giovedì 10 dicembre 2015

L’ARTE DELLO SPOSSESSO, PER IMPARARE A PROCEDERE LEGGERI


   Noi possediamo le “cose”, finché le “cose” non ci posseggono…

Provengo da una famiglia dove lo spreco non era contemplato.
Anzi, si cercava di conservare tutto, “perché non si sa mai…”.
Mi accorgo ora che in sessant’anni di vita ho accumulato troppo, ma che fare? Fino a qualche anno fa gli oggetti avevano anche un valore, ora sembra che tutti abbiano tutto.
I mercatini dell’antiquariato si sono centuplicati e ciò che espongono è pressappoco quello che ho anch’io in cantina.  Eppure certe volte mi viene ancora il desiderio di acquistare qualcosa… Da qualche anno mi freno, ma l’accumulo è diventato un peso che non so più come smaltire. Mi accarezza ogni tanto l’idea di partecipare ai mercatini dei paesi, dove si imita il più famoso “Obei, obei”, diventato un appuntamento irrinunciabile a Milano, e trasformarmi in venditrice io stessa.

(Una moda anche per chi ha più possibilità economiche)

Ora va di moda anche il “vintage”, quei banchi, o addirittura negozi, dove si comprano abiti firmati, capi che si trovano solo nei negozi di gran lusso; immagino che siano lì perché indossati una volta dai “vip” e subito scartati.
Tante signore si vestono in questi negozi, l’idea di poter accedere a un capo costosissimo, con un prezzo accessibile, le stimola all’acquisto.
Un tempo mia mamma mi diceva di non indossare abiti usati. Un tempo giravano ancora tante malattie che non si sapeva come debellare, e tanti parassiti che albergavano in abiti usati da sconosciuti, e poi con atteggiamento un po’ snob diceva che si capiva quando uno portava abiti di altri, si riconoscevano.
Non è più così, per fortuna, o almeno ci sono lavaggi adeguati e sicuri, la moda è tanta e varia; a volte mi trovo ad indossare un capo uguale alla persona sconosciuta che incrocio per strada: e così mi sento ancora giudicare da mia madre “non si deve fare collegio!”. Sempre ricordando il suo giudizio, evito anche di acquistare l’usato “perché non si sa nemmeno da dove proviene!”.
Ma come faccio ora a liberarmi di tanti orpelli e di questi concetti superati?
Nel box conservo oggetti degli anni ’40, lasciati dai miei genitori; ci sono ancora i quaderni di scuola miei e dei miei figli. C’è una scatola di cartoline che ho raccolto durante tutta la mia vita e una collezione di francobolli che più che chiamarla collezione, dovrei chiamarla “raccolta”: la conservo da ben 54 anni! Un giorno ho intravisto dietro uno scaffale le bottiglie degli anni ’50 che mio padre vendeva nel suo bar e una serie interminabile di borsette che non uso più.

(Inutili orpelli, feticci che odorano di superstizione)

Ogni tanto impacchetto qualcosa che in casa comincia a occupare spazio vitale. Mi verrebbe l’istinto di portarla al “mercatopoli”, poi mi lascio convincere dal diavoletto “conservatutto”, prendo il mio scatolone e vado a cercare un posto sui famigerati scaffali. Tengo giornali e riviste che riportano articoli interessanti, con l’intento di rileggerli e prendere spunti per ciò che scrivo, in realtà, dopo averli impilati in bella vista, li ignoro per anni. “La roba si impossessa di me”! Me ne rendo conto e non faccio nulla.
Ricordo mio padre, pochi anni prima di morire, che diceva: “Finché ci sono io non vi lascio buttare via niente, poi farete quello che vorrete”. Mi accorgo, però, che certi suoi oggetti conservati, li ho mantenuti anch’io, a chi toccherà il compito di fare pulizia?
Anni fa si sapeva di persone che mandavano in Africa tutto quello che recuperavano; ora, le tante notizie di truffe varie, ci lasciano perplessi e viene subito da pensare: “Perché devo far arricchire un truffatore?”
I treni carichi di abiti usati,  di una nota associazione nazionale, sono stati trovati saccheggiati, per poi vedere nei mercatini i banchi di abiti riciclati e venduti a qualche euro, ma… venduti!
Ma quante cose ingiuste vediamo ogni giorno in questo nostro mondo? Forse noi occidentali abbiamo saccheggiato tanto che ora dobbiamo compensare regalando?
Se bastasse questo per fare ammenda dei tanti danni che abbiamo causato ai paesi del terzo mondo, non avrei esitazioni!

“Ma chi comincia consapevolmente questa operazione di sgombero?”

Siamo ancora troppo legati alla materia, al benessere, a ciò che possediamo e che non vogliamo cedere. Ancora ci dominano invidia e gelosia e “dobbiamo tenere per dimostrare”. Il periodo che stiamo attraversando ci sta imponendo un ridimensionamento globale, ma ci sono ancora troppe resistenze e non siamo capaci di staccarci dalle cose futili, dai tanti orpelli che abbiamo ammucchiato.
Questo vale anche per l’apparenza, l’immagine che gli altri pretendono di noi, un’altra prerogativa del nostro mondo occidentale: voler essere quello che non si è.
Da tempo provo a superare questo attaccamento, ancora non ci riesco, ancora prendo in mano gli oggetti e penso “magari mi può servire”, ma gli anni passano e tanto di quello che avevo accantonato è ancora lì inutilizzato.
Tra l’altro occupa spazio, quello spazio che in questi ultimi anni stiamo anche pagando salato. Mio padre aveva cascine in montagna, cantine e box e stipava tutto quello che poteva, ma ora tutti quei locali vanno denunciati per il fisco, accatastati, pagati a metro quadro attraverso i tanti tributi che ci stanno soffocando.
Vale proprio la pena di entrare nell’ottica dello sgombero e quindi dello spossesso.

(Dice un saggio proverbio: “Se hai un paio di scarpe nell’armadio, oltre quelle che indossi, non sono le tue”)

Noi abbiamo venti, quaranta paia di scarpe nell’armadio, se non, come certe persone che conosco, due o trecento, una vera mania! Non è più il momento di “fare la carità”, ma è anche il momento di sentirsi leggeri, pronti a modificare il nostro stile di vita pesante.
L’arte cinese del “Feng Shui” impone una pulizia costante di ogni angolo della casa, per liberare le energie che rimangono bloccate nei punti dove non si sgombera spesso. Queste presunte energie sono legate ai soldi, alla salute, alle amicizie, alla casa stessa.
Quando mi sono resa conto che per proseguire  dovevo inesorabilmente buttare le cose, ho smesso di leggere il libro.
Oltre il possesso materiale, c’è anche un possesso emotivo del quale dovremmo imparare a liberarci appena ce ne rendiamo conto. Ci impossessiamo dei nostri figli appena nascono, mentre loro hanno bisogno di diventare autonomi. Nella nostra società i “mammoni” sono all’ordine del giorno. Ci impossessiamo della libertà dei nostri mariti e compagni; siamo convinti che, dal momento che hanno scelto di vivere con noi, diventino automaticamente di nostra proprietà. A volte ci impossessiamo anche dei nostri morti, pensando di doverli spostare qua e là per i cimiteri, credendo di fare il loro bene perché possiamo andare ad infiorare la loro tomba, e non ci accorgiamo che sono solo pensieri nostri, convinzioni, credenze, timori del giudizio degli altri.
L’arte dello spossesso andrebbe praticata durante tutta la nostra vita, in tante azioni quotidiane, per liberarci delle dipendenze, per superare il concetto dei tanti feticci che adoriamo, per alleggerire le tensioni emotive quando subentra la gelosia e mille altri motivi legati ad uno stile di vita tipicamente occidentale. Diceva un caro amico: “male che va che succede?” e dunque mi ripeto: “se butto questo oggetto appartenuto a mia mamma, o a mio padre, che succede?”
Nulla, proprio nulla, è solo una forma di pensiero che mi sono costruita da sola.
Scrivo queste righe e mi accorgo che sono quasi ad uso esclusivo della sottoscritta, per imparare a modificare il mio pensiero e riuscire finalmente ad alleggerire i miei armadi, le credenze, i solai. Con questa consapevolezza, ho anche pensato che forse, per qualcuno costantemente nel dubbio come me, la concretezza del pensiero sopito, riportata in parole, potrebbe aiutare a prendere drastiche decisioni.

Comincerò domani? Chissà, magari ci faccio un pensierino!

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