccine piangenti
10 faccine rabbiose 25 risate 3 commenti accorati
2 commenti ironici poi cancellati dagli utenti
1 commento a sfondo sessista.
Nei giorni successivi 300 faccine piangenti e
1561 commenti di cordoglio.

Claudia Zironi è nata, vive e lavora a Bologna, dove ha conseguito la laurea in Storia Orientale, e un Master in gestione d’impresa.
Ha pubblicato: “Il tempo dell’esistenza” (Marco Saya Edizioni, 2012); “Eros e polis – di quella volta che sono stata Dio nella mia pancia” (Terra d’ulivi, 2014) poi tradotto in inglese da Emanuel Di Pasquale (pubblicato in USA da Xenos Books/Chelsea in traduzione, 2016); “Fantasmi, spettri, schermi, avatar e altri sogni” (Marco Saya Edizioni, 2016); “Ursprungliches Leben – poesia e pittura in dialogo” libro d’arte co-realizzato e coprodotto in KDP con la poetessa Silvia Secco e con la pittrice Martina Dalla Stella (collana Edizionifolli, 2018); “Variazioni sul tema del tempo” (pubblicazione indipendente su KDP, 2018). A curato l’antologia poetica “JUMP” pubblicata in ebook da LaRecherche.it.
Sue opere sono state tradotte in inglese, francese e greco. Collabora con varie associazioni rivolte alla diffusione culturale e al sociale come Il Civico32 e Le voci della luna.
E’ fondatrice, dal 2012 attiva nella direzione e nella redazione insieme a Paolo Polvani ed Emanuela Rambaldi, della fanzine on-line rivolta ai lettori Versante Ripido per la diffusione della poesia www.versanteripido.it
Dal 2016 collabora alla rassegna poetica bolognese di Versante ripido  iGiovedìdiVersi, giunta alla terza edizione, con la direzione artistica di Silvia Secco. Nel 2017 Versante ripido si è costituita in Associazione culturale e Claudia Zironi ne è Presidente. Nel 2019 nasce il primo Premio Letterario di Versante Ripido, per poesia edita e inedita.


Bologna, 18 marzo 2019


Cinzia Demi

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